Visualizzazione post con etichetta Incisione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Incisione. Mostra tutti i post

sabato 17 maggio 2014

Cristianesimo e Astrologia - Il cielo cristiano di Schiller

Nel 1627 l'astronomo gesuita Julius Schiller disegnò il “Cielo stellato cristiano”, che proponeva di sostituire il mondo mitologico greco con quello ispirato al Vecchio e al Nuovo Testamento, per cui le Costellazioni zodiacali vennero denominate con i nomi dei dodici Apostoli, mentre le Costellazioni boreali e australi con i nomi dei personaggi del Nuovo e Antico Testamento. Questa idea fu ripresa anche da Andrea Cellario nel 1661, ma poi il progetto decadde nella fatidica data del 1666, quando Astronomia e Astrologia furono separate dagli "scientisti mentaloidi". Julius Schiller pubblicò nel 1627 ad Augusta il suo "Coelum Stellatum Christianum", accompagnato da eleganti disegni che raffiguravano i nuovi signori delle stelle.


Questo è l’elenco delle costellazioni dello Zodiaco con il corrispondente sostituto cristiano:

Ariete – Pietro
Toro – Andrea
Gemelli – Giacomo Maggiore
Cancro – Giovanni Evangelista
Leone – Tommaso
Vergine – Giacomo Minore
Bilancia – Filippo
Scorpione – Bartolomeo
Sagittario – Matteo Evangelista
Capricorno – Simone
Acquario – Giuda Taddeo
Pesci – Matteo


"Coelum Stellatum Christianum" di Julius Schiller, Augusta 1627

Schiller tentò di sostituire anche i nomi dei corpi del sistema solare: il Sole, che è vita e luce, sarebbe diventato Cristo, re del cielo cristiano; Mercurio sarebbe stato rinominato come Elia di Tisbi, annunciatore della nascita di Cristo e profeta del secondo Avvento, salito al cielo con un carro di fuoco; Venere avrebbe dovuto prendere il nome da Giovanni Battista, colui che annunciò la prossima venuta di Gesù, così come il pianeta annuncia il sorgere del Sole; Marte sarebbe stato sostituito da Giosuè, forte in battaglia, colui che portò il popolo di Israele verso la Terra Promessa; Giove sarebbe stato chiamato Mosè, prediletto da Dio e dagli uomini, il principe dei popoli che ha ricevuto i precetti direttamente da Dio; Saturno, padre degli dei che tra le stelle erranti (i pianeti) occupa il posto più alto, (a quei tempi era l’ultimo pianeta conosciuto), avrebbe preso il nome di Adamo, il capostipite del genere umano. Il satellite naturale della Terra, la Luna, sarebbe stata la Beata Vergine Maria.
Una volta che ebbe dato il nome dei principali protagonisti del Cristianesimo ai sette antichi pianeti, il gesuita tedesco rinominò anche il resto delle stelle con grande lena e quello che ne risultò fu un cielo molto casto e pio. Per fare qualche esempio la Nave Argo diventò l’Arca di Noè; l’Idra si trasformò nel Fiume Giordano; al posto del Centauro mise Abramo e Isacco; Eva occupò lo spazio di Ape, Mosca e Camaleonte; il Sepolcro di Cristo prese il posto di Andromeda; il Cigno diventò la Santa Croce; Cassiopea lasciò il posto a Maria Maddalena; l’Orsa Minore fu soppiantata con San Michele e l’Orsa Maggiore dalla Barca di Pietro. 
Ma tale rivoluzione non ebbe successo, perchè miti tradizionali erano troppo radicati e continuarono ad essere privilegiati anche in ambienti ecclesiastici. Rimangono le splendide e preziose tavole del 1627. 





La rivoluzione di Schiller non ebbe molti seguaci e si esaurì all’apice del suo successo nel 1661, quando Andrea Cellario propose il suo "Atlas Coelestis seu Harmonia Macrocosmica", pubblicato ad Amsterdam.

