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venerdì 2 ottobre 2009

Bacon-Babeli. La dissoluzione del corpo su Second Life

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Gazira Babeli è un'artista, performer e film-maker che vive e lavora nel mondo virtuale di Second Life, dove è nata il 31 marzo 2006. In breve tempo si è guadagnata attenzione e rispetto con le sue performance provocatorie, che indagano i temi del corpo, dello spazio e dell'identità nei mondi virtuali. Esistendo solo in Second Life, Gazira Babeli concentra il proprio lavoro sulla propria identità di artista virtuale, e sulla costruzione di una personale mitologia - in linea, peraltro, con molti artisti del Novecento, da Marcel Duchamp a Yves Klein, da Joseph Beuys a Matthew Barney. Da questa ricerca nasce il trittico video Saint Gaz' Stylite e che prelude al film Gaz' of the Desert, il primo film in alta definizione interamente girato in un mondo virtuale. (Intervista).

Molti sono i suoi lavori “immaginari” o virtuali che mostrano tutta la potenzialità di Second Life nel campo dell’arte contemporanea (basti pensare a Second Front, lo storico gruppo di performer). Performance, installazioni, sculture tutte caratterizzata da un forte legame con la tradizione figurativa del ‘900 dove ogni corpo e oggetto è materia che può essere rielaborata e manipolata per creare nuove realtà. Libertà assoluta e manipolazione.

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In questo senso trovo geniale il suo lavoro “Avatar su tela” del 2007. Si parte da Bacon, il più estremo utilizzatore della figura umana, e si cerca di eliminare il legame che si crea tra un soggetto e la sua immagine virtuale, ovvero l’avatar di Second Life. Proprio perchè, anche in mondi virtuali si resta attaccati e vincolati all’aspetto fisico, all’integrità del proprio secondo corpo, alla propria riconoscibilità, queste deformazioni vogliono sottolineare come nessuno è il proprio avatar. Il ricorso all’iconografia baconiana non fa che accentuare questo straniamento.

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“Siamo potenziali carcasse”. Le citazioni di Francis Bacon

 

Il modo migliore per comprendere un artista, specie se contemporaneo, è leggere le sue parole per comprendere la personale visione sull’arte. Bacon, in questo senso, fu, oltre che ottimo critico di se stesso, anche un espertissimo intenditore dell’arte antica e dei grandi maestri che apprezzava totalmente, da Rembrandt a Caravaggio a Van Gogh. In occasione dell’inaugurazione della mostra a Roma “Caravaggio-Bacon” ho pensato di inserire qualche sua frase circa l’arte del passato e la propria arte. Sintetiche ed illuminanti citazioni accompagnate ogni tanto da una personale selezione di opere. Molto più di una semplice dichiarazione di poetica.

 

“Le forme le perdi più facilmente nell’oscurità”

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“Riduco le dimensioni della tela disegnando questi rettangoli che isolano e concentrano l’immagine. Solo per vederla meglio”

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“So che per le persone religiose, per i cristiani la Crocifissione riveste un significato totalmente diverso. Ma per me, non credente, è solo un atto del comportamento umano, un modo di comportarsi nei confronti di un altro”

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“Per quanto riguarda i Papi la religione non centra assolutamente; sono piuttosto frutto di un’ossessione per le riproduzioni fotografiche del ritratto di Papa Innocenzo X di Velázquez“

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“Penso che Velázquez fosse convinto di registrare la corte dellʹepoca, di registrare certi personaggi dellʹepoca; ma un bravissimo artista dʹoggi sarebbe costretto a prendersi gioco di unʹanaloga situazione. Sa che la registrazione può essere fatta con una pellicola, dunque quel lato della sua attività è stato preso in mano da qualcun altro e lui si deve soltanto preoccupare di far emergere la sensazione attraverso l’immagine. Inoltre, credo che oggi lʹuomo si renda conto di essere qualcosa di accidentale, un essere futile, e di dover stare al gioco”

“Penso che sia il lieve distacco dal reale, che mi rituffa con maggior violenza nel reale stesso. Attraverso lʹimmagine fotografica mi ritrovo a vagare dentro allʹimmagine e a estrarne quella che ritengo sia la sua realtà più di quanto mi sia possibile semplicemente guardando a quella realtà. E le fotografie non sono solo punti di riferimento; spesso funzionano come detonatori di idee”

“Ciò che voglio fare è distorcere la cosa molto al di là dell’apparenza, ma nella distorsione stessa portarla a una registrazione dell'apparenza”

“Preferirei compiere in privato lo scempio con il quale credo di poter registrare con più chiarezza la sua realtà. È possibile, sì, è possibile. Lo capisco perfettamente. Ma mi dica, chi oggi è riuscito a registrare qualcosa, qualcosa che venga recepito come realtà, senza aver compiuto un grave scempio all’immagine”

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“Siamo potenziali carcasse”

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“Non ho mai cercato di essere orripilante”

Ho sempre aspirato a esprimermi nel modo più diretto e più crudo possibile, e forse, se una cosa viene trasmessa direttamente, la gente la trova orripilante. Perché, se dici qualcosa in modo molto diretto a una persona, questa a volte si offende, anche se quello che hai detto è un fatto. Perché la gente tende a essere offesa dai fatti, o da quella che una volta veniva chiamata verità”

“Si può dire che un grido sia un immagine di orrore, ma io ero in realtà interessato a dipingere il grido più che l’orrore. Penso che, se avessi davvero riflettuto su ciò che induce a gridare, il grido che tentavo di dipingere ne sarebbe risultato molto più efficace. In un senso, avrei dovuto essere più consapevole dell'orrore da cui nasceva il grido. Le mie immagini in realtà erano troppo astratte”

