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giovedì 7 novembre 2013

Book of Miracles e le sue illustrazioni

Il Book of Miracles, ritrovato alcuni anni fa e di recente acquisito da un collezionista privato americano, è una delle scoperte più spettacolari nel campo dell’arte rinascimentale avvenute nella Germania meridionale. Il manoscritto esistente è quasi completo: creato ad Amburgo, libera città imperiale di Svevia, intorno al 1550, si compone di 167 pagine con illustrazioni di grande formato a guazzo e acquerello che rappresentano fenomeni celesti meravigliosi e a tratti inquietanti, costellazioni, conflagrazioni, inondazioni e altre catastrofi e manifestazioni di varia natura.

Le illustrazioni dall’aspetto sorprendentemente moderno, talvolta fantastico, e le descrizioni presenti nel Book of Miracles ci offrono una visione unica e sorprendente delle preoccupazioni e dei timori del XVI secolo, del pensiero apocalittico e delle attese escatologiche. Al contempo, la sua aspirazione enciclopedica rivela una curiosità tipica del Rinascimento tedesco, dai tratti spiccatamente scientifici, e attraverso l’assimilazione di diverse fonti testuali e visive ci consegna una vera e propria cronaca degli orrori.

Questo facsimile riproduce per la prima volta il Book of Miracles nella sua interezza, rendendo finalmente accessibile a tutti gli studiosi e gli appassionati d’arte una delle opere più importanti del Rinascimento tedesco. Accanto al facsimile, un commento introduttivo al manoscritto cerca di delinearne il contesto storico e culturale, ripercorrendone le fonti nel dettaglio. Un’ampia descrizione del manoscritto e delle sue miniature e la trascrizione completa del testo costituiscono infine un’utile appendice.

Pubblicato da Taschen








lunedì 12 novembre 2012

La madre dei Caravaggio è sempre incinta

Sensazionalismo, il male dell'arte
Da Michelangelo a Caravaggio: la filologia è ridotta a burla 

E le ossa di Monna Lisa? Dove saranno, le ossa di Monna Lisa? Quando salteranno fuori, in un tripudio di titoloni, le ossa di Monna Lisa? Sono queste le domande provocatorie poste dal libro che lo storico dell'arte Tomaso Montanari ha dedicato alle «scoperte sensazionali» che periodicamente irrompono sulle prime pagine guadagnandosi uno spazio enorme. E relegando nella pressoché totale disattenzione le opere che stanno andando a ramengo, dal crocifisso di Vasari nella chiesa napoletana di San Giovanni a Carbonara agli affreschi quattrocenteschi della novarese Santa Maria Nova di Sillavengo fino all'agonia della reggia di Carditello.

Tomaso Montanari, «La madre dei Caravaggio è sempre incinta» (Skira, pp. 75, € 9) Il pamphlet ha un titolo sbarazzino, La madre dei Caravaggio è sempre incinta  ma è un'invettiva micidiale contro il modo in cui è trattato il tema delle ricorrenti «scoperte» di un nuovo capolavoro ritrovato negli scantinati, tra le macerie di una chiesa, nella soffitta di una vecchia zia defunta o, caso più probabile, nel magazzino di un mercante d'arte che un bel giorno scova dietro una crosta un «pezzo meraviglioso» da milioni di euro.

L'idea di confermare se Montanari abbia o meno ragione, nello svergognare l'attribuzione a Michelangelo del Cristo ligneo comprato a caro prezzo dal governo italiano ai tempi di Sandro Bondi o a Caravaggio dei «cento disegni mai visti» dal valore folle di «circa 700 milioni di euro» scovati là dove erano sempre stati da «due perfetti ignoti agli studi caravaggeschi», non ci passa per la testa. Cadremmo nello stesso tranello: è bene che della valutazione dei Caravaggio si occupino quelli che per una vita hanno studiato Caravaggio.

Ma è difficile non essere d'accordo con Montanari quando scrive: «Se vogliamo un brivido anticonformista e un potente antidoto contro la superficialità e la cialtronaggine abbiamo bisogno di coltivare i dubbi». Altrimenti, il rischio è di cadere nel pasticcio misterioso della seconda Medusa attribuita (lo storico non è d'accordo: «Basta guardarla per capire che è una copia...») a Caravaggio e lanciata dalla società «Once - Extraordinay Events»: «In una puntata di Chi vuol esser milionario, Gerry Scotti ha chiesto quale soggetto fosse stato dipinto da Caravaggio una sola volta: la concorrente ha indicato la Medusa degli Uffizi. E aveva perfettamente ragione: ma il pubblico da casa è insorto, perché la campagna promozionale era stata tanto pervasiva che tutti sapevano che esisteva un'altra Medusa. Il finale comico è stato che, nella puntata successiva, Scotti si è dovuto scusare».

Così come è difficile dar torto a Montanari quando se la prende con un eccesso di sensazionalismo e una caccia all'«evento» che rimuove il degrado del patrimonio artistico italiano (nessuno fa manutenzione sul mosaico del «cave canem» di Pompei in attesa chissà della sua «riscoperta») e assorbe tutto nell'ottica del marketing, fino a produrre una corsa allo scambio di opere d'arte (di per sé, ovvio, legittima e spesso giusta) così ossessiva da far pensare a certi annunci peccaminosi dei club di «scambisti»: «Tiziano giovane, amante natura, cerca Giotto maturo per caldo scambio volumi-colore»; «Leonardo sacro, ma ambiguo, cerca Mantegna litico per scambio morbido-duro; valuta anche Caravaggio, max 1605...».

C'è chi contesterà lo studioso fiorentino accusandolo di essere lui pure pieno di certezze che manifesta con ironia tranchant, come quando liquida un secondo Cristo ligneo «di Michelangelo» trovato secondo monsignor Rino Fisichella nel Patriarcato melchita del Libano: «Qui non si tratta di opinioni scientifiche, ma di un problema di minima alfabetizzazione: se attribuire a Michelangelo il Cristo comprato da Bondi è come confondere un leone con un gatto, attribuirgli il Cristo di San Marino è come scambiare un leone e un merluzzo».

