mercoledì 19 febbraio 2014

Le mitiche gallerie romane d'arte contemporanea dal 70 al 90


Molto spesso capita (a me compreso) di guardare più attentamente le realtà lontane rispetto a quelle che ci circondano. Anche per questo motivo ho deciso di scrivere un articolo focalizzato sulla storia della città nella quale sono nato ed attualmente vivo: Roma. In particolare, ho deciso di ripercorrere in breve la storia di quei luoghi che hanno fatto la "storia dell'arte contemporanea" nella città negli anni '60 - '70 –'80 – '90. Ma l'idea era di non scrivere qualcosa di didascalico. Perciò ho optato per una scelta particolare. E' da tempo che ho il desiderio di scoprire cosa è rimasto di quelle gallerie e di quegli spazi che ho sempre sentito nominare nei libri e nei racconti di tante persone. Così sono andato direttamente a fotografare le loro identità attuali, affiancando alle immagini brevi testi esplicativi sulle singole attività. 
Spero che questo articolo possa servire a suscitare l'interesse e la curiosità di riscoprire un passato totalmente oscuro, ma di grande prestigio che necessita di essere valorizzato e storicizzato. 
Per problemi di spazio ho dovuto (purtoppo) tralasciare alcuni posti che ritengo ugualmente importanti quali la galleria GAS, Mario Diacono, Cannaviello Studio d'Arte, Incontri Internazionali d'Arte, D'Alessandro-Ferranti, Autorimessa.

LA TARTARUGA (1954-anni '90): 
via del Babuino > piazza del popolo 3 > via principessa clotilde 1-a 

Plinio de Martiis, recentemente scomparso, fu uno dei promotori dello sviluppo e della promozione dell'arte contemporanea a Roma soprattutto nel corso degli anni '50 e '60 (la galleria è rimasta aperta fino agli anni '90). Ebbe il grande merito (grazie anche all'aiuto di Leo Castelli) di mettere in contatto artisti internazionali come Rauschenberg, Twombly, De Kooning con i vari Festa, Schifano, Burri. La Tartaruga ha esposto tre o quattro generazioni di artisti, dalla Accardi a Fioroni, da Mauri e Kounellis a Notargiacomo e Ceroli fino ad Agnetti e Parmiggiani. Indimenticabile è il progetto "Teatro delle mostre", in cui Plinio propose di allestire una mostra al giorno per ogni artista - tra gli altri Ettore Innocente, Castellani, Tacchi, Paolini, Prini, Fioroni, Calzolari, Boetti. In occasione delle singole esposizioni, i diversi artisti dovevano creare una sorta di cartello segnaletico, da porre all'ingresso del portone, per pubblicizzare la mostra.

L'ATTICO (1966):
piazza di spagna 20 > via cesare beccaria 22 (ora discoteca 'Vamp') > via del paradiso 41 

Diretta da Fabio Sargentini, l'Attico è forse la galleria che, negli anni '70, ha promosso le mostre "più sperimentali", grazie all'enorme vis creativa del suo fondatore. Oltre alle personali ormai celebri, come quella di Kounellis che presentò dodici cavalli vivi all'interno della galleria, L'Attico propose festival di danza e musica con Terry Riley, La Monte Young, Trisha Brown; concerti di Steve Reich, Philip Glass insieme a Joan Jonas; proiezione dei video di Gerry Schum. Marisa Merz, nel 1970, decollò su un aereo, in contatto radio con la galleria: l'artista trasmetteva i dati tecnici del volo che venivano trascritti direttamente da Sargentini su un grafico. Durante la mostra "Lavori in corso" il pubblico era invitato a visitare la galleria durante i lavori di ristrutturazione. Nel 1972, nella sede di via del Paradiso, Gilbert & George si esibirono per sei giorni consecutivi in "The Singing Sculpture". 
Beuys, Ontani, De Dominicis, Duchamp, Prini, Le Witt, Acconci sono solo alcuni degli artisti esposti in questi anni. Nel 1975 in "24 ore su 24", diversi artisti (tra cui Boetti, Chia, Mattiacci e Prini) furono invitati a esporre per sei giorni consecutivi. Un anno dopo Sargentini decise di abbandonare la galleria a via Cesare Beccaria allagando lo spazio. Dall'inizio degli anni '80 la galleria perde la sua vena sperimentale, esponendo esclusivamente la nuova pittura commerciale, senza ricercare e supportare i lavori di artisti "di ricerca", che verranno alla ribalta negli anni '90. 

