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sabato 16 febbraio 2013

Milo Manara - Il pittore e la modella

Probabilmente è tra i libri più belli disegnati da Milo Manara, quello che palesa il suo amore e la grande conoscenza della storia dell'arte e ci mostra l'arte come una lunga storia segnata da quest'intimo e segreto legame tra il pittore e la sua modella. Manara ci mostra il desiderio, l'aspetto gioioso e vitale della pittura, l'impulso naturale e l'aspetto perturbante nel nudo nei sogni personali dell'artista che interpreta e segna, amando e compomettendo la propria mano nella delineazione della figura. Da Prassitele all'arte pompeiana fino ad arrivare al Novecento una lunga carrellata di volti e di forme.

Il pittore e la modella (intervista Rai di Vincenzo Mollica)
Ecco come nasce Milo Manara e, soprattutto, la sua passione. Il ricordo della sua prima modella - ai tempi del liceo artistico - e la voglia di saperne di più della personalità e delle vicende che hanno visto protagoniste le muse ispiratrici dei pittori. Guarda il video

Milo Manara. “Il pittore e la modella” è un libro che si può considerare anche una sorta di storia dell’arte dalla parte delle modelle. Cioè, per la prima volta si racconta la storia di queste ragazze che hanno ispirato tanti pittori. Le racconti scrivendo la loro storia ma anche disegnandole.

Soprattutto disegnandole, ma voglio precisare che non ho mai tentato di scimmiottare gli stili dei maestri a cui sono riferite le modelle, ho sempre cercato di mettere le mie ‘ragazzine’ dentro questi contesti sacri cercando anche una specie, non di ironia, ma di umanizzazione di queste figure enormi; mettendo delle figurine tratte dai fumetti al posto delle classiche modelle, proprio per una specie di ringraziamento e anche di attualizzazione della figura della modella, delle ragazze normali a cui noi dobbiamo moltissimo, almeno altrettanto di quanto dobbiamo ai maestri che le hanno ritratte.

Qual è la ‘scintilla’? Qual è la modella che ha fatto partire tutto?

Credo la mia modella, la modella che ho avuto al liceo artistico: una cara ragazza – magrolina – Susi si chiamava. Rossa di capelli, rossa anche nel pelo pubico: così c’era questa fiamma rossa in questa figurina rosa, sempre appiccicata ad una stufa di mattoni, quindi di colore arancione. Bisogna raffigurarsi visivamente l’immagine in questi stanzoni grandi di questi palazzi vecchi dove c’erano le aule del liceo artistico, con soffitti altissimi grigi e questa figurina in mezzo. Poi io ero l’unico maschio in una classe tutta femminile, c’erano sedici ragazze. Quindi la situazione era abbastanza divertente, curiosa: io ero l’unico ragazzo con sedici compagne e questa ragazza nuda…

Mi sa che da lì sono nati molti fumetti dopo!

Mi sa che sono nato io, proprio, con tutti i miei fumetti dietro.

La storia di Frine è sempre quella che ti piace in assoluto di più.

La storia di Frine è paradigmatica per tanti versi. Questa ragazza – la modella di Prassitele – probabilmente una delle più belle ragazze che siano mai esistite se guardiamo a chi l’ha ritratta, era stata accusata di prostituzione e quindi era stata portata davanti all’areopago, al giudizio, e rischiava una grossa condanna, addirittura la pena capitale. L’avvocato ha pensato bene, anziché di difenderla tradizionalmente con arringhe, di non pronunciare neanche una parola ma di spogliare questa ragazza al cospetto dei giudici, anche di veneranda età. I giudici l’hanno assolta ed hanno così stabilito che la bellezza è una virtù in sé in grado di bilanciare le eventuali mancanze di altre virtù: cioè una ragazza bella è come se fosse onesta, l’onestà non è superiore alla bellezza. E’ una sentenza molto importante che vale ancora adesso, specialmente alla televisione quando noi vediamo le ‘vallette’ – non si sa bene come chiamarle perché non sono cantanti, non sono presentatrici, non ballano, non giocano a scacchi – semplicemente si presentano con la loro bellezza e con questo si riafferma che la bellezza è una virtù sufficiente per farsi apprezzare, e per farsi assolvere.

