giovedì 26 marzo 2009

La forma della città

Visto che in questi giorni è tanto di attualità il "piano casa" con la ventilata proposta della possibilità dell'aumento della cubatura per ogni immobile del 20%, senza ricorso al condono, non è lontana l'ipotesi di una nuova colata di cemento su tutta l'Italia, il cui territorio, negli ultimi anni, è stato il più cementificato in Europa, subendo disastri immensi e forse non più rimediabili. Considerazioni tecniche a parte, però, la mia preoccupazione riguarda l'impatto estetico di queste speculazioni edilizie e la percezione del mondo che avremo intorno sempre più lontano dalla bellezza e dall'armonia. La forma della città non è una trovata ambientalista degli ultimi anni, ma un'idea antica quanto l'uomo il quale si è sempre cimentato nel creare il proprio ambiente quanto più armonico e sostenibile possibile. Senza andare troppo indietro agli agglomerati romani definiti dagli incroci dei cardi e dei decumani, basti pensare alle speculazioni rinascimentali per considerare come il problema della sostenibilità delle città non fosse solo si natura meramente economica, ma politica, nel senso di bene pubblico. La città ideale altro non è che il riflesso positivo nella vita collettiva dell'armonia architettonica e gli esempi sono tanti: Sforzinda progettata dal Filarete, gli schemi di Francesco di Giorgio Martini e di Giorgio Vasari, la città di Vincenzo Scamozzi o Pietro Cattaneo, fino alla città sognata da Fra Giocondo, riflesso in terra della Gerusalemme Celeste, vero prototipo della città universale. Ecco allora che parlare di estetica della città non consiste solo nel parlare del decoro urbano, ma di un problema che può portare a trasformazioni antropologiche e culturali, ad un'assuefazione al brutto e al degrado che violenterebbe le pur minime possibilità di riscatto; la percezione positiva del proprio ambiente dovrebbe infatti essere il primo tassello di riscatto sociale. E' pur vero che è cambiato il rapporto tra uomo e natura ma la cultura della città, dalla metà dell'800, registra un processo di disintegrazione che è, in primo luogo, disintegrazione dei valori; ecco così, in questo caso, ancora una volta illuminante, e anticipatore, è stato Pasolini che, partendo dalla distruzione visiva di un paesaggio, arrivava a concepire, già dagli anni '60, l'omologazione sconvolgente che avrebbe portato la civiltà dei consumi. Profetico.

cfr. B. Zevi. Controstoria dell'architettura italiana. Paesaggi e città, Roma 1995

M. Romano, La città come opera d'arte, 2008

F. Sansa, M. Preve, Il partito del cemento, 2008


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