Miniatura Indiana Jones |
mercoledì 12 settembre 2018
venerdì 27 gennaio 2017
domenica 2 marzo 2014
La Grande Bellezza di Sorrentino e l'arte
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Rembrandt, attribuito, Testa di Cristo, XVII sec. Filadelfia, Philadelphia Museum |
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Georges Seurat, Studio per Une dimanche après midi à l’Île de la Grande Jatte, 1884-1885. New York, Metropolitan Museum of Art |
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Umberto Boccioni, La risata, 1911 New York, Museum of Modern Art (MoMA) |
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Amedeo Modigliani, Nudo disteso, 1917 New York, Metropolitan Museum of Art |
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Luis Tristán de Escamilla, Santa Monica, 1616. Madrid, Prado |
lunedì 18 febbraio 2013
Lo sguardo di Michelangelo
lunedì 10 dicembre 2012
Il film sull'arte e altri ebook
Mentre metto in evidenza questo
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Immagini dal film Dreams that Money can Buy di Hans Richter, 1947. |
giovedì 29 novembre 2012
Il nudo più bello della storia del cinema
(1923, b/n, muto, 4’)
interpreti: Alice Kiki Prime (Kiki de Montparnasse)
mercoledì 1 agosto 2012
Distruggiamo Venezia
L'8 luglio 1910, 800.000 foglietti contenenti questo manifesto furono lanciati dai poeti e dai pittori futuristi della Torre dell'Orologio sulla folla che tornava dal Lido.
Noi ripudiamo l'antica Venezia estenuata e sfatta da voluttà secolari, che noi pure amammo e possedemmo in un gran sogno nostalgico.
Ripudiamo la Venezia dei forestieri, mercato di antiquari falsificatori, calamita dello snobismo e dell'imbecillità universali, letto sfondato da carovane di amanti, semicupio ingemmato per cortigiane cosmopolite, cloaca massima del passatismo.
Noi vogliamo guarire e cicatrizzare questa città putrescente, piaga magnifica di passato. Noi vogliamo rianimare e nobilitare il popolo veneziano, decaduto dalla sua antica grandezza, morfinizzato da una vigliaccheria stomachevole ed avvilita dall'abitudine dei suoi piccoli commerci loschi.
Noi vogliamo preparare la nascita di una Venezia industriale e militare che possa rovinare il mare Adriatico, gran lago Italiano.
Affrettiamoci a colmare i piccoli canali puzzolenti con le macerie dei vecchi palazzi crollanti e lebbrosi.
Bruciamo le gondole, poltrone a dondolo per cretini, e innalziamo fino al cielo l'imponente geometria dei ponti metallici e degli opifici chiomati di fumo, per abolire le curve cascanti delle vecchie architetture.
Venga finalmente il regno della divina Luce Elettrica, a liberare Venezia dal suo venale chiaro di luna da camera ammobiliata.
Marinetti, Boccioni, Carrà, Russolo
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Gerardo Dottori, Venezia, 1932 |
mercoledì 4 luglio 2012
Mimmo Rotella...un americano a Roma
DUCHAMP… M’HAI PROVOCATO… E IO ME TE MAGNO!
di Andrea Bruni su Satisfiction
venerdì 6 aprile 2012
I colori della Passione (The Mill and Cross) - Un film su Pieter Bruegel
martedì 13 settembre 2011
Giovan Battista Villari detto Il Caparra
venerdì 26 agosto 2011
Entr'acte, un film dadaista
giovedì 1 aprile 2010
Boogie Woogie - La Londra di Hirst in un film
Boogie Woogie è un film di Duncan Ward del 2010 su soggetto di Danny Moynihan, con Amanda Seyfried, Gillian Anderson, Stellan Skarsgård, Heather Graham, Christopher Lee, Joanna Lumley, Alan Cumming, Danny Huston, Charlotte Rampling, Gemma Atkinson. Prodotto in Gran Bretagna. Nella Londra contemporanea (quella di Hirst e del gruppo YBAs) si intrecciano le storie di collezionisti, artisti, imprenditori e commercianti tutti con un unico scopo nella vita: ottenere fama, sesso, denaro e salire rapidamente la scala sociale. La storia è incentrata intorno all'acquisto di un'opera di Mondrians dal titolo Broadway Boogie Woogie. Il film narra le vicende dei mercanti d'arte, collezionisti, artisti e wannabees tutti disposti a usare ogni mezzo necessario per realizzare le loro ambizioni personali. Ogni storia parallela precipita verso la sua conclusione depravata ed egoista; un finale tragico riorganizzerà tutte le storie. Damien Hirst ha agito come consulente artistico del film, che include alcune delle sue opere, tra cui il dipinto Spin. Uscirà nelle sale il 16 aprile e speriamo di vederlo presto in Italia.
giovedì 26 novembre 2009
Gli americani e la “Sindrome del David”
In alcuni casi ciò che è troppo bello scatena sentimenti ambivalenti.