E di seguito una lunga carrellata di modelle e pittori; evito di segnare da quale opere derivano per lasciare ai lettori il gusto della scoperta.













Splendide tavole che mostrano l'amore per la storia dell'arte sono anche quelle tratte da I Borgia con testi di Jodorowsky; in basso vediamo gli appartamenti dipinti dal Pinturicchio in Vaticano.


Continua invece l'alacre lavoro di Milo Manara al progetto, curato dalla Panini Comics, di una graphic novel in due volumi sulla vita di Caravaggio, al secolo Michelangelo Merisi, genio ribelle del ‘500. Il primo volume avrà come focus la vita dell'artista, trasfigurato negli sguardi delle donne della sua vita. Le tavole, di una bellezza intensamente vivida, prendono il via aRoma, quando il pittore vi giunse lasciando Milano e si conclude con la sua condanna a morte. Il secondo racconta le oscure circostanze che portarono alla sua morte. L'originale sarò in bianco e nero inizialmente, seguito dalla colorazione in digitale. Non è l'unica novità: i dialoghi verranno aggiunti in un secondo momento, curati sempre da Manara. La distribuzione in Italia è prevista per il 2013. 


Su questo link, invece, un'esauriente carrellata di dipinti che mostrano gli artisti con le loro modelle:
http://catherinelarose.blogspot.com/2012/12/artist-and-model.html 

mercoledì 8 febbraio 2012

Tim Doyle e la Springfield dei Simpson

L'artista, grafico e fumettista Tim Doyle ha aperto, fino al 23 febbraio, presso la galleria Spoke Art di San Francisco la mostra Unreal Estate. Con il suo stile calligrafico, capace di trasfigurare in chiave irreale e fumettata, ci mostra come potrebbero essere in un ipotetico ambiente urbano celebri luoghi "televisivi". "Unreal Estate è un insieme di siti che molti di noi conoscono  ma che non potremo mai realmente visitare. Questi luoghi sono nella nostra memoria, trasmessa e radicato lì attraverso un tubo a raggi catodici". A dir poco stupende le tavole che raffigurano la Springfield dei Simpson come non l'avete mai vista.










lunedì 3 ottobre 2011

L'Arte Maivista


In occasione del ritorno oggi in edicola de Il Male dopo 29 anni, giornale che cambiò la concezione della satira in Italia, vorrei parlare dell'Arte Maivista, un vero e proprio movimento artistico nato negli anni '70 con tanto di manifesti. “L’Arte Maivista”, si legge nel progetto originale, “è quell’arte imprevista, multipla, alta, bassa, media, pop e anti-pop, inventata, e pubblicata - dal 1977 in poi - dalle riviste “certificate maiviste” come Frigidaire, Cannibale, Il Male, Frìzzer (su cui apparve per la prima volta nell’85 il “Manifesto del Maivismo” di Andrea Pazienza e Vincenzo Sparagna), Vomito, Tempi Supplementari, Il Lunedì della Repubblica, il Nuovo Male, la Piccola Unità ecc. ecc.
Queste riviste, tutte al principio originali esperimenti autonomi, sono divenute poi, non solo in Italia, dei modelli di comunicazione “altra” per l’originalità dei loro autori e collaboratori (dei quali - tra l’altro - moltissimi sono oggi tradotti e amati in decine di paesi).
Il Maivismo è un’arte multiforme, con autori spesso diversissimi tra loro, ma uniti nel rifiuto - ironico e consapevole - della “storia ufficiale dell’arte”, ovvero del “pensiero unico” dell’estetica dominante, che si basa sulla distinzione sistemica tra “arte per il popolo” e “arte per le elites”.