Ma è difficile dissentire quando, sorridendo del sindaco dell'Argentario che vuole costruire un mausoleo per ospitare le presunte ossa di Caravaggio oggi custodite in banca (sic...) perché «inaugurare la tomba "di Caravaggio" è più semplice che tenere pulite le meravigliose spiagge», contesta che «mentre l'esercizio abusivo della professione medica è un reato, chiunque può provare a proporsi come storico dell'arte». Assurdo: «La capacità di riconoscere gli autori delle opere d'arte non è una dote innata, una rabdomanzia, un fiuto. È invece il frutto di un lungo e faticoso esercizio, una tecnica che si impara e che si insegna...». Certo, spiega, «le attribuzioni sbagliate sono sempre esistite» ma «le bufale sono un'altra cosa: non sono errori scientifici (legittimi, e inevitabili), ma creature extrascientifiche nate al di fuori di ogni serio protocollo di ricerca, a uso e consumo dei media».

Cosa fare? Vale la pena di dare vita, per Montanari, a un Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulla storia dell'arte che «potrebbe facilmente verificare i singoli casi, contattare i migliori esperti dei singoli campi e fornire in tempi rapidi una risposta» prima che «il Caravaggio di turno fosse sbattuto in prima pagina». Il tutto nella scia del Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale, presieduto da Piero Angela e composto da Rita Levi Montalcini, Carlo Rubbia, Silvio Garattini, Margherita Hack, Tullio Regge, Giuliano Toraldo di Francia, Aldo Visalberghi e Umberto Eco. Il quale arrivò a inventarsi, contro i ciarlatani, il premio «Bufala d'oro».


Compare invece nella discussa mostra Caravaggio e sues seguidores, realizzata in Brasile, a Belo Horizonte (Casa Fiat de Cultura, 22 maggio/15 luglio 2012) e San Paolo (Pinacoteca, 25 luglio/ 30 settembre 2012), e poi in Argentina, a Buenos Aires (Museo Nacional, 22 ottobre/15 dicembre 2012), nell'ambito dell'evento 'Caravaggio e i suoi seguaci: conferme e problemi' curato dalla soprintendente per il Polo museale della città di Roma Rossella Vodret, l'ennesimo Battista attribuito al Maestro, un San Giovanni Battista che nutre l'agnello di collezione privata . La mostra, tra l'altro, presenta come autografo anche l'improbabile San Gennaro decollato.


Il catalogo completo della mostra è scaricabile da questo link: http://www.casafiatdecultura.com.br/admin/catalogos/carava.pdf

venerdì 6 luglio 2012

Giovane Caravaggio - Le cento opere ritrovate - I volumi su Amazon

Segnalo il link delle due pubblicazioni, appena uscite su Amazon, che spiegheranno le motivazioni dell'attribuzione dei disegni del fondo Peterzano al giovane Caravaggio, attribuzione che ha portato subbuglio nel mondo dell'arte dato che del Merisi, sino ad oggi, non c'è pervenuto neanche uno schizzo e i suoi unici disegni si possono leggere guardando le radiografie delle opere. Il comune di Milano, tramite l'assessore alla cultura Stefano Boeri, ha invitato comunque alla prudenza (link). Gli autori sono Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli. 

Sinossi

Più di quattrocento anni di oscurità impenetrabile nascondevano uno dei maggiori tesori della cultura mondiale: le opere realizzate da Michelangelo Merisi detto il Caravaggio nel periodo giovanile, prima dell’arrivo a Roma. Nel 2012, i due studiosi italiani, dopo una lunga ricerca, hanno individuato e aperto, a Milano, la porta concettuale nascosta che ha permesso il recupero di cento disegni del giovane Caravaggio - dei quali ottanta saranno ripresi nelle opere della maturità - una decina di ritratti a olio, un biglietto di protesta steso da Merisi. E’ così possibile conoscere il motore segreto di uno dei più grandi pittori di tutti i tempi, smentendo, tra l’altro l’ipotesi diffusa, in base alla quale Caravaggio non avrebbe mai disegnato. La scoperta è illustrata - anche per un pubblico ampio, attraverso un linguaggio accessibile e numerose immagini - in due e-book con più di mille fotografie, in grandissima parte inedite. Nel primo volume (438 immagini): la vita dell’artista alla luce della nuova scoperta, i ritratti ritrovati, il biglietto di Caravaggio, il presunto primo autoritratto di Merisi. E, ancora, in prima assoluta mondiale, il volto di Costanza Colonna, la marchesa protettrice di Caravaggio. "Nulla di tutto quello che Merisi poté dipingere in questa primissima fase è stato mai individuato."Claudio Strinati, Caravaggio, la luce nella pittura lombarda. (Link Vol I su Amazon)



In questo volume, secondo tomo dedicato alla scoperta delle opere perdute del giovane Caravaggio, i cento disegni del pittore trovati a Milano, letti nel confronto con i dipinti noti che rivelano gli straordinari, continui, fitti rinvii tra le prove svolte nel suo periodo di formazione, fino ad oggi sconosciute, e gli oli che Merisi realizzerà, a partire dal primo soggiorno romano. Volti, personaggi, posture che egli combinerà in molti modi, come in un puzzle, per ottenere tutti i capolavori che noi conosciamo. Una convergenza sconvolgente, in grado di dimostrare che Caravaggio partì da Milano, alla volta di Roma, con un bagaglio ricchissimo. Lo studio, oltre ai disegni, recupera dipinti inediti e ricostruisce anche il percorso stilistico compiuto dal pittore, in previsione del trasferimento nella città dei Papi. L’ebook – 658 immagini commentate - presenta, sempre per la prima volta al mondo, anche il volto di Caravaggio fissato dal suo maestro in quattro disegni, in una sequenza cha va dalla fanciullezza alla giovinezza, e quello che parrebbe il ritratto della madre dell’artista, Lucia Aratori. Un viso, legato al concetto di maternità, che egli disegna a Milano e che ripeterà nei più commoventi, dolci, drammatici dipinti in cui è rappresentata la Madonna. (Link vol. II su Amazon)


In concomitanza è uscito anche un sito http://www.giovanecaravaggio.it/ attraverso il quale prendere contatti con gli autori.


lunedì 14 maggio 2012

L'arte sacra tra «FIDES ET RATIO». Riflessioni sull'ultimo libro di Rodolfo Papa

La lettura dell’inscindibile rapporto tra arte e fede e l’analisi delle dinamiche contemporanee getta nuova luce sull’odierno sistema dell’arte e sull’essenza più profonda della pittura proponendo una via d’uscita e un aiuto alla liturgia. 

Ci sono persone che passano una vita a mettere libri in una biblioteca ed altre che mettono un’intera biblioteca in un libro. Discorsi sull’arte sacra (edizioni Cantagalli 2012) di Rodolfo Papa si colloca in questa seconda categoria ed è effettivamente una summa del sistema dell’arte posta al servizio dell’arte sacra autentica. Papa mettendo a frutto la ricca esperienza ventennale maturata in qualità sia di storico dell’arte che di artista e spaziando tra filosofia, storia, teologia, critica d’arte e trattatistica artistica, avendo sempre come saldi punti di riferimento i testi magisteriali, compie uno studio tanto singolare quanto indispensabile. Singolare poiché difficilmente, nell’odierna letteratura sull’arte, si rinviene un volume che fonde con lucidità una lettura della condizione corrente con una riscoperta, e attualizzazione, degli scritti del passato; indispensabile poiché, evitando la strada delle ormai infinite ridefinizioni dell’arte approntate a partire da saperi particolari, evitando quindi ulteriori frammentazioni teoriche, cerca di uscire dal relativismo presente per proporre stabili e logici modelli di riferimento. La struttura scelta per analizzare tale complesso sistema è quella del discorso, come genere letterario e forma espressiva, che permette la focalizzazione su diversi punti e contemporaneamente l’avanzamento verso un obiettivo finale che è quello della definizione dei fondamenti dell’arte sacra. I vari capitoli affrontano diverse questioni particolari e comprendono riflessioni teoretiche ed exempla tratti dalla storia dell’arte e che aiutano a contestualizzare e definire i ragionamenti. Grande attenzione è riservata al chiarimento dei termini linguistici, indispensabili nell’economia dell’analisi, mentre l’uso abbondante della citazione, mai semplice riferimento bensì indicazione funzionale al testo, permette da una parte di seguire il rapporto tra scrittura e immagine nella storia del cristianesimo e dall’altra di conoscere testi contemporanei di studiosi che, pur lontani dal cristianesimo, arrivano ad intuire la soluzione del problema. 

Lo scopo del testo è quello di giungere a definire l’arte sacra e la sue proprietà intrinseche in un’epoca che non solo ha smarrito il concetto di arte, divenuto liquido e soggettivo, ma anche la nozione di sacro, una vera e propria apostasia per la quale Papa individua origini e conseguenze. Così ragionando l’autore arriva a proporre una definizione generale, tratta dai testi classici, che non presenta come dogma ma la innesta nell’odierna speculazione dimostrando come sia possibile ancora riflettere in termini positivi sullo statuto epistemologico dell’arte: ars est racta ratio factibilium. Questa enunciazione è la premessa per l’individuazione di almeno quattro caratteri fondamentali propri dell’arte sacra (e in special modo dell’arte della pittura): universalità, bellezza, figuratività e narratività. 