LA SALITA (1957-1986): 
salita san sebastianello 16/a (ora agenzia immobiliare) > via gregoriana 5 > via garibaldi 86 


Fondata da Gian Tomaso Liverani nel 1957, inizialmente la galleria si affidò alle cure di critici quali Crispolti, Restany, Lionello Venturi. Questi organizzarono collettive con artisti come Novelli, Vedova, Burri, Schifano, Festa, Angeli. Il 1961 è un anno importante per la galleria: i lavori del Gruppo Zero sono esposti insieme a Yves Klein e Francesco Lo Savio; seguono le personali di Fabio Mauri, Giulio Paolini, Christo (al suo debutto in Italia). Tre anni dopo Liverani, influenzato dal clima Pop, decide di prelevare dalla Standa banchi espositivi, su cui espone opere d'arte in serie, in vendita ai prezzi del grande magazzino. Ma è "Animal Habitats, Live and Stuffed", la personale di Richard Serra, a segnare la storia del La Salita. Animali vivi e impagliati sono in mostra nei locali della galleria: Liverani finisce in tribunale, ma viene assolto grazie alle testimonianze di G.C. Argan e di Palma Bucarelli. In seguito, dopo le personali di Lombardo, Mochetti, Innocente, Fabro e Notargiacomo, l'attività dello spazio va sempre più perdendo la sua forza; la galleria chiude nel 1986, dopo il trasferimento in Via Garibaldi 86.

PRIMO PIANO (1972-2003): 
via vittoria 34 > via panisperna 203 (ora appartamento privato) 

Maria Colao, anche lei purtroppo scomparsa, aprì lo spazio inizialmente in via Vittoria esponendo gli artisti italiani della sua generazione -come Lorenzetti, Gastini, Carrino, Masi con qualche personale di stranieri importanti come Fred Sandback, Mel Bochner. Fin dalla nascita, la galleria, oltre che spazio espositivo, è uno spazio di documentazione dove leggere e comprare libri e cataloghi. Ma è negli anni '80 che la funzione di Primo Piano diventa importante: è l'unica galleria romana che, durante gli anni della transavanguardia e nuova pittura, promuove artisti di ricerca come Ana Mendieta, Roman Opalka, Carl Andre, Robert Barry, Bernar Venet, Jean-Luc Vilmouth, Bernd & Illa Becher. Fuori dalle logiche del mercato dell'arte, Maria Colao ebbe il merito di seguire giovani artisti, all'epoca non ancora affermati, come Cesare Pietroiusti, Graham Gussin, Julian Opie, Luca Vitone, Olaf Nicolai. E' l'unica galleria che è riuscita a sostenere l'arte "d'avanguardia" di diverse generazioni. L'ultima mostra vede la partecipazione dell'allora quasi sconosciuta Katharina Grosse, protagonista, recentemente, di una personale al Palais de Tokyo -e della copertina di Parkett!

GIAN ENZO SPERONE (1972-2004):
piazza santi apostoli 49 > via quattro fontane 20 (ora istituto straniero) > via della pallacorda 15 (ora antiquario)

Galleria storica, aperta nel 1972, a Piazza Santi Apostoli 429, da Gian Enzo Sperone con Konrad Fisher (in società fino al 1974); questo spazio, più di ogni altro, durante gli anni '70, seguì gli artisti concettuali europei ed americani. Dopo aver inaugurato con una personale di Gilbert & George, presentò, infatti, il lavoro di Robert Barry, Giulio Paolini, Douglas Huebler, Donald Judd, Jan Dibbets, Alighiero Boetti, Lawrence Weiner, Joseph Kosuth, Daniel Buren insieme ai protagonisti dell'arte povera come Zorio e Fabro. Col passare del tempo, la galleria perse la sua identità, cominciando a esporre la pittura simbolo degli anni Ottanta, con mostre di Clemente, Chia e altri. La galleria, situata per dieci a Palazzo del Drago, nel 1984 si trasferì in via della Pallacorda dove è rimasta fino alla chiusura avvenuta nel 2004.

CENTRO JARTRAKOR (1977-1995): 
via dei pianellari 20 (ora studio privato) 

Fondato dall'artista Sergio Lombardo nel 1977, è uno dei primi spazi no-profit di Roma dediti alla ricerca e alla promozione dell'arte contemporanea e sede della "Rivista di Psicologia dell'arte". Lo spazio, oltre che da Lombardo, era gestito da Cesare Pietroiusti che proprio qui espose i suoi primi lavori. A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, alle mostre di Pietroiusti e dello stesso Lombardo, si affiancarono quelle di Anna Homberg e Domenico Nardone. 
Lo spazio promuoveva incontri sperimentali, legati alla psicologia ed ai suoi possibili usi in campo artistico, performative writings, mostre di artisti storici -come Piero Manzoni, Ettore Colla, Salvatore Meo- o giovani come Mottola, Capaccio, Asdrubali, Rossano. Rispetto allo sperimentalismo degli inizi, lo spazio col passare del tempo perse la sua peculiarità. Terminò la sua attività nel 1995.