IL MAIVISMO DI FRIGIDAIRE,
ovvero i vertici dell'arte bassa

Queste pagine sono dedicate a una forma d'arte che solo da pochi anni, grazie agli autori qui rappresentati, è divenuta visibile. Non perché le opere non ci fossero, ma perché non erano state mai viste. L'ironia del manifesto "maivista" esprimeva d'altra parte un doppio senso sociale ed estetico del concetto di visione.
L'arte maivista è sia quella che lo sbarramento del privilegio e dello spettacolo sociale ha effettivamente "nascosto", sia quella che, proiettata a gran luce sullo schermo, è divenuta così abbagliante da non permettere più la "visione".
In altri termini c'è un'arte che sta sotto gli occhi, "le opere esistono", ma che non vediamo, "non sono state mai viste". Dobbiamo dunque imparare a "vederle", nel senso di accettare la "mobilità sociale" dell'arte e l'incursione di un diverso immaginario su quello "accademico" e "prevedibile". Dobbiamo incoraggiare l'imprevisto estetico che viene dal "basso". E dobbiamo anche accettare l'imprevisto che viene dall'"altrove".
L'imprevisto che ci sembrava di conoscere già, di aver catalogato e incasellato in qualcosa.
È destino particolarissimo, e affascinante, del fumetto, questa categoria estetica della riproducibilità assoluta, che esiste solo in funzione di un trucco scenico.
Qui gli attori recitano di profilo in modo che il loro naso domini la scena. Là il muscolo del braccio è così gonfio che potrebbe esplodere. Sullo sfondo case, cortili, giardini, campagne innevate, cavalli e cammelli, navi e gomene, aerei e macchine della squisitezza, esseri che non sono, come dice Scozzari, che "macchine a molla", come me, come voi, come tutti.
Prima con Cannibale, prepotentemente fondato da Stefano Tamburini nel '77, trascinandovi dentro il meglio del nuovo fumetto mondiale (Scozzari, Pazienza, Liberatore, Mattioli); poi con Frigidaire e la sua sterminata serie di "filiazioni editoriali" (Frìzzer, Tempi Supplementari, Vomito, Il Lunedì della Repubblica) questa ricerca (che trovò un suo momento di esplosiva convergenza già su "Il Male" tra il '78 e l' '80) è andata diventando da progetto/provocazione sequenza estetica costruttiva, progetto e mutamento reale di scenari concreti.
È la scoperta che l'arte può uscire dal suo "territorio" se vuole esplorare le sue latitudini più lontane.
In questa vicenda di gruppo e d'ambiente, dominata da figure auto-affermative (come, al limite, me medesimo), dove il giudizio estetico tradizionale è respinto o sospeso, perché indifferente al contenuto individualissimo dell'approccio all'immagine, si può anche cercare l'ancoraggio all'arte "bassa" del comic d'evasione, ma è un ancoraggio difficile e forzato.
Liberatore s'innalza ben oltre il bravissimo Corben e aspira alla potenza trasgressiva di Michelangelo.
Scozzari non insegue l'espressionismo di Grosz o di Dix, poiché lo ha "digerito" ab ovo, dal profondo dei suoi influssi sull'immaginario fumettistico americano e fantascientifici.
Mattioli non è un replicante di Disney, ma una sua intelligente "creatura incarnata", un suo acutissimo "ri/creatore".
Infine Pazienza, l'indimenticabile Paz, non crea né la perfezione, né il consenso: li possiede come un al di qua della poesia, un al di qua dell'estetica, anche nei ritratti da bar, anche nelle caricature paradossali della parodia disegnativa.
E Stefano Tamburini, figura centrale e 'storicamente fondativa" di tutta questa storia "maivista", è un architetto del bricolage, un costruttivista della pagina che incasella e traduce in unico flusso linguistico la diversità del segno e del segnale "maivista".
L'arte di Frigidaire, racogliendo in questa sigla questa prima linea post 1977 e pre 2000, è stata per me il punto di raccordo della mia passione per il disegno con la mia passione per la parola.
In questo ciclo ho scoperto che eravamo tutti solissimi e insostituibili, ma anche confusi sulla scala di una sfida, sul filo di un abisso.
E in questo purgatorio paradisiaco e infernale, a mezza strada tra la vetta fredda e inutile dell'archeologia artistica e il rantolare del vento nelle umide spelonche dell'underground, abbiamo scoperto che non bastava e non basta dire che "il fumetto è arte", né bastava "alludere" all'accademia per rendere "artistico" un fumettino volgarino volgarino (destino crudelmente poco "carino" di tanti valvolini tardofuturisti, tantofiloturisti). No. L'invenzione è una traccia dolorosa che s'incide dolcemente nelle coscienze e ritorna, senza più né padre, né madre, né etichette, nell'universo misterioso e buio, ma non cieco, dei sogni di tutti i nostri simili, dall'Ovest all'Est, dal Nord al Sud del pianeta Terra.