Il problema di fondo dell’odierna confusione circa lo statuto dell’arte risiede nell’impossibilità di giungere ad una definizione univoca capace di comprendere le diverse forme espressive sorte nel Novecento. Se un tempo c’era uno “stile”, inteso come modo di fare, maniera, che identificava l’artista o un gruppo di artisti accumunati da una stessa visione del mondo, nel contesto dell’attuale crisi dei valori è inevitabile parlare di “poetiche”. La “poetica”, che va a sostituirsi allo “stile”, caratterizza la scelta tecnica, soggettiva, materica e di gesto di un artista, secondo le sue capacità creative e culturali (parliamo infatti dei “sacchi di Burri”, dei “tagli di Fontana”, dei “ready-made di Duchamp”). Mentre uno stile è universale e trasmissibile, poiché rappresenta la totalità dell’esperienza (in relazione alla maniera e alla schola), la “poetica” è slegata dal contesto ed è in relazione solo ed esclusivamente col singolo. L’arbitrarietà del gesto si sostituisce alla solidità delle forme. Dalla nascita dell’estetica come disciplina autonoma in seno alla filosofia gradualmente, nella difficoltà di giungere a definizioni univoche, difficoltà che nasce dal tentativo di considerare l’arte esclusivamente come frutto dello spirito slegata dal dato artigianale, si è assistito ad una progressiva liberazione dalle regole in quanto è l’unica condizione creativa che rimane come possibile strada percorribile. Se a questo aggiungiamo l’erronea lettura evoluzionistica della storia dell’arte che considera ogni scatto successivo delle forme come un progresso arriviamo da una parte all’impossibilità di definire i limiti di questa crescita (ed per contrasto all’idea de “la morte dell’arte”) e dall’altra alla perenne ricerca di cose mai dette prime. Papa nel Discorso sulle Arti, molto intelligentemente, dopo aver analizzato diversi contributi di teorici e critici attuali (Warburton, Shiner, Danto, Belting, Didi-Huberman) mostrando le difficoltà nel giungere ad enunciazioni stabili ed omnicomprensive, propone la celebre frase di San Tommaso per la quale l’arte è la corretta ragione delle cose da fare (“rectra ratio”) e declina al plurale la questione: «se il termine arte è declinato al plurale, come un genere che comprende varie specie, la questione della sua definizione appare risolvibile, anche nella situazione contemporanea». In quest’ottica le “specie” della performance o dell’installazione o ancora della body art avranno bisogno di un proprio statuto e di peculiari regole che qualcuno dovrà fornire e così garantiranno, per diversità, l’identità e la definibilità per esempio della pittura e la possibilità di affermare ciò che è arte e ciò che non lo è. Osservando il sistema da questo punto di vista, inoltre, l’arte cosiddetta “contemporanea” con i suoi rituali di produzione, fruizione e storicizzazione appare ormai cristallizzata e l’apparente multiformità si dimostra già codificata e globalizzata dal mercato che, dalla Pop Art in poi, è espressione vuota di questa apparente creatività. Naturalmente non tutti i generi possono essere al servizio della Chiesa e a riguardo Papa più volte nei vari capitoli si sofferma sulle intrinseche differenze e sui pericoli. Revivals diatopici e diacronici, utopici e ucronici, il recupero del “pensiero selvaggio” e di un primitivismo originale, istanze liberali, libertine e neo-pagane, la ricerca dell’irrazionalismo e dell’esoterismo sono tutte strade cercate dall’Illuminismo in poi con lo scopo di introdurre forme nate da diversi sistemi d’arte per scardinare la struttura dall’interno e scristianizzare l’arte. A differenza del recupero della cultura greco-romana nel Rinascimento, recupero volto a cristianizzare gli elementi pagani, l’anacronismo proprio di diverse avanguardie storiche non ha rapporti con la Chiesa ma guarda a culture arcaiche e ad una visione distorta del sacro. Interessante e originale, il Discorso sulla Luce evidenzia come nell’arte contemporanea si sia passati «da una visione metafisica ad una materialistica» anche per colpa dell’abbandono e/o dell’eccesso della luce. Se in pittura la claritas, la chiarezza e lo splendore, cede il posto al colore, ovvero alla materia che non comunica più visioni celesti ma sempre più si accosta alle bassezze dell’uomo, in architettura avviene il contrario e l’eccesso di luminosità conduce ad una smaterializzazione che rigetta la dimensione creaturale della realtà. Indispensabile, il Discorso sulle immagini e sul corpo parte da un paradosso: pur vivendo in una “società dell’immagine” l’immagine (e il corpo) risulta essere assente proprio nell’ambiente liturgico (sostituita dalla parola o dalla “moda” dell’icona) dove più che mai ne è reclamata la presenza in quanto la religione cristiana comincia proprio con l’incontro con la corporeità di Cristo, di Dio fatto uomo. L’unica immagine accettata oggi è quella tecnologica che ha fini ben meno elevati. L’immagine patinata o artefatta, tecnicamente perfetta (“photoshoppata”), ci parla di un mondo che ha smarrito la ricerca di un’esperienza interiore, che rifiuta la complessità e l’apertura che solo un’arte che cerca di superare i limiti dell’imitazione può garantire. In quest’ottica è da rifiutare la fotografia, in quanto invadenza eccessiva del reale che annulla la mediazione personale, e di conseguenza l’iperealismo: a differenza della prospettiva nata per rappresentare il mondo, e le storie sacre, quanto più vicino temporalmente e spazialmente al fruitore, educando il senso della vista, l’immagine odierna appare disincarnata e non adeguata alla devozione. Nell’arte il corpo si è smaterializzato ripiegando sui suoi umori e liberando la struttura ossea tanto che oggi l’effige del teschio è tra le forme più saccheggiate e abusate. Fondamentale risulta allora il recupero della bellezza che Papa, riprendendo la dottrina scolastico-tomistica, considera nei termini ontologici di “trascendentale”: la bellezza è compiutezza, armonia e splendore (integritas, proportio e claritas) ed è associata alla bontà e al bene. La bellezza trascende l’uomo ed è capace di rivelargli qualcosa della realtà, in questo senso comunica anche la verità; l’uomo, da parte sua, è naturalmente incline ad accoglierla e incontrarla. Anche l’arte, specie se al servizio della liturgia, non può prescinderne dato che le opere d’arte sacra devono esprimere l’infinita bellezza divina e indirizzare le anime a Dio. Sono da rifiutare così le odierne relativistiche concezioni di bellezza (bellezza come assenza, come disarmonia, come straniamento) o le estetiche del brutto poiché come non esiste un male assoluto perché il male è la mancanza di un bene dovuto così non può esistere la bruttezza assoluta che è perdita del bello o non suo perfetto sviluppo. Il Discorso sull’arte sacra è la conclusione dei discorsi precedenti poiché ribadire la centralità delle immagini sacre appare sempre più fondamentale in una società “liquida” e “neotribale” che ha smarrito ogni legame con il trascendente. Come scriveva Joseph Ratzinger la crisi dell’arte è un «sintomo della crisi esistenziale della persona» e pertanto porre alcuni punti certi in un momento tanto confuso non può che essere un fattore positivo. Il capitolo è molto complesso ed esplicativo grazie al costante riferimento ai testi magisteriali dai quali emerge chiaramente come l’arte debba celebrare l’infinita bellezza divina ponendosi al servizio della liturgia, illuminata dalla Fede, evitando l’eccessivo simbolismo e l’esagerato realismo. L’arte sacra, a differenza delle più svariate espressioni creative che sembrano durare il tempo di un’esposizione in un contesto ormai saturo di novità e provocazioni, è sempre viva e si rinnova continuamente nel solco della tradizione. Date quali caratteristiche fondamentali e imprescindibili l’universalità, la bellezza, la figuratività e la narratività la libertà dell’artista (di fede) è molto ampia; la possibilità di riflettere sul passato, inteso quale repertorio di forme e modelli, per proporre visioni e iconografia nuove e comprensibili sempre aderenti al magistero apre spiragli positivi e Papa, da buon artista al servizio della Chiesa, ci mostra con questo testo come vi siano ancora strade percorribili e di come sia irrazionale parlare di “morte dell’arte”. E anche nell’ipotetico caso che tutto questo sapere venga a cadere e che la dimensione del sentimento, dell’istinto, dell’arbitrarietà si sostituisca al proficuo rapporto tra Fides e Ratio, riprendendo il paragrafo L’arte nella spiritualità in riferimento all’episodio della fissazione dell’immagine della Divina Misericordia, è confortante sapere di come vi sia comunque un Altro, al di la di critici e teorie, che continua a comunicare per immagini.