Cellario, in questa opera, ha dedicato due delle ventinove tavole al cielo cristiano, una per ogni emisfero, la tavola 24 e le tavole 25 e 26, e nelle pagine dedicate al commento di queste si è dilungato sul progetto di Schiller.


"Atlas Coelestis seu Harmonia Macrocosmica" di Andrea Cellario, Amsterdam 1661

domenica 9 giugno 2013

Il sogno nel Rinascimento - La mostra a Palazzo Pitti

“Se il sogno è di per sé fenomeno notturno e spesso inquietante, coincidente con una vacatio dell’anima cosciente che spalanca le porte della più abissale interiorità umana (ma anche, secondo radicate credenze, apre varchi al Divino), la rappresentazione del sogno è per gli artisti d’ogni tempo una sfida giocata sul duplice terreno della convenzione e della fantasia. 
E nel Rinascimento, le risposte artistiche a questa sfida furono – lo vedrà chi visita la mostra o sfoglia il catalogo – quanto mai varie e illuminanti” (Cristina Acidini).

Michele di Ridolfo del Ghirlandaio (Firenze 1503-1577) da Michelangelo
Allegoria della Notte
1553-1555 ca
Le parole della Soprintendente Cristina Acidini introducono con efficacia alla mostra che offrirà al visitatore la possibilità di addentrarsi per la prima volta in un argomento così coinvolgente e affascinante come il Sogno nel Rinascimento, cercando di metterne in luce la ricchezza e varietà.

Il tema del sogno assume infatti un rilievo particolare nella mitologia antica e nella cultura del Rinascimento, come dimostra il suo diffondersi nelle arti figurative ed in particolar modo in opere di soggetto religioso o legate alla riscoperta dei miti antichi.

Profetico o premonitore, illustrato da episodi celebri dell’Antico Testamento (i sogni del Faraone spiegati da Giuseppe ebreo, il sogno di Giacobbe, etc.) o dall’agiografia visionaria (sogni di Costantino, di san Francesco, di santa Orsola, etc.), il sogno si offre anzitutto come manifestazione e rivelazione di un altro mondo. Esso manifesta altresì, in senso profano, le possibilità induttive e speculative offerte all’animo umano; trasfigura il vissuto quotidiano e rivela la sua dimensione erotica; viene ad occupare un ruolo prezioso nella teoria e pratica dell’arte, non meno attente all’attività onirica che la letteratura, la filosofia o la medicina.

“Il taglio iconografico e iconologico scelto, inconsueto per le esposizioni italiane, consentirà al pubblico di guardare con occhi diversi ad opere celebri come, ad esempio, il Sogno del Cavaliere di Raffaello della National Gallery di Londra, cui, per la prima volta, sarà accostata la fonte principale fornita al Sanzio, il poema latino dei Punica di Silio Italico, stampato a Roma fra il 1471 e il 1472” (Alessandro Cecchi).

Lorenzo Lotto (Venezia 1480-Loreto 1556)
Apollo addormentato
1530 ca
Varie sezioni articoleranno la mostra, cominciando da quelle che definiscono e precisano il contesto nel quale il sogno si manifesta: la notte, il sonno. La Notte, che inaugura il percorso espositivo, vi sarà rappresentata con tutta la sua complessa simbologia ed in particolare attraverso alcune delle tante derivazioni plastiche e pittoriche tratte dalla Notte che Michelangelo scolpì nella Sagrestia Nuova, per il monumento funebre in memoria a Giuliano de’ Medici. La sezione successiva, intitolata La Vacanza dell’anima, metterà in primo luogo in risalto le opere legate al sonno, ne presenterà poi altre inerenti ai miti della classicità come il Fregio della Villa Medicea di Poggio a Caiano di Bertoldo, ma anche opere letterarie come la celebreHypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, in cui il sogno svolge un ruolo fondamentale. Li affiancano dipinti e incisioni di soggetto mitologico e allegorico, alcuni per la prima volta esposti a Firenze come il Sogno del cavaliere di Raffaello della National Gallery di Londra e il dipinto con Venere e Amore addormentati e spiati da un satiro del Correggio proveniente dal Museo del Louvre.