GALLERIA PIERONI (1979-1993) 
via panisperna 203 

Trasferitasi da Bagno Borbonico (Pescara), la galleria di Mario Pieroni (fondatore dell'associazione Zerynthia) apre, nel 1979, con una collettiva di De Dominicis, Kounellis e Spalletti. Lo spazio espone artisti già affermati come Luciano Fabro, Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, Sol Le Witt, Giulio Paolini, Alighiero Boetti insieme ai più "giovani" Franz West, Gunther Forg, Bertand Lavier e Jan Vercruysse. 
Era situata nello stesso edificio di Primo Piano.

LA SCALA (1983-1985)
piazza san giovanni 10 (ora negozio)

Galleria gestita da Domenico Nardone (dopo l'esperienza come artista presso Centro Jartrakor), insieme a Daniela De Dominicis e Antonio Lombardi, situata negli spazi sconsacrati della chiesa del complesso della Scala Santa. L'attività dello spazio è legata soprattutto alla promozione, da parte del gruppo, di artisti denominati "Piombinesi" (Salvatore Falci, Stefano Fontana e Pino Modica, ai quali nel 1987 si aggiunse Cesare Pietroiusti), che passeranno, traghettati dallo stesso Nardone, nelle mani dello Studio Casoli a Milano. Tra le mostre della galleria ne ricordiamo una sulla poesia visiva (Miccini, Sarenco) e una personale di Ettore Innocente.

LA SCALA C/O IL DESIDERIO PRESO PER LA CODA (1985-1986)
vicolo della palomba 23 (ora ristorante 'Il desiderio preso per la coda')

Lascala c/o il desiderio preso per la coda nasce dalla volontà di Domenico Nardone di creare una galleria itinerante, senza una sede fissa, in grado di trasformare, di volta in volta, un luogo diverso in spazio espositivo. Cominciò (e si concluse, purtoppo) organizzando una serie di mostre e performances all'interno del ristorante "Il desiderio preso per la coda" (in grande anticipo sui tempi). Da segnalare la performance "Opening oysters" di Terry Fox e Mariano Vismara, in cui i due artisti passarono una serata ad aprire 25 kg di cozze! Tra gli artisti coinvolti nel progetto: il gruppo dei Piombinesi, Ettore Innocente, Renato Mambor e Cesare Pietroiusti.

GALLERIA ALICE (1988-1992)
via monserrato 34

Dopo le esperienze di Lascala e Lascala c/o, un altro spazio diretto da Domenico Nardone (sicuramente uno dei curatori-critici-galleristi più attivi di quegli anni). La galleria promosse gli artisti con cui Nardone aveva precedentemente lavorato come i Piombinesi, Stefano Arienti, Premiata Ditta, Alfredo Pirri. Da ricordare la collettiva "Storie", curata da Carolyn Christov-Bakargiev, la quale tentò di mettere a confonto artisti italiani ed internazionali con interessi comuni. Alla mostra parteciparono il gruppo dei Piombinesi insieme a Henry Bond, Sophie Calle, Willie Doerthy, Christian Marclay, Sam Samore (niente male per una piccola galleria romana, no?).

GALLERIA PAOLO VITOLO (1990-1992)
via gregoriana 4 (ora parrucchiere)

Insieme ad Alice, una delle poche gallerie "di ricerca" a Roma; forse questo spiega la leggera, ma evidente, contrapposizione tra i due spazi creatasi all'epoca.
Paolo Vitolo (ora gestisce una libreria d'antiquariato in via Tadino a Milano), personalità di grande intelligenza e capacità (pensate che, nella sua galleria di Milano, organizzò la personale di un giovanissimo Martin Creed!) decise di portare avanti una precisa linea di ricerca, accompagnandosi spesso anche a critici come Gabriele Perretta.
Tra le personali: Formento e Sossella (da riscoprire in particolare per la loro attività all'interno di Blob), Alberto Zanazzo, Luca Vitone, Cesare Viel. Da segnalare, nel 1991, la presenza di Maurizio Cattelan nella collettiva "Medialismo" (sfortunato tentativo di creare una nuova corrente artistica).

STUDIO CASOLI (1995-2001)
via della vetrina 21 (ora galleria VM21)
Galleria inizialmente milanese, nel 1995, decide di aprire uno spazio a Roma, esponendo artisti italiani ed internazionali. Tra gli artisti presentati Nan Goldin, Gino De Dominicis, Gordon Matta Clark (personale a cura di Adachiara Zevi), Pino Pascali, Lucio Fontana fino alle nuove generazioni come Nan Goldin e Letizia Cariello.

domenica 16 febbraio 2014

Arte e Scienza: il tallone d'Achille Bonito Oliva



Parte domenica Fuori Quadro, la trasmissione che prenderà il posto di Passepartout su Rai 3. Ma il cambio di guardia è più una successione, poiché Philippe Daverio e Achille Bonito Oliva collaborano insieme nella rivista Art e dossier.