Nel 1991 Pietro Cannata, un individuo affetto da problemi psichici, prende a martellare il David di Michelangelo danneggiando un dito del piede sinistro; Dopo quell’episodio Cannata nel 1993 in due diversi momenti sfregia Le esequie di Santo Stefano di Filippo Lippi e L’adorazione dei pastori di Michele di Raffaello delle Colombe. Nel 1999 colpisce con un pennarello Sentieri ondulati di Pollock; Luther Blissett, con una lettera provocatoria a Repubblica, in solidarietà di Pietro affermò “L'intervento di Cannata è il migliore tributo che persona potesse fare ad un artista quale era Pollock. L'unica differenza che corre tra l'espressionista astratto americano e il performer italiano è che il primo consumava le sue follie in un "contesto artistico" e ricercava, trovandolo, il supporto teorico ed economico di critici e galleristi, senza il quale anche Pollock sarebbe stato probabilmente rinchiuso in un manicomio”. In seguito si accanirà su due opere di Fontana e Burri alla Gnam.
Il record degli attentati spetta alla Ronda di notte di Rembrandt, che negli anni ne ha collezionati tre: nel 1915 un calzolaio disoccupato graffia leggermente la tela; nel 1975 un uomo apre a coltellate 13 squarci verticali lunghi fino a 80 centimetri sulla tela; nel 1990 un olandese vi getta acido solforico.
Negli ultimi 25 anni sono stati oggetto di attacchi anche l’Adorazione del vitello d’oro di Poussin, La femme qui lit di Picasso, la Danae di Rembrandt, il Ritratto di cardinale di Raffaello. Nel 1987 Robert Cambridge spara contro un disegno di Leonardo alla National e un anno dopo Joachim Bohlmann getta acido solforico su tre dipinti di Durer. Nel 1989 un uomo su una sedia a rotelle entra nella pinacoteca dei Musei Vaticani, getta del liquido infiammabile sulla Madonna di Foligno di Raffaello e tenta di dargli fuoco.
La bellezza estetica delle opere può provocare violenti turbamenti emotivi, che rischiano di sfociare anche in una spiccata volontà vandalica chiamata appunto “Sindrome del David”, che si contrappone alla più famosa “Sindrome di Stendhal”. Chi ne soffre è sovente una persona estremamente sensibile e amante dell’arte, in cui l’impulso a distruggere viene vissuto come estraneo. Chi si lascia trasportare da questa sindrome vuole dimostrare di essere grande e forte a cospetto di opere universali o, viceversa, sentendosi geloso e invidioso vuole distruggere l’opera per riaffermare il proprio Io messo in pericolo da troppa profusione estatica.
Al di là della ricerca di facili catastrofismi corredati da effetti speciali alla Blockbuster, ritengo che sia proprio un misto di ammirazione e gelosia per il nostro patrimonio a spingere, negli ultimi tempi, molti registi statunitensi ad inserire nei loro film scene “spettacolari” nelle quali vengono distrutti celebri monumenti mondiali, in particolare italiani, e ancora più in particolare della Città Eterna:
Piazza di Spagna e il Colosseo esploso nel film The core
la distruzione del baldacchino del Bernini in Angeli e Demoni con danni diffusi in tutta la basilica e la piazza
per terminare con l’apoteosi della distruzione nell’ultimo catastrofico film 2012 nel quale crolla addirittura la Sistina con tutto San Pietro
Qualcuno risponderà che sono luoghi simbolici e che creano pertanto maggior effetto con la loro distruzione, che le immagini rimangono li, innocue, come vuoti effetti speciali; ritengo che la spettacolarizzazione della distruzione dell’arte celi motivazioni ben più profonde oltre ad avere ripercussioni emotive ben più sentite di quanto si pensi. L’impulso irrefrenabile degli americani a danneggiare e distruggere non risparmia l’arte, anzi, su di essa si accaniscono le inconsce gelosie e frustrazioni nel modo più spettacolare e devastante possibile. E’ tutta una finzione, è vero, ma il gesto resta ed è una cosa che non sopporto; le immagini del crollo della Sistina rimangono per me qualcosa di totalmente osceno.