Visioni dell’Aldilà tratterà il tema del sogno nella tradizione biblica e religiosa, con esempi grafici e pittorici dei secoli XV e XVI, dal Sogno di Giacobbe all’Interpretazione dei sogni da parte di Giuseppe, ai Sogni e Visioni di sante e santi come Elena, Orsola, Caterina d’Alessandria, Agostino, Girolamo.

Anonimo fiammingo
Il sogno di Raffaello
tavola
Di importanza fondamentale è la sezione intitolata La vita è sogno, che trae origine dall’eccezionale fortuna iconografica di un disegno di Michelangelo, Il Sogno o la Vanità dei desideri umani, come dimostra il gran numero di riprese e copie che ne sono state eseguite, fra le quali quelle di Giulio Clovio, Francesco del Brina, Battista Franco, etc. Nella stessa sezione I sogni del principe, presentano la figura di Francesco de’ Medici ed il suo particolare e fecondo rapporto con il sogno, di cui ci sono pervenute varie testimonianze, spesso impregnate di fantastica teatralità (come L’Allegoria dei Sogni del Naldini che si trova nello Studiolo), in questo simbolicamente rivelatrici di quanto e come il Sogno fosse al centro del dibattito culturale della fine del Rinascimento. Sono, in questo ambito, presentati disegni, documenti, dipinti fra i quali il Ritratto di Bianca Cappello di Alessandro Allori con al verso l’iconografia del celebre Sogno di Michelangelo e, sempre dell’Allori la rara Spalliera di letto dai motivi onirici, conservata nel Museo Nazionale del Bargello.

La penultima sezione Sogni enigmatici e visioni da incubo presenterà opere inquietanti e di difficile interpretazione come la stampa raffigurante Il sogno del dottore di Albrecht Dürer dove è difficile comprendere se l’artista abbia rappresentato un sognatore tentato da Venere oppure i pericoli dell’accidia, o Cibele che si prende gioco di un alchimista addormentato davanti al suo forno. Ancora opere da incubo, abitate dal Diavolo inteso come Separatore, il grande Trasgressore e provocatore di incubi, che si affaccia quando la sovranità del giorno si arrende e appare il lato oscuro delle cose: ed ecco le visioni dell’Inferno
o le Tentazioni di Sant’Antonio, di Bosch, Brueghel, Jan Mandijn e Met de Bles.

Battista Dossi (Ferrara 1490 ca-1548)
Allegoria della Notte
1543-1544
La mostra si conclude con un richiamo all’Aurora considerata nel Rinascimento come lo spazio - tempo dei sogni veri (rappresentata da un dipinto di Battista Dossi) per aprirsi, infine, al Risveglio (con il Risveglio di Venere di Dosso Dossi, Bologna, Collezione Unicredit Banca) come espressione della ciclicità paradigmatica e complementare del tempo.

La mostra - promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Firenze Musei e l’ Ente Cassa di Risparmio di Firenze - è stata organizzata dalla stessa Soprintendenza del Polo Museale di Firenze e dalla Réuniones Musées Natoniaux Grand Palais di Parigi dove avrà una seconda sede al Musée du Luxembourg (9 ottobre 2013 - 26 gennaio 2014 - con la cura di Chiara Rabbi Bernard, Alessandro Cecchi e Yves Hersant, che hanno curato anche il catalogo edito da Sillabe.
Sito: http://www.unannoadarte.it/ilsognonelrinascimento/index.html

Mi permetto di rimandare, poichè in mostra, a questa mia breve ricerca Raimondi e il "Sogno di Raffaello" dedicata alla celebre e enigmatica stampa dell'artista