Achille Bonito Oliva (aka ABO), diventato il critico più importante in Italia, è di fatto nella posizione di rappresentare l’arte contemporanea italiana.

In passato, negli anni '70, cavalcando il post-moderno ABO ha lanciato la Transavanguardia, un movimento cioè che si ritiene libero di attraversare e riproporre gli stili senza l’obbligo d’innovare.

Oggi con la sua trasmissione, ABO si propone di ripercorrere la storia dell’arte contemporanea attraverso le sue tematiche principali e i suoi protagonisti.

Presentando la sua trasmissione ad Artribune, ABO promette di “dimostrare che gli artisti sono soggetti parlanti e pensanti che non lavorano solo con l’istinto e la gestualità, ma con la disciplina e un progetto.”

Questa affermazione sembra stabilire che l’arte possa andare in due direzioni diverse.

Abbiamo interrogato un artista romano, Sergio Lombardo che si definisce avanguardista nei principi nonostante l’avanguardia venga considerata dalle istituzioni come una pagina storica conclusa.

Lombardo fa parte degli artisti storici attualmente in mostra al Palazzo delle Esposizioni dove rimette in scena una performance degli anni '70, parte dei suoi Concerti Aleatori in cui l’estetica dipende da un calcolo informatico.

Per Lombardo infatti il caso e la spontaneità - come qualsiasi altro valore - vanno misurati con consapevolezza dagli artisti. Un approccio opposto all’eclettismo teorizzato da ABO che, secondo Lombardo, pone erroneamente l’arte come arbitraria.

Gli abbiamo perciò chiesto se l’arte, secondo lui, può essere sia istintiva che scientifica ed ecco la sua risposta:

" L'uomo è sia istintivo che razionale, ovviamente. Ma mentre l'artista-scienziato dispone anche dell'istinto, l'artista-stregone non dispone del metodo sperimentale. Insomma l'ingegnere è anche istintivo, ma l'istintivo non è per forza ingegnere.

Nell'arte contemporanea i due metodi (scientifico e istintivo) rappresentano teorie opposte, per cui una dovrebbe escludere l’altra. L'artista-stregone è creazionista-primitivista, l'artista-scienziato è evoluzionista-futurista. 

A partire dal Surrealismo fino agli Anni '50 del secolo scorso, l'artista ha idealizzato e cercato di imitare l'istinto animalesco ritenendolo più "creativo", più "spontaneo" e sopratutto più "bello" del ragionamento scientifico. Questa teoria sta alla base dell'evoluzione stilistica di Jackson Pollock e di altri importanti artisti di derivazione surrealista e dadaista, che negli Anni '50 giunsero all'Informale. 

L'avanguardia degli Anni '60, di cui sono stato un esponente, capì che quell'idea estetica conduceva alla regressione biologica dell'uomo fino al punto di idealizzare, come più creativo, più spontaneo e più bello, il comportamento della scimmia rispetto a quello dell'uomo.

Pertanto, le teorie dell'avanguardia degli Anni '60, che dalla Pop Art, attraverso il Minimalismo, arrivano al Concettualismo, abbracciavano il metodo scientifico perché lo ritenevano un'evoluzione rispetto all'istinto animale: per noi, chi scimmiottava la scimmia stava semplicemente fingendo di essere ciò che non era, mentre lo scienziato non finge di essere qualcos'altro. Ecco perché decidemmo di ripartire non più dal Surrealismo o dal Dadaismo, bensì dal Futurismo che idealizzò la macchina, l'aereo, e cioè la tecnologia, riconoscendo nell'Ingegnere futurista l'ideale creativo dell'uomo.

Negli Anni '70 purtroppo vi fu di nuovo un cambio di paradigma ed un ritorno al semplicismo, all'ignoranza, all'arbitrio sciamanistico, all'anacronismo, al passatismo e infine all'oscurantismo. L'arbitrio fu dunque considerato più "libero" del ragionamento scientifico.

La Transavanguardia di Achille Bonito Oliva ha per di più teorizzato l'arbitrario scimmiottamento dell'avanguardia storica, spacciandolo per libertà creativa.

Non vedo perciò come, da questa teoria, ci si possa estendere fino ad inglobare anche la scienza."

Vediamo, magari se- nel corso delle puntate di Fuori Quadro - ABO, con le sue immancabili intuizioni, risolverà il problema.

Raja Elfani su Linkiesta

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