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giovedì 17 giugno 2010

I restauratori francesi rovinano un Veronese

Gli italiani lo fanno meglio...il restauro, a volte senza soldi, sempre con la spada di Damocle della chiusura di importanti scuole (come l'icr, l'istituto che, sotto Brandi, ha insegnato al mondo le metodologie di un restauro moderno), ma di certo con professionalità ed esperienza che limitano di molto errori e incongruenze. Penso, a riguardo, a cosa è successo in questi giorni in Francia. Hanno suscitato grandi polemiche le operazioni di restauro portate a termine sulla Cena in Emmaus, uno dei capolavori del Veronese del 1660 custodito al Louvre. Gli esperti del museo parigino, dopo un lungo lavoro sull'opera, avrebbero dovuto restituire al quadro forme e colori originali. Invece qualcosa sarebbe andato storto e il volto di una delle protagoniste del capolavoro sarebbe stato stravolto. Come racconta in lungo articolo l'Observer di Londra un primo restauro avrebbe «mutilato parte del suo naso», mentre un secondo intervento avrebbe lasciato la donna «con una narice innaturalmente ampia e con le labbra gonfie». Il risultato, come si vede dall'immagine in basso, è la trasformazione delle fattezze rinascimentali della donna, tipicamente del Veronese, in un qualcosa di eccessivamente lezioso e innaturale come possono essere le fattezze delle donne di un Boucher. Errori grossolani del genere sono quanto di più distruttivo possa accadere ad un'opera d'arte in quanto alterano la sua percezione, veicolando istanze formali diverse. Immagino che Zeri, che tanto ha lottato contro questi restauri invasivi, avrebbe criticato aspramente.




continuando con l'articolo del Corriere:
CRITICI - L'accusa più grave arriva da Michel Favre-Félix, presidente dell'Aripa (Associazione per il rispetto e la salvaguardia dell'eredità artistica) che ha polemizzato sottolineando che i restauratori hanno colpevolmente modernizzato il volto della donna: «Veronese aveva immaginato una madre di nobile famiglia, che richiamava il volto della Vergine Maria. Invece la donna è stata trasformata in una caricatura di un'adolescente del ventunesimo secolo, con guance gonfie e un ridicolo broncio». Alla fine secondo il presidente dell'Aripa con quest'operazione di «modernizzazione» i restauratori hanno falsificato la fisionomia e l'intera espressione della donna e hanno commesso «errori davvero grossolani» . Il museo si è rifiutato di riconoscere che erano stati effettuati due restauri sull'opera nonostante le prove fotografiche dimostrassero chiaramente come il quadro fosse cambiato nel corso del tempo: «Si tratta di un incredibile autogol del Louvre», ha dichiarato Michael Daley, direttore di ArtWatch UK, associazione che supervisiona le arti restaurative e che dedicherà gran parte del prossimo numero della rivista ArtWatch UK Journal allo scempio portato a termine sul dipinto del Veronese. «Dopo le critiche comparse sulla stampa francese a seguito del primo restauro, il Louvre ha deciso di restaurare di nascosto e di nuovo l'opera, ma senza lasciare alcuna traccia di questa decisione».
ERRORI GROSSOLANI - Anche Daley pone l'accento sui «grossolani errori» commessi dagli esperti del Louvre. Dopo aver rivelato che questi ritocchi artistici assomigliano molto agli odierni interventi di chirurgia plastica, ha definito l’intero restauro «ingiustificato e insostenibile». Secondo il direttore di ArtWatch Uk oltre al naso che ha perso la sua fisionomia iniziale, anche le labbra sarebbero state modificate radicalmente diventando gonfie e senza forma: «Si tratta di una versione aliena del XXI secolo», taglia corto Favre-Félix. «Disonora il dipinto del Veronese». Mark Zucker, professore di storia dell'arte alla Louisiana State University e grande esperto di Rinascimento italiano è ancora più tagliente: «Il termine giusto per descrivere ciò che hanno fatto i restauratori è: scioccante».

giovedì 3 settembre 2009

Quando Manara raccontò di Veronese

Che Milo Manara sia molto influenzato dall’arte maggiore è un dato di fatto, esistono infatti molte splendide tavole ispirate a grandi capolavori (la copertina dell’ultimo cd di Lucio Dalla è ripresa chiaramente dalla “Notte stellata” di van Gogh) o molte ambientazioni che sapientemente riprendono i nostri maggiori centri storici; mi ha colpito però una sua breve storia che ha per protagonista proprio un pittore.

manara-veronese

La storia in questione si intitola “Mors tua vita mea”, è presente nel libro Storie Brevi vol. 2 e tratta di Paolo Veronese; ambientata durante i giorni del suo famosissimo processo per eresia tratta della tragica storia di una sua modella. Il fumetto, graficamente molto suggestivo, non disdegna brani ispirati a sue opere. Anche se esula dal discorso di questo blog, nello stesso libro consiglio la lungimirante storia “Reclame”, quasi visionaria nel raccontare lo sfascio culturale della televisione moderna e spietata nel descrivere come la proiezione del “Casanova” di Fellini sia continuamente interrotta da assurde e grottesche pubblicità fino a portare il veneziano alla fuga dal film.

Tornando al Veronese il fumetto di Manara è stato solo un pretesto per raccontare del suo assurdo processo legato all’enorme tela dell’Ultima Cena.

Paolo_Veronese_007

Era il 1573 e Paolo Veronese si trovava davanti al Tribunale dell'Inquisizione. Nella sua "Ultima cena", monumentale dipinto di cinque metri per tredici, commissionato dai padri domenicani del convento dei Santi Giovanni e Paolo, l'artista si era divertito nel riempire gli spazi vuoti con figure profane dalle chiare allusioni simboliche licenziose. All’accusa rivolta dai prelati al quadro di contenere immagini non presenti nel racconto evangelico, in particolare pappagalli, cani, un servo a cui "esce il sangue dal naso", "buffoni, imbriachi, Thodeschi, nani et simili scurrilità", il pittore risponde “Nui pittori si pigliamo la licentia che si pigliano i poeti et i matti” spiegando che “se nel quadro li avanza spacio, il l'adorno di figure come mi vien commesso et secondo le invenzioni”. Così, dopo la condanna del Tribunale a correggere il dipinto, Veronese non spostò di un segno la sua opera; semmai ne cambiò il titolo e il soggetto, non più sacro bensì profano, divenne il famoso "Convito in casa di Levi" che oggi si ammira alle Gallerie dell'Accademia. Non più la cena sacra dell' istituzione dell'Eucarestia ma un banchetto festoso in onore di Gesù offerto da Levi (San Matteo) che, essendo ricco, poteva avere i servi, buffoni, nani, cani e quant'altro appariva dipinto sulla tela

Colpisce della vicenda la bellissima dichiarazione di poetica del pittore e l’assurdità di una censura basata sul contenuto e non alla forma; in pieno clima controriformista nessuna fantasia poteva essere lasciata passare.

Verbale del processo contro Paolo Veronese. Sabato, 18 luglio 1573

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