Tommaso Evangelista

Giovedì 24 maggio 2012 ore 17,00
Pontificia Università della Santa Croce, Aula Alvaro del Portillo
Piazza di Sant’Apollinare 49 – Roma

Intervengono:
S. E. Rev.ma Card. Antonio Cañizares Llovera
Prefetto della Congregazione per il Culto divino

Prof. Marco Bussagli
Accademia di Belle Arti di Roma

Prof. Antonio Paolucci
Direttore dei Musei Vaticani

Presiede
Mons. Luis Romera
Magnifico Rettore della Pontificia Università della Santa Croce

Sarà presente l’autore

giovedì 12 aprile 2012

Arte a soqquadro

Quante volte nel guardare dei quadri abbiamo notato quel disordine, quelle accozzaglie di cose sparpagliate per la stanza, tutti quegli oggetti a volte messi alla rinfusa, a volte in un ordine preciso per dare il senso prospettico e della profondità… pensiamo ai fiamminghi e alle loro opere costellate di oggetti più o meno voluminosi, che spesso venivano inseriti carichi di valenza simbolica, specchi, scarpe, animali, secchi, vasi, libri a non finire e disordine, disordine, disordine. Questo ha pensato l’eccentrico e fantasioso artista e cabarettista svizzero Ursus Wehrli guardando i quadri di Van Gogh o di Bruegel, e ha deciso di riordinare quel caos creando delle opere di grafica che hanno un solo obiettivo, fare ordine nelle opere d’arte. Nel libro “Arte a soqquadro“ ha rivisitato simpaticamente i grandi capolavori“disordinati” o affollati di cose e persone con una perizia e una pazienza certosina, grazie al ritocco fotografico. Alcuni esempi molto particolari: le donne di Seurat, realizzate con la tecnica del pointillisme (nota in Italia come divisionismo), sono state private dei puntini, i quali appaiono raccolti e imbustati nell’opera di Wehrli come un sacchetto di coriandoli; e l’affollato villaggio di Bruegel, caotico, pieno di gente, così soffocante che diventa un villaggio desertico e tutti i personaggi vengono “accatastati ” come rifiuti in un altra opera; e l’opera astratta di Haring composta da tanti pezzi, quasi una sorta di mosaico contemporaneo, è stata scomposta e ogni pezzo è stato catalogato per colore. Questa è solo una parte, il lavoro dello svizzero è da vedere perchè strapperà un sorriso agli appassionati di arte che vedranno le opere dei loro pittori rivisitate e completamente sconvolte.

Di seguito alcuni esempi:








mercoledì 1 febbraio 2012

De Bibliotheca - ebook per la storia dell'arte e risorse digitali per umanisti

L'importanza delle biblioteche per lo storico dell'arte è fondamentale. In questo post solo qualche spunto di riflessione e qualche link utile. Il primo è un breve articolo su Artribune La Biasa di Piazza Venezia. Biblioteca old fashion sulla mitica biblioteca di storia dell'arte di Roma che possiede quasi tutto lo scibile in periodici e monografie e la cui bellezza risiede, oltre che nella sede, nella possibilità di prendere direttamente i libri dallo scaffale. Qui il link invece della BiAsa e del fondamentale catalogo con i periodici digitalizzati. Accompagniamo il tutto col poetico testo di Umberto Eco De Bibliotheca, scaricabile da questo link e fruibile, in lettura, sul video in basso. Il testo di Eco parte dal celebre racconto di Borghes, La Biblioteca di Babele, sintesi del pensiero universale dello scrittore argentino. Vorrei segnalare invece qualche sito utile. Da ebookperlarte si possono scaricare gratuitamente comodi ebook tutti di ottima qualità. Una sezione Arte e architettura è presente su LiberLiber con testi storici di Cesare Ripa, Vasari, Lomazzo, Alberti. 

Andiamo adesso più sullo specifico. Da Gliscritti una bella sezione su arte e fede. Su Bibar i testi interi: La pecora di Giotto di Bellosi, Luciano  e Scultura gotica in Toscana. Maestri, monumenti, cantieri del Due e Trecento di Bartalini, Roberto oltre a libri di archeologia. Per gli studiosi di architettura è possibile scaricare articoli dalla rivista del CISA Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio. Sulla pittura napoletana interessanti saggi di Achille Della Ragione. Su Caravaggio c'è una raccolta di articoli dalla rete sul blog Caravaggio400

Fondata a Firenze nel 2000 da Paola Barocchi, la Memofonte propose, come Associazione, la pubblicazione on-line di fonti testuali e figurative di non facile consultazione e reperibilità nell’ambito della storiografia artistica e della storia del collezionismo dal XV al XX secolo. Divenuta Fondazione (dal dicembre 2006), la MEMOFONTE, intende rafforzare la propria identità e rendersi più disponibile, allo scopo istituzionale per offrire aggiornati strumenti di ricerca e archiviazione nel campo dei Beni Culturali. Tra i tantissimi materiali segnalo il carteggio diretto completo di Michelangelo BuonarrotiLa Banca Dati Telematica "Nuovo Rinascimento" accoglie testi elettronici di opere di autori italiani, saggi,bibliografie, materiali didattici e materiali informatici in generale, pertinenti alla storia e all'attualità della letteratura e della cultura italiana. Per gli studiosi medievalisti, invece, c'è Reti Medievali.

Da Engrammi rimando ai Cataloghi dal Guggenheim, a Il gesto dell'arte di Chastel e a E-book di estetica dal Centro Internazionale Studi di Estetica (l'ultimo pubblicato tratta dell'estetica del Carpiccio). Di filosofia ed estetica tratta anche Il giardino dei pensieriImperdibile il nuovo blog di. Rodolfo Papa con tanti articoli che trattano di estetica, arte cristiana e arte contemporanea. Per le arti contemporanee molto interessante la rivista Berenice, edita da Angelus Novus e scaricabile interamente. Su Arte e Psicologia gli articoli da PsicoArt, carato da Stefano Ferrari e da Jartrakor. Una volta c'era l'ottimo sito Libreremo oggi chiuso. L'Argan si trova facilmente in download mentre su usate emule potete scaricare l'enciclopedia  dell'arte di Einaudi con tantissimi testi di storia dell'arte in pdf divisi per secoli. Di pdf con le norme bibliografiche se ne trovano molti online ma volevo segnalare quello predisposto dal celebre periodico Storia dell'ArteDall'università di Venezia una buona raccolta di banche dati e risorse elettroniche per Arte e Architettura.Alla fine di questo post e della carrellata di link sono sempre più convinto che si possono trovare in rete materiali di ottimo livello per lo studio e l'approfondimento, tutto sta nel saperli cercare. E se vi ho fatto risparmiare qualche euro in tempo di crisi segnalandovi dei testi interessanti mi permetto per una volta di rimandarvi alla pubblicità inserita nel blog. Buona lettura!