E pensare che tutto era iniziato nel 1957 quando nel film A 30 milioni di chilometri dalla terra (capolavoro) di Nathan Juran il mostro alieno aveva distrutto senza catastrofismi, quasi con gentilezza, Ponte Sant’Angelo e il Foro romano.
martedì 13 ottobre 2009
Caravaggio XXI – Il pathos del reale
Forse è un’operazione troppo facile trarre tableaux vivants dalle opere di Michelangelo Merisi da Caravaggio ma ciò dipende non certo dalla banalità dei registi o attori quanto dall’intrinseca natura delle opere del Merisi, soggetti così miracolosamente reali e significanti di per se stessi, senza il ricorso a un primo approccio a lettura iconografiche, da prestarsi a questo genere di riutilizzazione. Arte sublime e ricorso a specifiche formule di pathos (pathosformel appunto) capaci da sole di trasmettere emozioni. E’ quello che ha cercato di fare compagnia Malatheatre con la regia di Ludovica Rambelli con lo spettacolo Caravaggio XXI che verrà trasmesso, in prima assoluta, alle ore 21.00, presso il Cinema Azzurro Scipioni di Roma. Dalle immagini che ho trovato trovo assolutamente valida, dal punto di vista estetico, la loro operazione tanto da aver scambiato l’immagine con la Maddalena, ad un primo sguardo, per un dipinto reale. L’azione scenica non fa che aumentarne la resa.
ecco i quadri originali, per un veloce raffronto.
Un breve video del lavoro si può visionare dal blog Caravaggio400, sempre aggiornato sugli ultimi avvenimenti intorno all’artista.
Da questo link, invece, un video desunto dal Caravaggio di Darek Jarman, assoluto capolavoro di regia e di contestualizzazione dell’opera del Merisi nel contemporaneo.
giovedì 17 settembre 2009
Io e…Luciano Emmer (l’amore per l’arte si racconta con una torcia)
Questo post è un omaggio ad un grande regista da poco scomparso, Luciano Emmer, che tra i grandi registi italiani è stato quello che più di altri si è avvicinato, è rimasto attratto ed ha raccontato la grande arte con uno stile unico, tanto rispettoso della tradizione quanto elegante e sensibile al “bello”.
Già nel 1938 realizza Racconto di un affresco, il suo primo documentario d'arte, dedicato agli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Nel 1940 ripete l'esperienza affrontando i quadri di H. Bosch in Paradiso terrestre, avviando così una fortunata carriera di documentarista che troverà momenti topici con Goya (1950), Leonardo da Vinci (1952) e Picasso, una straordinaria analisi dell’artista (1954). Il regista di Le ragazze di Piazza di Spagna e di Una domenica d' agosto, tra i primi ad inaugurare la “commedia all’italiana” e tra i più attenti narratori dell'Italia del primo boom economico, inventore della sigla di Carosello e dello stile dei siparietti pubblicitari, riguardo l’opera d’arte si dimostra un silenzioso spettatore, attento al particolare, alle sensazioni, ai luoghi ed al loro contesto; le sue riprese potrebbero formare un ricco manuale tanto sono rispettose del manufatto lasciato a comunicare direttamente con lo spettatore. Poche frasi, poche voci fuori campo di chi l’arte la vive intimamente come esperienza. Il resto sono solo immagini filmiche, mute ed eloquenti, come di chi, così affascinato dalla misteriosa bellezza dei capolavori, si limita a registrare e mai ad interpretare. Un moderno viaggiatore del grand tour che al consueto taccuino di disegni sostituisce la macchina da presa. Una vasta cultura pittorica che va dalle pitture rupestri di Lescaux, dove il cadavere del cacciatore ucciso dal bufalo rappresenta in assoluto la prima storia mai raccontata, e lui lo racconta immergendosi nelle profondità delle grotte, alle tentazioni dell’umanità così minuziosamente descritte ne Il giardino delle delizie di Bosch fino a Degas, Van Gogh, Picasso.
