VISITA A PICASSO
Antibes, 19 Febbraio

Condividete il pensiero di Picasso? L'intervista però è immaginaria, scritta dallo stesso Papini.
Spostamento di senso o svuotamento di concetti; andando verso il postmoderno un tema, quello delle scarpe, viene affrontato con modalità figurative diverse. In Van Gogh la natura morta cela, per traslato, la fatica dell’uomo che ha usato quegli oggetti con una non sottesa vena sociale. Magritte, con vena surrealista, riflette sull’ambivalenza dell’indumento: feticcio e propaggine del corpo umano. In Warhol la bidimensionalità svuota la forma e i contenuti e trasfigura l’immagine in icona pop.
Tra i tanti manifesti e scritti del futurismo questo sinceramente mi mancava e lo trovo veramente geniale (cliccate sull’immagini). Il testo è tratto da questo bellissimo sito realizzato dall’architetto Maurizio Castelvetro e dedicato alla concezione architettonica futurista che si può riassumere con due termini espressivi lirismo e dinamismo.
http://www.rebel.net/~futurist/indiceframe.htm
A riguardo segnalo anche quest’altro sito comprendente tutti i manifesti: http://www.futur-ism.it/home.asp
Arturo Schwarz è uno storico dell’arte, saggista e docente che ha scritto saggi sulla Kabbalah, sul tantrismo, sull'alchimia, sull'arte preistorica e tribale, sull'arte e la filosofia dell'Asia, sull'anarchia. Grande esperto delle avanguardie del Novecento, in particolare del Dadaismo e Surrealismo, aveva una grande collezione di lavori di Marcel Duchamp, André Breton, Man Ray, Jean Arp che, donata allo Stato, oggi forma un nucleo di eccezionale importanza e qualità alla GNAM. Possedeva anche la più importante biblioteca al mondo sulle avanguardie che cercò di donare allo stesso modo allo Stato italiano ma un ministro, ritenendo quella “robaccia” materiale pornografico e anticlericale rifiutò; non accettando l’offerta di 2 milioni di dollari del Getty Museum lo storico regalò quell’immensa mole di testi allo stato d’Israele.
Storico dell’arte controcorrente ha maturato negli anni una visione fortemente spirituale e mistica sulle correnti di primo Novecento, con riferimenti al mondo dell’alchimia e delle filosofie orientali; riporto a riguardo una sua frase su Magritte che permette di cogliere le vastità del suo pensiero:
“Sconcertava sentirlo sostenere che la conoscenza può dissipare l’ignoranza, ma non può chiarire un mistero. Al contrario, è il mistero che nutre la consapevolezza. Il compito dell’artista, secondo Magritte, doveva essere quello di creare apparizioni che rivelino il mistero assoluto. Senza mistero, nulla davvero esiste. Il mistero è ciò che deve esistere affinché la realtà sia possibile. È il mistero che ci consente di partecipare alla vita dello spirito. Le nostre sensazioni, noi stessi e la pittura, dovrebbero tutti e tre divenire una cosa sola col mistero che ci appartiene”. («Una giornata con Manritte»).
Di seguito segnalo due articoli online:
Il Surrealismo. Una filosofia di vita.
A proposito del Surrealismo e dei suoi detrattori.
L’interesse sul personaggio è dato dal fatto che questi è il curatore dell’interessantissima mostra aperta al Complesso del Vittoriano a Roma, "La riscoperta di Dada e Surrealismo" (9 ottobre 2009-7 febbraio 2010) che si annuncia come una delle più imponenti e complete mostre mai realizzate sull’argomento. Oltre 500 opere tra olii, sculture, readymade, assemblaggi, collage, disegni automatici ripercorrono nella sua interezza la nascita, il susseguirsi dei Manifesti e delle principali mostre, il cammino figurativo dei tanti protagonisti di questi due movimenti rivoluzionari che tanto potere eversivo hanno avuto tra le avanguardie artistiche del Novecento e tanta influenza hanno esercitato sull’arte successiva alla prima metà del secolo scorso.