martedì 10 gennaio 2012

Cataloghi dal Guggenheim

Sul sito del Guggenheim di NY è possibile sfogliare tantissimi cataloghi della loro biblioteca gratis; direttamente dagli archivi è possibile leggere e ricercare molti testi di mostre, anche datate, e, accedendo a quest'altro sito, archive.org, è possibile anche scaricarli.

venerdì 1 luglio 2011

A cosa serve Michelangelo?

Da un po' di tempo volevo segnalare questo libricino, da poco uscite per Einaudi, di Tomaso Montanari dal titolo emblematico A cosa serve Michelangelo? Il punto di partenza è il controverso acquisto del famoso crocifisso da parte dello Stato e tutte le problematiche che una politica del genere pone, ma si parla anche di altro, dal ruolo degli storici dell'arte al degrado della materia nel discorso pubblico. Approfitto quindi di quest'intervista realizzata da Davide Angerame uscita su Artribune per segnalarlo caldamente.



Il caso del falso Michelangelo è uno dei molti casi che tratta Tomaso Montanari per dimostrare come l’arte antica sia diventata “l’escort di lusso” della cultura italiana. Scritto con lucidità e verve, il saggio racchiude in sé i toni acri del pamphlet e le rimostranze dei cahiers de doléances. Ne risulta un atto d’accusa contro la deriva presa dalla moderna ideologia della “valorizzazione” dei “beni culturali” che, secondo il quarantenne docente di Storia dell’arte dell’Università Federico II di Napoli, si trasforma in svendita della nostra arte per pochi euro, in un mondo che capisce solo più gli “eventi” della grande “Disneyland culturale”, mentre languono i tanti musei a chilometro zero, ricchi di connessioni con la storia del territorio che l’Italia possiede e che nessuno più visita.