La pittura viene nuovamente trattata nel 1972 con il programma televisivo per la Rai "Io e..."; in 14 puntate il regista lascia dialogare celebri intellettuali, artisti, scrittori, direttamente con l’arte; ognuno di loro, scelto un tema, un’opera, un luogo, lo affronta dal proprio punto di vista; il regista si limita a riprendere. Le opere non vengono mai tradite ma, seguendo i commenti degli intervistati, acquistano valenze e sfumature nuove, del tutto personali. E’ una muta dichiarazione di appartenenza al bello. Le puntate, anche per lo spessore degli intervistati, sarebbero tutte da vedere. Tra di loro sottolineo:
“Io e l'Adorazione dei magi del Sassetta” intervista a Severino Gazzelloni, vero equilibrio tra arte e musica,
“Io e la morte di Marat” intervista a Guttuso, bellissima analisi del grande pittore,
“Io e l’Eur” intervista a Federico Fellini, metafisica riflessione sul quartiere,
“Io e il battesimo di Cristo di Giovanni Bellini” intervista a Guido Piovene, pregnante discorso sul capolavoro,
“Io e il campo di grano con corvi di Van Gogh” intervista a Cesare Zavattini, intimamente vissuta,
“Io e la Cortigiana romana di Scipione” intervista ad Alberto Moravia, lucida analisi dell’intima anima di Roma,
“Io e Piazza san Marco” intervista a Goffredo Parise, poetica e sentita impressione del luogo,
“Io e la Colonna Traiana” intervista a Bianchi Bandinelli. Forse la puntata più bella e suggestiva nella quale il grande storico dell’arte antica viene portato, attraverso una scala mobile, letteralmente intorno al fregio della colonna, raccontandocene la storia, lo stile, le sue impressioni. Emmer, anche lui sulla scala, filma il tutto da dietro, indugiando sui bassorilievi tanto vivi quando inaccessibili per lo spettatore da terra. La colonna, finalmente, è nuda sotto i nostri occhi; non più celata dall’altezza mostra l’incredibile intreccio degli avvenimenti. Il tutto nella luce di un notturno.
Nel 1974 la serie venne ripresa, curata da un altro regista, e ci regalò la splendida analisi di Pasolini sulla “forma della città”.
Nel 1988 il regista torna al documentario d'arte con La bellezza del diavolo - Viaggio nei castelli trentini, mentre al 1997 risale il suo capolavoro Bella di Notte.
Un visitatore notturno si muove tra capolavori armato di una lampadina tascabile, emozionato davanti ai dipinti che appaiono quasi all' improvviso, dal buio, felice di raccontare il suo amore per l' arte. Per cinque notti, Emmer filma le sale restaurate della Galleria Borghese di Roma; scorrono davanti ai suoi e ai nostri occhi capolavori di Canova e Bernini, Rubens e Tiziano, i Caravaggio e i Raffaello, statue e dipinti di cui il regista rivela segreti e magie, facendo annotazioni curiose, costruendo un dialogo immaginario con Scipione Borghese, che raccolse in quella che era la villa della famiglia, un patrimonio di valore inestimabile. Un itinerario solitario, un ritratto personale, lontano da critiche estetiche e da nozionismi storici, che segue solamente il filo della suggestione. Il risultato è straordinario.
"Mi avevano chiesto di realizzare un documentario sul restauro della Galleria Borghese" spiegherà Emmer "ma ho risposto che ci sono giornalisti Rai più bravi di me. Così ho realizzato un' opera di cinema partendo da un punto di vista personale, immaginando di essere un visitatore che si trova di notte a scoprire le meraviglie di questo posto".
Il suo ultimo film Trilogia: il pensiero, lo sguardo, la parola non è che una lucida riflessione sulla vita e sull’arte.
“D’altronde, quella torcia che si aggira all’interno di Villa Borghese è il simbolo più concreto del mestiere d’autore, dell’umanità e del calore di uno sguardo, di un faro che illumina e racconta l’arte non come materia immobile e distante, ma come elemenoi che influenza la nostra vita, la nostra stessa essenza di uomini. E fare emergere dall’oblio e dal buio l’arte (intesa come pensiero, come materia) dei nostri tempi è forse uno dei compiti più concreti che il cinema stesso può darsi”. (fonte).
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lunedì 7 settembre 2009
“Destino” di Salvator Dalì
Volevo scrivere già da tempo questo post ma non riuscivo mai a trovare il video ottimale; con sommo piacere voglio proporvi oggi un piccolo capolavoro dell’animazione Disney inserito integralmente su youtube da un paio di mesi; si tratta di “Destino” di Salvator Dalì.
La storia del cortometraggio è complicata; Walt Disney amava l’artista Dalì e lo stesso artista spagnolo definiva l’inventore del cinema d’animazione il più grande artista surreale vivente. L’idea originale del film risale 1945; il progetto doveva essere il risultato della collaborazione tra l’animatore statunitense Walt Disney e l’artista spagnolo Salvador Dalì, con le musiche eseguite dal compositore messicano Armando Dominguez.
Molto probabilmente il cortometraggio doveva essere inserito nel sequel di Fantasia, capolavoro assoluto di Walt il cui fascino misterioso, la bellezza dei disegni, l’armonia con la musica non finisce mai di colpirmi; riuscita nelle sale nel 1969 infatti riscosse un entusiasmo inaspettato per il suo stile visionario che la faceva considerare un'opera psichedelica. Il progetto prevedeva una vera e propria opera globale da far uscire a scadenze prestabilite, chiamando a realizzare i vari cortometraggi i più grandi artisti e disegnatori allora in circolazione; solo il relativo insuccesso alla prima uscita fece naufragare l'idea. I disegni e i bozzetti preparativi di Destino vennero realizzati dallo stesso Dalí in otto mesi, tra il 1945 e il 1946. Tuttavia, a causa di problemi di natura finanziaria, il progetto fu abbandonato: la Walt Disney, infatti, fu colpita da una grave crisi economica durante la Seconda Guerra Mondiale. Hench produsse un piccolo test d’animazione della durata di circa 18 secondi, nella speranza di un futuro recupero del progetto.
Nel 1999, il nipote di Walt Disney, Roy Edward Disney, mentre stava lavorando per la realizzazione di Fantasia 2000, il sequel tanto atteso, rispolverò il progetto di Destino e decise di ripristinarlo; per il completamento del cortometraggio vennero incaricati gli studios Disney di Parigi. Il film fu prodotto da Baker Bloodworth e diretto dall’animatore francese Dominique Monfrey, per la prima volta nelle vesti di regista. Un team di circa 25 animatori si diede da fare per decifrare gli storyboard criptici di Dalí ed Hench (avvalendosi anche dei diari scritti dalla moglie di Dalì, Gala). Alla fine il risultato è questo cortometraggio di circa 6 minuti in cui sono mescolati elementi di animazione classica a ritocchi apportati con la computer grafica.
Il cortometraggio non è tuttora in commercio quindi consiglio, prima che la Disney lo tolga dalla rete, di vederlo e scaricarlo.
Destino tratta di una storia d'amore in puro stile disneyano, narrando il viaggio di una ballerina attraverso un paesaggio desertico e un inquietante scenario surreale. L’alfabeto è quello classico degli oggetti dei quadri di Dalì: orologi molli, torri oscillanti, grucce, piramidi e ballerine senza testa che sembrano effettivamente le animazioni dei suoi quadri; l’interpretazione dell’artista però era stata molto diversa: per questi, infatti, il punto chiave della storia doveva essere il baseball come metafora della vita.
“Questi sette minuti di miscela di animazione ed azione in vivo, è una storia di amore senza dialoghi fra due giovani amanti, il "bat" e la palla; dovendo superare numerosi ostacoli per il loro affetto. Include immagini tipiche di Dali come occhi vestiti, orologi sciolti, formiche, il campanario di un monasterio, la torre di Babel, una parete corrosa dalle sabbie del tempo, una testa di ballerina che si trasforma in una palla, una scultura di Venus che viene alla vita come una bella donna, e due teste con corpi di tartarughe ; fra molte altre cose. Disney direbbe "Dali ha concepito per la prima volta il 'baseball' americano come una coreografia di un ballet". (fonte).
I disegni e le tele originali sono molto belli ed hanno effettivamente un che di cinematografico; ne ho inseriti alcuni:
ritrovando anche qualche riferimento alla grande arte del passato, in questo caso a Bellini
ed ecco finalmente il corto. Buona visione.