Vincenzo Sparagna
Snork - Supplemento autonomo de "Il Lunedì della Repubblica" n.22
24 giugno/7 luglio 1991



MANIFESTO DELLA PITTURA MAIVISTA

Noi Certificati Artisti Maivisti sopportiamo che:
Tutta l'arte rifà il verso a se stessa.
L'Arte vera è quella Maivista.
"(...) Il Maivismo è tensione verso il fugace, labile apparizione onirica, come gli affreschi romani scoperti durante gli scavi della metropolitana, e che al primo contatto con l'aria si sono Dissolti" (Nardella).
Avevate mai visto le pitture del maestro Vincenzo Sparagna?
Sicuramente no. E non certo per l'esiguità della produzione,
che è vastissima. Ma perché le opere non venivano viste!
"(...) Maivismo è l'underground che si cela alla vista, il promuoversi
per poi negarsi, tanto più che, oltreché promuoversi, non si è fatto
quasi niente" (Nardella).
L'Arte Maivista è tutta l'arte che non avete visto mai e che potete invece da oggi vedere sulle riviste qualificate Maiviste che per le loro (le riviste maiviste) caratteristiche peculiari resistono pochissimo all'occhio di chi le sfoglia, e che per raggiungere questo obiettivo si sacrificano di essere bruttissime.
Un'opera, non appena vista, diventa Giavista* - Perché resti almeno Pokovista** è fondamentale che:
Non tiri l'occhio - Non attragga e non repella - Non suggestioni,
evochi, scateni i ricordi - Non si capisca - Non denunci, provochi,
ammetta - Non abbia tempo né età - Non abbia un fine - Non abbia
una fine - Non! Non! Non!
Sia del maestro Vincenzo Sparagna***
Venga recensita da Andrea Pazienza****
Somigli a questo manifesto.

Roma aprile 85 - Noi Certificati Artisti Maivisti
Vincenzo Sparagna e Andrea Pazienza

Note al Manifesto della Pittura Maivista.

* Gustav Giavosky (1903-1990) Fondatore della Pittura Giavista.
** Jack Francisco Pokovski (1961-1968) Iniziatore della pittura Pokovista.
*** Vincenzo Sparagna (1951-...) il massimo del Maivismo.
**** PAZ (....). l'imprinter del Maivismo.


Snork - Supplemento autonomo de "Il Lunedì della Repubblica" n.22
24 giugno/7 luglio 1991

venerdì 5 novembre 2010

Moebius a Parigi

Dal 12 ottobre 2010 al 13 Marzo 2011 la FondazioneCartier per l'arte contemporanea a Parigi ospita la mostra MOEBIUS-TRANSE-FORME, la più significativa esposizione organizzata in Francia dedicata ai lavori di Jean Giraud, tra i più grandi fumettisti di tutti i tempi. La qualità della mostra si può intuire già "navigando" e interagendo con un inedito disegno su questo link: http://fondation.cartier.com/


E' per me l'occasione per segnalare di nuovo quest'artista (evidenziato già per l'incredibile visione di una Venezia Celeste), che considero tra i più grandi nel mondo dei fumetti, il cui stile surreale e onirico mi ha sempre colpito. Significativa la sua collaborazione con Alejandro Jodorowsky, sceneggiatore per diverse storie. Di seguito alcune immagini che volevo postare da tempo a testimonianza delle sue indubbie qualità e, in fondo, il primo episodio di Arzak Rhapsody, serie scritta, realizzata e animata da Moebius.



La serie dedicata a Jimi Hendrix










lunedì 22 marzo 2010

L'ultimo sogno di Paz




Pubblicato da Fanzago Edizione esce Storia di Astarte, una storia breve (purtroppo incompiuta) realizzata da Andrea Pazienza per la rivista Comic Art, che narra le gesta di un gigantesco cane corso; non un cane qualunqe bensì il capo dei cani da guerra di Annibale, Astarte. Di seguito la bellissima prefazione di Roberto Saviano:

Storia di Astarte è un sogno bellissimo, l'ultimo di Andrea Pazienza. Un'opera incompiuta. È un sogno classico, di quelli che quando ti svegli ti senti al centro dell'universo, come se avessi fatto parte della storia e il tuo fosse stato un ruolo attivo. Quando mi sono arrivate le tavole, quando per la prima volta le ho avute tra le mani, confesso di esserne rimasto folgorato. I disegni sono meravigliosi, precisi anche quando appena tratteggiati. E il testo è epica. Andrea Pazienza riesce, attraverso un cane, a costruire una atmosfera di combattimento e scontro, dove ogni parte del conflitto diviene chiaramente una scelta tra bene e male. Tutto attraverso un cane. Le sperimentazioni che aveva fatto negli anni precedenti, spingendosi da un estremo all'altro delle possibilità espressive del linguaggio a fumetti, hanno trovato in Storia di Astarteuna ricomposizione naturale e perfetta. Non ci sono sbavature, non c'è nulla di manieristico, non c'è l'errore in cui cadrà chi dopo di lui si cimenterà nel racconto classico, ossia la retorica da centurione che tutto deve dire con flemma e ieraticità. No, le sue tavole sono naturali, anche quando sono grumi d'inchiostro soltanto. E muscoli da cane combattente.

Io vengo dalla terra che pregiudicò ad Annibale la vittoria su Roma. Vengo dalla terra dove si fermò per i suoi dannati ozi. Dove, prima di intraprendere l'ultima fatale fatica, decise di riposarsi e far riposare il suo esercito. Annibale trascorse l'inverno a Capua e i suoi uomini, abituati alla fame da manipolo e alle condizioni più difficili, furono facile preda del torpore della Campania felix. Vino, libagioni, bagordi, donne e bagni termali li fiaccarono nell'anima e nei corpi. Peccato davvero non aver potuto vedere come Pazienza avrebbe descritto la mia terra, come ne avrebbe disegnate le bellezze. Avrei voluto "sognarlo" quell'angolo di paradiso perduto, nell'inchiostro di Paz.

Storia di Astarte è un sogno dal quale ti svegli di soprassalto. Un sogno solenne dal risveglio brusco. Eppure, prima che l'eroina gli fermasse il cuore, Pazienza ha saputo darci un'opera avvincente e colma dell'epica propria delle storie che sembrano secondarie ma che la letteratura riesce a rendere fondamentali. Si percepisce quasi, in Paz, il piacere di lasciarsi andare a un finale diverso, di pensare a come sarebbe andata la storia se il generale nero Annibale avesse vinto. L'Africa era stata a un passo dallo schiacciare per sempre Roma e in Astarte, forse proprio nella sua incompiutezza, c'è la possibilità di una storia non realizzata. Il fumetto viene come cantato a Pazienza dal cane di Annibale, che gli appare in sogno: "Li senti i campanelli, le risate, le urla, il bramito dei cammelli?", dice Astarte a Pazienza, "Spalanca gli occhi adesso, apri le nari... è Cartagine" e inizia a raccontargli le sue gesta. I primi anni di vita da cucciolo, l'addestramento alla guerra, poi gli scontri in battaglia e il legame unico e umanissimo tra lui e Annibale. Astarte è lì, al seguito dell'esercito cartaginese, dalla nascita in Spagna fino alla marcia in Italia, attraverso i Pirenei e sul Rodano. Ai piedi delle Alpi ci sarà il primo scontro coi Romani, e qui la storia si interrompe, perché a interrompersi è la vita di Pazienza.

Storia di Astarte ha come sfondo, dunque, la Seconda guerra punica, ma si apre con una citazione da Pascoli, "La grande proletaria si è mossa verso la quarta sponda", che celebra l'invasione italiana della Libia: "La grande proletaria ha trovato luogo per loro. [...] Là i lavoratori non saranno rifiutati, come merce avariata, al primo approdo; e non saranno espulsi, come masnadieri, alla prima loro protesta; e non saranno, al primo fallo d'un di loro, braccheggiati inseguiti accoppati tutti, come bestie feroci. [...] Vivranno liberi e sereni su quella terra che sarà una continuazione della terra nativa. Anche là è Roma".

Storia di Astarte, insieme a tutto il resto, sarà forse anche una critica appena accennata alla perenne ricerca di una "quarta sponda", che dalle guerre puniche attraverso la campagna di Libia, arriva a quella che ci è più familiare, che dà manodopera a basso costo, lager in cui stipare chi tenta di costruirsi una vita in Italia, discariche improvvisate in cui smaltire i rifiuti tossici di cui il Sud è ormai stracolmo. Ma nonostante il tentativo di voler attribuire uno "scopo" al lavoro di Pazienza, Storia di Astarte rimane un'opera d'arte. Un connubio perfetto ed equilibrato tra parole e immagini a sancire la grandezza di un intellettuale del nostro tempo. E vale la pena ricordare quello che lui stesso ci ha confidato sul suo lavoro, con una frase densa di significati: "Il fumetto è evasione, è sempre evasione, deve essere evasione, del resto la parola evasione è una bellissima parola, evadere è sempre bello, la cosa più saggia da fare... Poi se c'è qualcos'altro ben venga".
© 2010 by Roberto Saviano / Agenzia Santachiara. (Fonte Repubblica)

martedì 9 marzo 2010

Se i Simpson e i Griffin fossero umani?

Ecco delle riuscitissime riproposizioni della famiglia più famosa d’America; i personaggi vengono ridisegnati come delle persone comuni con uno stile incisivo a metà tra il grottesco e il realistico. L’artista si chiama KDLIG e sul suo sito potete trovare altre riuscitissime tavole, illustrazioni, disegni, foto e schizzi.

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yay!

mercoledì 20 gennaio 2010

Yuko Shimizu

L’arte di Yuko Shimizu in una bellissima selezione di tavole che mostrano, in progressione, l’evoluzione dei disegni del maestro giapponese.

http://bibliodyssey.blogspot.com/2010/01/yukos-progression.html

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venerdì 4 settembre 2009

Le “Carceri” rivisitate

La serie delle “Carceri” di Piranesi probabilmente è tra le opere più visionarie mai realizzate da uno spirito artistico, faro per i sogni romantici e decadenti di tutta la generazione ottocentesca e così suggestiva da essere ancora oggi attualissima; vetta dell’architettura utopica ma anche frutto di un’immaginazione senza limiti non ha mai cessato di ispirare gli artisti. I casi sono molti e spaziano su ogni campo; per citare i casi più vicini a noi si va dal software di costruzione Piranesi ad ambientazioni di svariati giochi, dai fumetti (il caso di Manara con “Fuga da Piranesi”) all’arte più tradizionale. In questo post volevo segnalare due esempi che ritengo per niente banali.

Il primo caso riguarda i lavori grafici di Francois Schuiten, disegnatore, scenografo e fumettista olandese, capace di ambientare le proprie storie in ambienti giganteschi ed irreali, ma tutti caratterizzati da un forte ricorso ai moduli architettonici tradizionali osservati da punti di vista capaci di trasfigurare gli spazi e le proporzioni.

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In particolare l’ambientazione del suo album “La torre” del 1987 è chiaramente ispirata alla serie del nostro incisore. Racconta "la vera storia di un uomo che fatto il giro della Torre", un uomo di nome Giovanni Battista (evidente omaggio a Piranesi) nel suo viaggio alla ricerca di senso, fumetto che meriterà un post a parte.

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Il secondo esempio riguarda l’opera dell’artista Emily Allchurch la cui serie “Urban chiaroscuro” riprende in maniera impeccabile le “Carceri” del Piranesi ma attraverso un riuscito processo di attualizzazione che trasporta le architetture utopiche nel nostro tempo, preda della degradazione urbana.

Gli scenari, claustrofobici ma allo stesso tempo illimitati, si offrono allo spettatore con tutti i loro dettagli come una meditazione visuale sulla vita nelle metropoli contemporanee. Ne nasce anche una inevitabile riflessione sul clima di angoscia e paura che si respira nelle città e sulla conseguente presenza prevaricante della tecnologia di sorveglianza. L’atmosfera è resa ancor più minacciosa dall’utilizzo drammatico, quasi teatrale del chiaroscuro. anche se non sono un capolavoro, come non lo sono mai le opere che riprendono dal passato, si caratterizzano per l’originalità dell’approccio.

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Urban Chiaroscuro 6 Paris

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p.s.

Questo blog ha raggiunto oggi le 10.000 pagine visitate, un traguardo mai immaginato all’inizio. Un sentito ringraziamento a tutti i lettori.

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