Il tuo libro presenta un’attenta ricostruzione dell’errata attribuzione del Cristo ligneo (provenienza Gallino) a Michelangelo e relativo acquisto per 3,25 milioni di euro da parte dello Stato. Hai il tono del polemista ma anche la perizia di uno storico. Sull’onda di quale sentimento hai scritto questo libro? L’indignazione?
Uno degli scrittori italiani contemporanei che amo di più, Franco Arminio, ha scritto che “il mondo non cambia perché non lo vuole cambiare quasi nessuno. Il mondo non cambia perché non è mai stato così pieno di ipocrisia”. Dunque, ho scritto questo libro sull’onda di una fredda indignazione, certo, e anche del disgusto per l’ipocrisia, l’impreparazione e l’inadeguatezza di molti di coloro che hanno in mano il mondo della storia dell’arte. Ma l’ho scritto soprattutto animato dalla voglia di cambiare, se non il mondo, almeno il mio piccolo mondo: quello della storia dell’arte.
Il problema del Michelangelo/Gallino è l’emblema di una stortura tutta italiana oppure all’estero non sono messi meglio?
Nessun Paese è perfetto, ma il dilettantismo, la presunzione e l’arroganza (per esempio) del Comitato degli storici dell’arte del Mibac che ha consigliato il ministro di comprare l’opera senza consultare esperti terzi, ma basandosi solo sulla forza della consorteria e della corporazione: beh, questi gravi difetti sono tipicamente italiani e tipicamente della casta accademica italiana. La professoressa Marisa Dalai presiede quel Comitato, nonostante sia in pensione da quasi due anni: in nessun altro Paese del mondo c’è un così grave problema di gerontocrazia. E da vecchi non si è felici di essere contestati: pensi che la professoressa Dalai è furibonda perché la Direzione dei beni culturali della Lombardia mi ha invitato a discutere il libro. E questi sarebbero i liberi intellettuali!
La svolta culturale a cui assistiamo, sostenuta da illustri soprintendenti e protagonisti della cultura artistica nostrana, fa sì che della storia dell’arte non sia più nulla, che il suo senso si svuoti e che di essa si possa fare ciò che si vuole. Davvero la verità non vale più nulla?
Vale in effetti pochissimo. Pochi giorni fa, un signor nessuno fortemente indiziato di cialtroneria ha chiesto al Louvre di prestare la Gioconda a Firenze, e immediatamente la Provincia di Firenze e tutti i media italiani lo hanno seguito come se fosse il pifferaio magico. Nel mondo della storia dell’arte italiana, chiunque può dire di essere Napoleone ed essere creduto.
In Italia quasi nessuno si espone. Tu fai nomi e cognomi. Follia o coraggio soprannaturale?
Semmai un’incoscienza soprannaturale. No, non scherziamo: davvero niente di soprannaturale. Questo è un Paese bizzarro, dove sembra strano fare il proprio lavoro. Ho avuto la fortuna di diventare professore relativamente giovane: abbastanza giovane da ricordarmi cosa pensavo di questo mondo prima di venirvi cooptato. Già, perché da noi il senso critico si esercita dall’esterno: quando si diventa interni, lo si dimentica. E invece io penso che lo Stato mi paghi ogni mese lo stipendio non solo per fare lezioni, esami, tesi e ricerca, ma anche per esercitare il mio senso critico. Se tutti facessero il proprio lavoro, questo Paese cambierebbe.
Trovo molto interessante l’analisi della trasformazione del “vocabolario” applicato ai beni culturali: da beni artistici e belle arti si è passati ai “beni culturali” da “valorizzare” e non più da custodire. Uno slittamento linguistico che apre il campo a una sciagurata gestione che porta al crollo di Pompei e della Domus Aurea. Il caso è, ancora una volta, l’effetto dell’ingerenza politica nella cultura di questo Paese?
Direi di sì. La mutazione delle parole (e chi parla male vive male, direbbe, a ragione, Nanni Moretti) inizia a metà degli anni ‘80 nell’entourage di Bettino Craxi. La radice antropologico-politica della mutazione da “opere d’arte” o da “memoria storica” in “beni culturali” è la stessa da cui nasce la cultura berlusconiana della monetizzazione di tutti i valori. Non a caso ho usato la metafora della storia dell’arte che diventa una escort della vita pubblica italiana.
Mario Resca come l’ultimo dei mali: dovrebbe fare del bene, valorizzare il patrimonio, e invece secondo te lo mette a repentaglio per pochi spiccioli. Cosa faresti se fossi Resca?
Ovviamente non ho nulla contro la persona di Resca. Ma se il Codice dei Beni culturali dice che lo scopo della cosiddetta valorizzazione è l’aumento della cultura dei cittadini (e non del fatturato dello Stato), forse al posto di un manager degli hamburger bisognava metterci un intellettuale. Se fossi al posto di Resca, lancerei una colossale campagna di “marketing” non dell’effimero (mostre ed eventi) o dei capolavori (Bronzi di Riace o Michelangeli veri o presunti) ma del patrimonio monumentale diffuso in tutto il Paese. Ci sarebbe da divertirsi.
Sei molto critico anche con la Chiesa, con le mostre confessionali travestite da esposizioni culturali. L’analisi dell’atteggiamento del Museo Diocesano di Napoli mette in luce come anche il clero soffra di questa malattia che potremmo chiamare “culturteinment”.
Io sono cattolico praticante: quasi mi turba doverlo dire, ma visto che vengo accusato di essere addirittura “anticristiano”, penso sia meglio chiarire come stanno le cose. Ho dunque un motivo in più per essere indignato per il modo grossolano in cui la gerarchia cattolica italiana strumentalizza il patrimonio artistico sacro per ricavare denaro e consenso. Ciò che descrivo nel libro culmina ora con la follia del Papa che si porta dietro in Germania la Madonna di Foligno di Raffaello, come se fosse una prigioniera in catene dietro un trionfo imperiale.
Però questi eventi fanno numeri da capogiro, e in qualche modo tolgono l’arte dai musei per restituirla alle masse di “fedeli” (dell’arte, s’intende). Guardi il caso Goldin con gli impressionisti e Van Gogh. È tutto da buttare?
Dipende dallo scopo che assegniamo all’arte. A cosa serve Michelangelo, e con lui a cosa serve tutto il patrimonio artistico? Se serve a intrattenere, va bene anche Goldin, che usa i quadri come i varietà televisivi usano le ballerine. Ma io non credo che l’arte serva a intrattenere, e nemmeno ad aumentare l’orgoglio nazionale (come posso essere orgoglioso di qualcosa che non capisco e violento?). L’arte serve a diventare più umani, a diventare cittadini consapevoli, a temperare la cecità del presente con la profondità prospettica della conoscenza del passato. E allora è essenziale che non si spostino le opere, ma i cittadini: bisogna viaggiare, visitare le opere nei contesti, conoscere un tessuto complesso, non organizzare luna park effimeri dove tutto è predigerito e finto come a Porta a Porta.
Fai notare che il sistema della critica e delle attribuzioni gira su se stesso, è autoreferenziale, ci sono conflitti d’interesse. E chi si oppone a questo sistema di solito è ottuagenario, ovvero fondamentalmente libero da autocensure. Tu invece sei giovane… Che ne pensi delle nuove generazioni di storici e critici d’arte?
Prima consentimi una battuta: non sono giovane, sono uno storico dell’arte “di mezza età” (come dice di se stesso Lorenzo Bianconi dei Baustelle, che ha due anni meno di me). Un Paese in cui si è ancora “giovani” a quasi quarant’anni, davvero ha qualcosa che non va. Penso che il precariato intellettuale e quello universitario facciano dei danni gravissimi non solo ai giovani storici dell’arte, ma anche al Paese. I migliori tra i nostri giovani passano spesso gli anni migliori della loro vita intellettuale (gli anni in cui potrebbero avere la forza e la fantasia per cambiare i connotati alla disciplina) a compiacere vecchi baroni decotti. Il servilismo e il conformismo sono i veri meriti che vengono ricompensati nella carriera accademica: e se questi sono i presupposti, come si può sperare che qualcosa cambi?
Una battuta sui mass media. Li consideri asserviti alla logica dello spettacolo. Ma come traghetteresti importanti dibattiti di attribuzione che riguardano il patrimonio pubblico, quindi di tutti, con le necessità dei media di semplificare, esaltare e a volte adorare?
Perché dobbiamo partire dal presupposto che i telespettatori siano una massa di imbecilli, fondando su questa presunzione una ignobile gara al ribasso? Il successo diChe tempo che fa o di Vieni via con me (per non fare che due esempi) dimostra che ci sarebbe eccome lo spazio per una televisione di qualità che faccia pensare invece che addormentare il pensiero. Fare della “vera” storia dell’arte in televisione sarebbe fantastico: il pubblico potrebbe, contemporaneamente, divertirsi ed educarsi. E anche vaccinarsi nei confronti di tutte le incredibili bufale che fioccano ogni giorno in una disciplina infestata da cialtroni e millantatori di ogni sorta.
Qual è il rimedio a questa errata attribuzione? Cosa speri per il futuro di nostri “beni culturali”, visto che le risorse scarseggiano? L’intervento a favore del Colosseo è una strada praticabile e auspicabile?
Per il cosiddetto Michelangelo mi aspetto, certo ingenuamente, che il Ministero dei Beni culturali ammetta l’errore, lo restituisca e si faccia rendere i soldi. E spero che la magistratura faccia la sua parte. Quanto ai privati, benissimo se hanno un ruolo di arricchimento e integrazione, ma non possono supplire al ruolo dello Stato. Il nostro patrimonio straordinario nasce da un millenario investimento di denaro, che ha “reso” arte. Oggi dobbiamo decidere se abbiamo interesse a continuare a investire denaro in quel patrimonio: così come si fa negli ospedali e nelle scuole. I dividendi del patrimonio artistico sono le cure dell’anima: memoria collettiva, cittadinanza, liberazione intellettuale, felicità. Chi può dire che non ne abbiamo bisogno quanto abbiamo bisogno delle cure del corpo?
Nicola Davide Angerame

giovedì 23 dicembre 2010

Da Munari alla scimmia

Qualche consiglio di lettura per le feste. Ce ne sarebbero tanti ma scelgo qualcosa di leggero e piacevole.