Questa mostra ha il grande pregio di offrire una panoramica, probabilmente unica per la completezza e la qualità delle opere esposte, dei soli due movimenti artistici delle avanguardie storiche che, oggi più che mai, hanno conservato la loro attualità e la loro carica eversiva. Arturo Schwarz sottolinea come “Dada e il Surrealismo siano stati gli unici due movimenti dell’avanguardia storica a non limitarsi a una rivoluzione visiva, ma a propugnare invece una rivoluzione culturale, nel senso maoista di “rivoluzione ininterrotta” e di abolizione dell’antinomia tra teoria e pratica… Dada e il Surrealismo suggerivano una nuova filosofia della vita”.
E’ sempre Schwarz a spiegare il titolo della mostra “Dada e Surrealismo riscoperti”. “Riscoperti” perché la maggior parte delle mostre dedicate a questi due movimenti si sono quasi sempre limitate a presentare i protagonisti più conosciuti dimenticando quelli che vi militarono che hanno invece contribuito a precisarne l’etica e l’estetica. L’esposizione al Vittoriano vuole offrire una panoramica la più esaustiva possibile di queste due filosofie di vita uniti dal comune scopo di rinnovamento ma divisi radicalmente sui loro scopi. Dada fu una rivolta per la rivolta partita dalla tabula rasa per negare in modo radicale tutti i valori; il Surrealismo si collocò sin da subito sotto il segno dell’impegno, dell’engagement altrettanto radicale.
“Prendete un giornale. Prendete un paio di forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che voi desiderate dare alla vostra poesia. Ritagliate l’articolo. Tagliate ancora con cura ogni parola che forma tale articolo e mettete tutte le parole in un sacchetto. Agitate dolcemente. Tirate fuori le parole una dopo l’altra disponendole nell’ordine con cui le estrarrete. Copiatele coscienziosamente. La poesia vi rassomiglierà. Eccovi diventato ‘uno scrittore infinitamente originale e fornito di sensibilità incantevole…” : ecco cosa consiglia Tristan Tzara nel 1920 ed ecco sempre lui esclamare nel Manifesto Dada del 1918 che “Dada non significa nulla” e che “l’opera d’arte non deve essere la bellezza in se stessa perché la bellezza è morta”.
Fa sempre un certo effetto guardare le foto degli artisti che hanno segnato il XXI secolo; se queste immagini, poi, sono state scattate da Aurelio Amendola, uno dei più grandi fotografi italiani, allora assumono significati ulteriori. Fotografo di grandi personalità creative, questi è riuscito a mettere in luce le loro più intime passioni con occhio indiscreto. Gli scatti che mostrano, per esempio, Burri in azione sono più significativi di un manuale di storia dell’arte nel cogliere il fermento creativo e nello spiegare l’essenza delle sue opere fatte di materia, fuoco e rinnovata bellezza. E che dire di Emilio Vedova sporco di colore assorto davanti un suo lavoro, quasi in una posa estatica? Forse sarebbe bene, prima di studiare molti di questi artisti, osservare gli intimi scatti di un fotografo che silenziosamente ha saputo scrutarli dentro. La creazione-creatività, prima di passare sulla tela, è sempre presente nei volti e nei gesti degli artisti. Guardare uno scatto equivale a leggere una loro opera.
Burri
Emilio Vedova
De Chirico
Warhol
Hans Hartung
Roy Lichtenstein
Una delle più affascinanti figure della storia dell’impressionismo fu Paul Gachet. Fu medico della Compagnia delle Ferrovie del Nord ma fu anche un medico specializzato in omeopatia, uno psichiatra (nel 1852 ricevette un encomio per la sua tesi Étude sur la Mélancolie), un darwiniano, un socialista, uno studioso di chiromanzia, un collezionista e un mecenate sempre generoso e amico di tutti quegli artisti che gravitavano intorno alla corrente dell’Impressionismo. Nel 1870 aveva partecipato alle riunioni della Nouvelle Athenes, conoscendo Manet e Degas prima di trasferirsi, nel 1872, ad Auvers sur Oise, dove ebbe inizio l' amicizia con Cezanne, Pissarro e Van Gogh. Vero e sincero compagno dei pittori trascorse molto tempo con Charles Méryon durante la lunga degenza, seguì il recupero di Auguste Renoir dalla polmonite nel 1882, consigliò Édouard Manet contro l'amputazione della gamba.