Marcantonio Raimondi (S. Andrea in Argine?, Bo, 1480 ca-Bologna)
Il sogno di Raffaello
1508 ca

martedì 21 febbraio 2012

I balli di Sfessania di Jacques Callot

Ultimo giorno di carnevale voglio condividere la serie quasi completa di stampe dette "I balli di Sfessania" di quel genio dell'incisione che è Jacques Callot. Col suo personalissimo segno grafico, vibrante e preciso, descrive una serie di maschere della commedia dell'arte intente a ballare il ballo di Sfessania, secondo alcuni la forma più antica di tarantella partenopea. La serie, edita tra il 1621-1622 è da molti ritenuta la più bella prova grafica dell'incisore francese. (un articolo di Mauro Gioielli).

















martedì 31 gennaio 2012

La magnifica visione

Roma, la magnifica visione, ovvero la città eterna sognata, immaginata, veduta e riprodotta da tanti artisti nel corso dei secoli. In questo post solo un paio di impressioni d'arte. Da una parte le sorprendenti visioni di Giovanni Tommasi Ferroni, figlio del celebre Riccardo, che ha elaborato negli ultimi anni, forse più di altri, l'immagine barocca dell'Urbe presentando vedute di indubbio fascino dove visione e sogno si sommano alle auliche architetture della città in un tripudio di forme, linee e figure barocche. Nei cieli dell'artista, sulle cupole più famose, vortica tra fumi d'incenso un nugolo di angeli, proprio quelli che ci immaginiamo salire intorno ai monumenti più famosi ma che, pur intuendo, non riusciamo a percepire. Dall'altra, invece, due video che entrano letteralmente dentro due celebri vedute panoramiche dell'800 mostrandoci una roma ancor non alterata da lavori e demolizioni, in intimo contatto con le sue rovine e splendente nella sua magnificenza: il panorama dal campanile di S. Maria Nova di Luigi Rossini e la veduta generale di Roma dal Gianicolo di Luigi-Nisi Cavalieri e Augusto Marchetti.

Fumi d'incenso da S. Ivo alla Sapienza, 2009
Conflitto aereo sopra la chiesa dei Santi Luca e Martina, 2009  
Fumi d'incenso da sant'Andrea della valle, 2009
Azione arcangelica sopra S. Andrea Della Valle, 2009

mercoledì 13 luglio 2011

I mostri dell'Aldrovandi

Homo Fanesius auritus
Gallus Indicus auritus tridactylus
Il bolognese Ulisse Aldrovandi (1522-1605), naturalista e botanico, è autore di uno dei testi più noti, in materia di mostri: la Monstrorum Historia, pubblicata postuma nel 1642. La versione che ci è giunta è però stata rimaneggiata da Bartolomeo Ambrosini (1588-1657), che ha aggiunto le proprie considerazioni e integrazioni con altri scritti. L'opera è caratterizzata da un certo rigore rispetto ai testi dell'epoca: non si trovano elementi magici, prevale l'esigenza di classificazione e di raccolta enciclopedica con una certa attenzione per l'osservazione naturale e l'illustrazione scientifica, anche se, quest'ultima non esce dagli schemi poco realistici del tempo. A Bologna Aldrovandi ha a disposizione un vero e proprio museo che raccoglieva all'incirca 11.000 esemplari di animali e vegetali, 7.000 piante secche e 8.000 disegni a colori. Nella sua classificazione dei mostri, Aldrovandi è interessato soprattutto alle cause della loro insorgenza che classifica in quattro tipi: per eccesso o per difetto di materia; per ibridazione tra animali di specie diverse; per l'influsso dell'immaginazione; per cause superiori e divine. Sulla prima causa lo scienziato non fa che riproporre le teorie degli antichi greci, in particolare Ippocrate e Aristotele: l'abbondanza o la scarsità di semenza durante il concepimento generano mostri per eccesso o per difetto. Seguendo Ippocrate, inoltre, spiega che anche le dimensioni della matrice - cioè l'utero - troppo larga o troppo stretta possono generare individui malformati, troppo grandi nel primo caso, o troppo piccoli e schiacciati nel secondo. Questo tipo di malformazioni, perciò, deriva da processi embriologici nei quali, per cause accidentali, la natura è impedita a svolgere il suo percorso. Da questo punto di vista i mostri sono dunque dei fenomeni perfettamente naturali. L'influenza di Aristotele si sente anche a proposito degli incroci tra diversi animali. Qui, tuttavia, Aldrovandi si mostra meno rigoroso del filosofo greco - che aveva limitato la possibilità di questi eventi - e descrive numerosi improbabili ibridi fantastici come il capriasino (incrocio di un caprone con un'asina), l'hippotaurus (cavalla e toro), il cicursus (capro e scrofa), l'equicervus (cervo e cavalla). Addirittura, per spiegare l'esistenza di alcune popolazioni mostruose come i cinocefali o altri popoli fantastici, viene ammessa l'ibridazione tra l'uomo e gli animali: capra e uomo, cane e donna e così via. 

Infans [..]^,
 cum promuscide, & capitibus animalium
Tra le cause naturali che portano alla formazione dei mostri si ritrova in Aldrovandi (come in Lemmio e Paré) la concezione del coito con la donna mestruata. Il tabù delle donne mestruate aveva origini antichissime e si ritrova in molte culture, tra cui quella ebraica e cristiana. Nelle sacre scritture la donna in quel periodo viene considerata come un essere immondo che deve essere isolata e necessita di riti di purificazione (Levitico). Un'altra causa dell'insorgenza dei mostri è individuata nel ruolo che avrebbe l'immaginazione della madre durante l'atto sessuale o durante la gravidanza. Anche in questo caso, vale la pena di ricordare che nella Bibbia (Genesi 30, 31-43) Giacobbe parla di alcune le pecore che avevano partorito agnelli striati perché negli abbeveratoi erano stati piantati dei rami a strisce. L'idea che le fantasie della madre potessero imprimere al feto forme mostruose è una credenza molto antica che si ritrova in tutte le epoche sino al tardo '700 e che sopravvive sino ai giorni nostri nelle credenze popolari dell'origine delle "voglie" dei neonati.

Le credenze degli antichi si risentono in modo evidente anche a proposito della quarta categoria di mostri, quelli dovuti a eventi miracolosi, astrologici e divini. Queste cause consentono ad Aldrovandi di spiegare i fatti più incredibili, come le uova d'oca che contenevano un'effigie umana con vipere al posto dei capelli, o con colli e teste d'oca. Questi eventi venivano per lo più interpretati come ammonimenti divini contro una vita empia.Tra le narrazioni fantastiche si ritrova quella dell'uccello manucodiata, che si riteneva privo di piedi e, perciò, perennemente in volo; la descrizione dell'unicorno e dei poteri anitivenefici della sua escrescenza; il ritrovamento nella campagna di Bologna di un dragone a due zampe (probabilmente un rettile gravemente malformato) i cui resti essiccati furono conservati nel museo.  Nelle illustrazioni di Aldrovandi - nello spirito dell'epoca - non c'è nessun realismo: le fonti dei disegni si basavano in gran parte sui fortunati libri degli antichi, perpetuandone l'iconografia fantasiosa.  In ogni caso, anche quando gli illustratori avevano a disposizione dagli esemplari del museo da riprodurre, si trattava di reperti per lo più essiccati e la filosofia che guidava le loro illustrazioni era quella di accentuare le somiglianze che intravedevano e non di riprodurre fedelmente l'esemplare. In questo modo, seguendo criteri artistici più che scientifici, prendevano forma i fantastici mostri quadrupedi con la testa di uccello, i draghi alati e via dicendo. 
Le raffigurazioni dei feti mostruosi, per esempio, sono indicative: i disegni raffiguravano il mostro come sarebbe stato se fosse diventato adulto, includendo così tutto il retroterra teorico, mitico e prodigioso dell'epoca. (Fonte).

Dall'ottimo blog BibliOdyssey una carrellata di incisioni in alta risoluzione di queste singolari figure.

Monstrum Marinum rudimenta habitus Episcopi referens
Monstrum tetrachiron alatum capite humano aurito

sabato 23 ottobre 2010

Il giardino di Polifilo in 3D

Interessante testo, più che altro un gioco, che ricostruisce i mitici scenari, allegorici, del giardino di Polifilo così come ripresi dalle bellissime xilografie di Aldo Manuzio a commento del testo di Francesco Colonna Hypnerotomachia Poliphili. Da questo link lo scan completo del testo.
"Il volume presenta la ricostruzione virtuale del giardino ideale illustrato nella "Hypnerotomachia Poliphili" di Francesco Colonna, il più celebre incunabolo stampato da Aldo Manuzio a Venezia nel 1499. Fra i libri del Rinascimento, l'Hypnerotomachia è quello che ha influenzato maggiormente le scelte architettoniche, ma soprattutto simboliche e ideologiche del giardino cinquecentesco" (link).



sabato 2 ottobre 2010

Roma - La magnifica visione

L'anno scorso si è svolta a palazzo Braschi la mostra  Roma, la magnifica visione. Vedute panoramiche del XVIII e XIX secolo dalle collezioni del Museo di Roma. In questa occasione dall’immenso patrimonio del Museo di Roma sono state selezionate 35 opere delle quali la gran parte su carta, acqueforti, acquerelli e tempere e alcuni dipinti. La mostra sottolinea la diffusione dell’immagine di Roma, ripresa da luoghi deputati, dai quali si poteva godere di una vista unica sulla città , quali Villa Ludovisi, il Gianicolo, l’Aventino e Monte Mario. Una Roma molto diversa da come ci appare oggi, che si presentava agli occhi di artisti e di viaggiatori come una immensa e sorprendente sequenza di monumenti, percorsa dal Tevere e circondata dalla campagna.


Oltre al grande valore documentario, la mostra ha un notevole fascino. Tra le opere, la Veduta dalle pendici di Monte Mario di Giovanni Volpato del 1779, la spettacolare acquaforte con il Panorama di Roma dal Casino di Villa Ludovisi di Carl Ferdinand Sprosse (della metà dell’Ottocento), lunga più di sette metri, e il Panorama circolare del Palatino di Thomas Shew (1827). Tra i dipinti, la Veduta di Roma da Villa Malta di John Newbolt (1834) e il famoso Panorama da Monte Mario di Ippolito Caffi (1857), insieme agli acquerelli di Corrodi e alle litografie colorate di Harding.


Dall'ottimo gruppo su facebook Roma Sparita due video che ci offrono una carrellata su due panorami in particolare: il panorama di Roma dal campanile di S. Maria Nova di Rossini e la Veduta generale di Roma dal Gianicolo di Nisi-Marchetti del 1848. Sembrerà di spostarsi con lo sguardo e si osserverà una Roma "inedita" e spettacolare.



lunedì 19 ottobre 2009

L’opera grafica di Vincent Van Gogh

Voglio mettere in evidenza forse l’aspetto meno conosciuto dell’opera di Van Gogh. Vincent fu un prolifico artista (1000 disegni, circa 900 dipinti e 300 tra schizzi ed acquerelli) e tra le varie forme di espressione si cimentò anche con la grafica producendo dieci splendide opere: 9 litografie e un’incisione all’acquaforte. Van Gogh era un grande ammiratore degli incisori Britannici, i lavori dei quali venivano pubblicati su molte delle riviste più diffuse all'epoca. Memore di questi artisti, i cui lavori di grafica collezionava con molto entusiasmo, Van Gogh stesso iniziò a sperimentare la litografia nel 1882. Sebbene i risultati fossero incoraggianti, solo raramente Van Gogh tornò ad usare questa tecnica preferendo continuare ad accrescere la sua collezione; grazie alle molte stampe che possedeva riuscì a trovare l’ispirazione nei mesi bui passati rinchiuso nella clinica.

Ecco tutte le opere in ordine cronologico.

Lavoratore che affetta del pane, seduto su una cesta. Aia. Novembre 1882.

van gogh - lavoratore

Scavatore. L’Aia. Novembre 1882.

van gogh-scavatore

Uomo dell’ospizio. L’Aia. Novembre 1882.

Uomo dell’ospizio con cappello che beve caffè. L’Aia 1882.

van gogh-ospizio van gogh-caffè

Vecchio con la testa tra le mani (“alle soglie dell’eternità”). L’Aia 1882.

Tra le opere più significative del suo primo periodo dove forte si sentono implicazioni morali, etiche e religiose. L’incomunicabilità del vecchio e la disperazione in attesa di una vita eterna. Tema ripreso in seguito in un dipinto.

van gogh-soglia eternità Vincent_Willem_van_Gogh_002

“Sorrow”. L’Aia. Novembre 1882. (con disegno)

Forse il suo capolavoro grafico si riferisce a Clasina Maria Hoornick, detta Sien, una prostituta di circa trent’anni dal viso rovinato dal vaiolo, alcolizzata e in attesa di un figlio, già madre di una bambina. Van Gogh vede sul suo volto, sul suo corpo, i segni del dolore e delle avversità che le ha lasciato la vita, e per questo vede la bellezza di questa donna sfiorita. Decide anche di sposarla. I familiari non accettano la scelta e vorrebbero far interdire Van Gogh. L’artista infine, nel 1883, lascia Sien avendo perdute le speranze di redimerla. “Il mio grande desiderio è imparare a fare delle deformazioni, o inesattezze o mutamenti del vero; il mio desiderio è che vengano fuori, se si vuole, anche delle bugie, ma bugie che siano più vere della verità letterale”; così scriverà in una lettera ed in effetti questo crudo realismo, quasi espressionista, è indice della sua spiccata sensibilità e del suo amore che, per prima cosa, è sofferenza e ossessione. La malinconica posa della ragazza che la rende inafferrabile agli occhi dello spettatore traduce l’impossibilità del pittore di possederla. Il disegno traduce forse istanze simboliche per la presenza di diverse varietà di piante.

Vincent_Van_Gogh_-_Sorrow 376px-Vincent_van_Gogh_-_Sorrow

Bruciatore di stoppie seduto in carriola con la moglie. L’Aia. Luglio 1883.

van gogh-weed burner

Giardiniere presso un melo nodoso. L’Aia. Luglio 1883.

van gogh-giardiniere

I mangiatori di patate. Nuenen. Aprile 1885.

Capolavoro del periodo olandese, insieme alla tela, ritrae una semplice famiglia di lavoratori; l’accento cade sulle potenzialità espressive delle figure e della scena. E’ la sua opera più ambiziosa testimoniata dalla moltitudine di schizzi e disegni preparatori. La litografia si pone in linea con la cupa grafica delle incisioni di Rembrandt.

magiatori patate

Van-gogh-potato-eaters

Ritratto del dottor Gachet: l’uomo con la pipa. Auvers-sur-Oise. Maggio 1890.

L’unica acquaforte dell’artista, tecnicamente non ineccepibile, si pone in linea con i due celebri ritratti del medico personale. Paul Gachet: il “medico” degli impressionisti.

acquaforte-van gogh

Riguardo l’argomento, per approfondimenti, si consiglia l'eccellente libro The Graphic Work of Vincent van Gogh di Sjraar van Heugten e Fieke Pabst.

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...