Il primo è un fumetto di Alessandro Baronciani: Le ragazze dello studio di Munari.
Per sfuggire al dolore di essere stato lasciato dalla sua fidanzata, Fabio, libraio e collezionista di libri usati e di antiquariato, si rifugia in un mondo fatto di film e libri del designer Bruno Munari. Il risultato sarà però una complicata relazione sentimentale con tre ragazze contemporaneamente, tre amori fra cui Fabio non riesce a scegliere quale possa essere quello vero.










Il secondo è un libro di pseudobiografie. Di Francesca Bonazzoli: L'inganno della scimmia.
Si tratta di lettere, dialoghi  o discorsi di venti artisti scritti dall'autrice sulla base di precise fonti storiche e biografiche. Non tutte sono all'altezza ma si conoscono molti retroscena della vita degli artisti. Il vizio del gioco che ogni notte trascina nel fango Guido Reni, divin pittore della Controriforma; l'avarizia di Michelangelo, controllato speciale dell'Inquisizione; i veleni dell'alchimia che conducono alla morte Parmigianino e la grettezza di Velázquez che rinuncia all'amore per inseguire il potere. L'ipocondria di Munch, l'erotismo morboso di Schiele, l'inettitudine di Vermeer, fantoccio nelle mani della ricca suocera, e le false testimonianze di Rembrandt per far internare l'ex amante e non pagarle un vitalizio. Ma anche la gioia di vivere e la nostalgia di Rubens per gli anni della gioventù trascorsi in Italia, gli uomini di Suzanne Valadon e le passioni di Sofonisba Anguissola, fra la Sicilia e la severa corte di Spagna. Dietro i capolavori di venti grandi artisti, rancori, tradimenti, avvelenamenti, debolezze e sogni mai confessati nelle pagine ufficiali della storia dell'arte. In queste immaginarie autobiografie senza censure, i genii della pittura tolgono la maschera e tornano a essere semplici uomini.

lunedì 18 gennaio 2010

L’oscurità di Caravaggio e il Lomazzo

L’oscurità di Caravaggio deriverebbe dal Lomazzo. Interessante colta e leggera biografia dell’artista quella scritta dall’ex sovrintendente di Roma Claudio Strinati e uscita recentemente da Arte’m. Lo storico dell’arte mischiando ricordi, impressioni, studi, incontri con i maggiori studiosi (Zeri, Longhi, ecc.) traccia in poche pagine un mirabile sunto dell’esperienza artistica e umana dell’artista palesando questa probabile chiave interpretativa.

Naturalmente riscontri storici e documentari non ci possono essere ma il Caravaggio, durante il suo periodo di formazione a Milano presso la bottega di Peterzano, entrò sicuramente in contatto col Lomazzo, mediocre artista ma eccellente teorico diventato tale solo una volta caduto nella cecità più completa. La sua Idea del tempio della pittura, l’opera più metafisica, offre una descrizione della natura umana e della personalità sullo schema della teoria dei quattro temperamenti, contentente spiegazioni sul ruolo dell'individualità nel giudizio e nella invenzione artistica. Nel testo la Pittura è descritta come un tempio le cui colonne sono i Sette Governatori dell'Arte: Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Polidoro da Caravaggio, Andrea Mantegna, Tiziano, Gaudenzio Ferrari. Nell’oscurità il Lomazzo faceva teoria e probabilmente al Caravaggio restò, come impressione, la sua speculazione sul buio.

Lomazzo-autoritratto come Abete_zavargna Caravaggio%20in%20autoritratto-David%20con%20la%20testa%20di%20Golia-Roma-Galleria%20Borghese

“Caravaggio imparò che il pittore può pensare il buio e essere, nel contempo, uno che vede meglio di ogni altro. Chi non vede avendo conosciuto il bene della vista, sa rappresentare anche la dimensione della cecità, del buio e della incomprensione carica di pietà. Una sfida immane... Nacque a Milano nel 1571 e morì a Porto Ercole nel 1610. Ebbe innumerevoli seguaci italiani e stranieri. Il termine caravaggismo è ancora adesso utilizzato e ha un significato intuitivo". (Claudio Strinati).

La “vera” vita di Caravaggio secondo Claudio Strinati.

domenica 10 maggio 2009

Morte malinconica del Ragazzo Ostrica ed altre malinconie

Oltre ai film, il genio visionario e dark di Tim Burton si è cimentato anche in un libro dal titolo "La Malinconica Morte del Ragazzo Ostrica", pubblicato nel 1997 (in Italia per Bompiani). Un libro di poesie dai versi e dai personaggi alquanto macabri, tristi e malinconici: dal bambino con i chiodi negli occhi alla bambina spazzatura; dal bambino con la testa di melone al bambino-pinguino.

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Un libro di poesie e di splendidi disegni, schizzi semplici e grotteschi tipici del suo stile, creature mostruose che non fanno paura in fiabe antiche (come quelle dove la crudeltà era spesso usata per stimolare la morale infantile) e moderne, semplicità e fantasia e quel gusto per uno stile visionario; una malinconia minimale che lascia alla fine un sottile senso di straniamento e di dolceamaro.

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Ed a proposito di Tim Burton voglio segnalare questo visionario cortometraggio, surreale, malinconico, romantico e struggente che tanto mi ricorda il suo stile; è stato scritto e diretto da Jeff Desom mentre l’autore, e anche attore nel video, della splendida colonna sonora è il pianista e compositore tedesco Volker Bertelmann, in arte Hauschka. La particolarità di questo artista è quella di suonare il "piano preparato", ovvero un pianoforte in cui vengono inseriti oggetti vari sui martelletti o sulla tastiera per giocare con i vari suoni.


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