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“Beʹ, se per esempio pensa al grande autoritratto di Rembrandt di Aix‐en‐Provence, e se lo analizza vedrà che gli occhi praticamente non hanno orbite, che si tratta di un'immagine completamente anti‐illustrativa. Penso che il mistero del dato reale sia comunicato da unʹimmagine creata con segni irrazionali”

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“Penso che l’arte sia un’ ossessione per la vita e, dato che siamo esseri umani, la nostra più grande ossessione è quella per noi stessi. Secondariamente ci sono gli animali, poi i paesaggi”

“mi piace la distanza che il vetro instaura fra ciò che è stato fatto e lʹosservatore. Mi piace, per così dire, che lʹoggetto sia posto quanto più lontano possibile”

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“È curioso, ma persino i Rembrandt mi piacciono sotto vetro. Ed è esatto dire che per molti aspetti sono più difficili da vedere, ma si può sempre guardarci dentro”

“Ho fatto molti autoritratti, in realtà perché attorno a me le persone morivano come mosche e non era rimasto nessun altro da dipingere se non me stesso. Bé, ora sono però contento di dire che ho ritrovato due persone, molto attraenti, che avevo conosciuto in passato. Sono entrambe dei buonissimi soggetti. Detesto la mia faccia e ho fatto degli autoritratti perché non avevo nessun altro da ritrarre. Ma ora la smetterò di fare autoritratti”

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“non penso di avere talento. Penso solo di essere ricettivo”

“Potrei magari fare un film; potrei fare un film di tutte le immagini che mi si sono affollate nel cervello, immagini che ricordo e che non ho usato. Dopotutto, gran parte dei miei dipinti sono fatti di immagini. Non guardo mai i quadri, quasi mai. Quando vado alla National Gallery a guardare uno dei grandi dipinti che mi eccitano, non è tanto il dipinto in sé quanto il fatto che esso apre dentro di me ogni sorta di valvole di sensazione che mi rituffano nella vita con maggior violenza. Potrei fare un film ma sarebbe ancora più complicato che dipingere, perché non riuscirei mai a trovare lʹimmagine che invece posso creare dipingendo. Non so se con unʹaltra tecnica le cose mi verrebbero con la stessa facilità con cui mi vengono gettate davanti quando dipingo”

mercoledì 2 settembre 2009

Caravaggio-Bacon

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Parafrasando un celebre saggio di Mario Praz considero “La carne, la morte e il diavolo” un buon sottotitolo per la prossima mostra che si svolgerà a Roma presso la Galleria Borghese dal titolo Caravaggio-Bacon; naturalmente queste parole vanno benissimo per Bacon, artista maledetto nel senso più nichilista della parola, un po' meno per il Merisi che la critica moderna (e spesso poco percepita dal grosso del pubblico) ha da tempo sdoganato da quell’aura di genio e sregolatezza, considerandolo un uomo dalla tormentata religiosità. Come spiega Calvesi “Bacon non ha nulla di Caravaggio, non si è ispirato a Caravaggio, però se cʹè un artista del nostro tempo che può essere equiparato a Caravaggio è proprio lui”; se un legame c’è tra i due, allora, lo si può trovare solo attraverso un cortocircuito, il ricorso ad un anacronismo fatto di impressioni e null’altro ma che contribuisce a rendere unico nel suo genere, almeno nella stantia realtà italiana, questo evento.

Probabilmente l’unica pecca risiede nel luogo prescelto per l’esposizione, un ambiente fortemente storicizzato e talmente saturo di capolavori da mettere in ombra ogni tentativo di percezione positiva di un percorso; sono curioso di vederne l’allestimento pur rimanendo della convinzione che una mostra di questo livello nella Galleria Borghese alla fine sia solo il frutto di una sbagliata strategia di marketing.

Comunque tornando ai nostri due artisti, che personalmente ammiro totalmente, non posso che rimanere affascinato da questo loro accostamento; come spiega infatti anche il comunicato “non si vuole teorizzare dipendenze di Bacon da Caravaggio, ma provocare suggestioni visive, evocare corrispondenze spontanee risultanti da accostamenti formali…Caravaggio e Francis Bacon sono tra gli interpreti più rivoluzionari e profondi della rappresentazione della figura umana. Entrambi, nelle diversità della loro poetica e del loro tempo, hanno penetrato con sconvolgente originalità il mistero dell’esistenza e dell’arte, rappresentando la verità spirituale nella più traumatica immediatezza della carne”.

Due artisti potenti, nel senso più pregnante della parola; dove in Bacon c’è “una visione angosciosa del reale che passando attraverso l'inconscio riemerge in forme che potremmo definire “mostruose”, in Caravaggio si percepisce tutta la drammaticità di una realtà in cerca di salvazione e che solo la luce divina può redimere dall’oscurità in quanto “è capace di dare ai suoi dipinti la fragranza dellʹevento che accade qui ed ora”; personalmente però in Bacon è più forte l’attaccamento all’uomo; ricordando le parole del mio primo professore d’arte moderna, infatti, Bacon si può definire l’ultimo umanista che l’arte ha avuto. Per poter arrivare ad amare l’uomo, infatti, l’ha dovuto prima distruggere.

http://www.errecomeroma.it/index.php?variabile=articolo&code=447

La mostra si potrà ammirare dal 1° ottobre 2009 al 24 gennaio 2010 presso la Galleria Borghese. (Per informazioni-Scaricate la cartella stampa).

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