Si ricorda soprattutto comunque l’amicizia con Van Gogh; il soggiorno di Van Gogh in casa del dottor Gachet avvenne dal maggio al luglio del 1890, quando il pittore, ancora una volta, attraversava un periodo di crisi per il matrimonio del fratello Théo e la nascita di suo nipote. Rendendosi conto della necessità di allontanare il fratello da Parigi, su consiglio di Pissarro Théo si era rivolto al dottor Gachet. Pissarro sapeva che il medico s'interessava di malattie mentali e pensava che avrebbe potuto avere un'influenza benefica su Vincent. Infatti il dottor Gachet con i suoi discorsi e con la sua terapia, che consisteva soprattutto nel consigliare all'ammalato di pensare unicamente alla sua pittura, contribuì a restituire un certo equilibrio allo sventurato. Ma un giorno, il 27 luglio, in assenza del medico, Van Gogh si sparò in pieno petto. Si può pensare che se fosse stato ad Auvers il medico avrebbe saputo dissuaderlo dal darsi la morte, o almeno avrebbe potuto curarlo efficacemente. Ma quando ritornò era troppo tardi.
Da questa amicizia derivò lo splendido ritratto del dottore, tra i suoi capolavori. Il dipinto è estremamente innovativo: Van Gogh abbandonò le pose statiche e convenzionali dei precedenti. Il triste volto del dottore, ebbe modo di affermare Van Gogh in una lettera indirizzata al collega ed amico Paul Gauguin, è “l'espressione disillusa del nostro tempo” . In un altro messaggio al fratello Theo il pittore scrive “la testa con un berretto bianco, molto bionda, molto chiara; anche la carnagione delle mani molto bianca, un frac blu e uno sfondo blu cobalto. Le mani sono mani da ostetrico, più chiare del volto”. A ciò si unisce lo splendido trattamento del colore e il ricorso alla classica iconografia della Malinconia (in riferimento sia alla tesi del medico che al suo temperamento saturnino). In un’altra lettera infatti scrive “In questo ritratto il dottor Gachet ha un’espressione malinconica, che talvolta appare come una smorfia quando la osservi. Ed è questo, tuttavia, che si deve dipingere. Perché ci si rende conto che a paragone dei vecchi ritratti, così calmi, c’è espressione e passione nei volti come li dipingiamo ora, un senso di speranza e un lamento. Triste, ma dolce, chiaro, intelligente. Molti ritratti dovrebbero essere così.”
Del quadro esiste un’altra copia conservata all’Orsay nella quale Vincent ha eliminato il bicchiere e i libri, lasciando risaltare la pianta di digitale (al tempo usata come rimedio fitoterapico per la cura di diverse malattie) sul fondo rosso, trattando in modo più sommario lo sfondo.
…Eugène Delacroix Tasso nell’ospedale di sant’Anna a Ferrara, citato da Van Gogh in diverse lettere e probabilmente ispiratore della posa del ritratto…
…la Malinconia o Allegoria della Malinconia (con la classica mano sulla guancia)…
…il dottor Gachet…
…la figlia e la moglie (Margherita Gachet) in due quadri di van Gogh…
…Cezanne La casa del Dottor Gachet a Auvers, 1873 e il suo “giardino” dipinto da Van Gogh…
…Il medico fu, come visto, artista dilettante e incisore (diede lezioni di acquaforte a Cézanne e più tardi a Van Gogh) e si firmava Paul van Ryssel; ecco alcune sue opere vicine allo stile dell’amico Vincent…
…e suo il tragico schizzo di Vincent appena deceduto…
…e per finire il primo e l’ultimo ritratto del medico realizzati rispettivamente da Armand Gautier nel 1859 e da Norbert Goeneutte nel 1891
Fonti:
http://www.artnet.com/magazine/features/robinson/robinson5-17-99.asp
Solo un appunto, nulla più, per mostrare come dovrebbe essere la politica di un museo in materia di acquisizioni. Lungimiranza e completamento delle collezioni. E soprattutto trasparenza. Al Musee d’Orsay il 20% del prezzo del biglietto d'ingresso alle collezioni permanenti viene destinato a questo scopo. Da noi il costo del biglietto non basta neanche per l’ordinaria manutenzione.
Ultime acquisizioni. Modi d’acquisizione.
E questo ciò che si riesce ad acquisire: