giovedì 19 novembre 2015
sabato 21 dicembre 2013
Raffaello e le Vie Lauretane - Un autoritratto inedito del pittore
mercoledì 29 febbraio 2012
Giovanni Reale - La stanza della Segnatura
lunedì 5 dicembre 2011
In giro per mostre a Roma - da Raffaello e Michelangelo a Caravaggio
giovedì 6 maggio 2010
Raffaello ritrovato - la Perla modenese
sabato 5 settembre 2009
Picasso, Raffaello e la Fornarina
“L’arte non è casta […] se lo fosse non sarebbe arte”. Questa frase di Pablo Picasso ci fa comprendere come l’eros sia uno dei temi e delle ossessioni nelle opere dell’artista a cominciare dal "Bordello filosofico" del 1907, più noto come “Les demoiselles d'Avignon”, per passare alle varie tauromachie.
L'eros di Picasso è un "eros mediterraneo" dalle tinte forti e dal tratto deciso che trova spesso la sua strada tra le maglie della grande pittura del passato rivisitata con un occhio alle forme ed un altro verso quella tensione inconscia verso l’erotismo e la sensualità che l’artista rintraccia nei capolavori e che trasfigura con la sua linea sensuale e vibrante, una linea continua che da forma alle cose e alle sue visioni, che scompone il corpo distorcendolo in pose acrobatiche.
Nel 1968 l’ottantasettenne Picasso è rintanato nella sua casa sulla collina di Mougins con Jacqueline. Lavora incessantemente, giorno e notte, in preda a una febbre creativa inarrestabile. Seduto al tavolo della sala da pranzo, una stanza accogliente colma di libri e di tele, incide senza tregua, sperimenta, asseconda un’urgenza espressiva dirompente che a tratti rasenta l’ossessione.
Lo fa per sei mesi; sei mesi in cui genera 347 carte che sono il racconto di una vita, la narrazione sagace ed ironica del suo immaginario erotico ed onirico. Tra queste carte le performance erotiche di Raffaello e la Fornarina, con personaggi illustri (tra cui Michelangelo ed egli stesso) in veste di occhiuti voyeur.
E questa è l’interpretazione di Milo Manara della scena, tratta dall’album “Modelle”.
Picasso, l'arte, le donne (Vedi).
giovedì 16 luglio 2009
Le zucchine della Farnesina
La Villa Ghigi realizzata dal Perruzzi tra il 1506 e il 1509, definita la Farnesina dopo l'acquisto fattone dal cardinale Alessandro Farnese nel 1590, situata a via della Lungara, è forse uno degli esempi più belli di quella riscoperta del mondo classico avvenuta durante il Rinascimento. Costruita col preciso scopo di essere preposta a villa delle delizie, questa residenza suburbana, ma inserita pienamente nel circuito stradale principale della Roma del tempo, vanta un ciclo di affreschi di inestimabile rilevanza: vi lavorarono tra i tanti il Peruzzi, Sebastiano del Piombo, il Sodoma,Raffaello e la sua bottega.
Proprio alla bottega di Raffaello si deve forse il ciclo di affreschi più famoso, quello con le Storie di Amore e Psiche, realizzati nella seconda loggia la quale in origine costituiva la loggia di accesso alla dimora. Di questo ciclo, concepito come un pergolato al di là del quale si scorgono porzioni di cielo in cui si svolgono gli episodi della favola narrata da Apuleio nell'Asino d'Oro, volevo sottolineare però gli splendidi festoni realizzati da un aiuto di Raffaello: Giovanni da Udine.
Per il finto pergolato questi realizzò una decorazione, ispirata agli affreschi romani, che comprende un trionfo di frutta e di fiori (se ne contano circa 150 specie diverse) del tutto verosimili e assemblati con una tale fantasia e vividezza che nessun altro pittore riuscì ad eguagliare.
Tra i tanti capricci realizzati da Giovanni vengono subito all’occhio una serie di composizioni basate su zucchine, cetrioli ed altre verdure lungiformi, che prendono effettivamente la forma di falli e che si pongono quali elementi apotropaici di fertilità e di buon augurio per il banchiere Ghigi.
Il più notevole, ricordato anche dal Vasari, è il capriccio posto sopra Mercurio (divinità anche della fecondità) ed indicato dalla stessa divinità.
“…sopra la figura di un Mercurio che vola ha finto per Priapo una zucca attraversata da villucchi, che ha per testicoli due petroncioni, e vicino al fiore di quella ha finto una ciocca di fichi brugiotti grossi, dentro a uno dei quali, aperto e troppo fatto, entra la punta della zucca col fiore, il quale capriccio è espresso con tanta grazia, che più non si piò alcuno immaginare”.
Vasari, vita di Giovanni da Udine.
Su questo ottimo sito troverete un’analisi di tutti i frutti ed i fiori del pergolato, con la loro precisa collocazione.