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mercoledì 15 dicembre 2010

Novecento sedotto

E proprio oggi che ho scritto un post sul ritorno al figurativo apprendo di questa singolare quanto coraggiosa mostra: Novecento sedotto. Il fascino del Seicento tra le due guerre da Velàzquez a Annigoni, allestita in coincidenza con le celebrazioni del centenario dalla nascita del noto artista toscano, che ha come intento principale il rilancio e la riscoperta del museo monografico di Pietro Annigoni. Si tratta di un percorso innovativo ed affascinante presso il neonato Museo Annigoni (Villa Bardini, Costa San Giorgio 2), dove, fino al 9 gennaio è ancora in corso la mostra su Caravaggio e caravaggeschi. L’allestimento mette insieme 50 opere di autori italiani e internazionali che, a cavallo fra le due guerre, hanno vissuto il fascino della pittura seicentesca. Una sorta di passione che accomunò molti autori attorno alla grande Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento, allestita nel 1922 a Firenze. Un evento unico, che presentò sotto un’altra luce oltre mille opere del diciassettesimo secolo e per la prima volta raccolse sotto lo stesso tetto diverse opere del Caravaggio, al tempo ancora dimenticato. L’interesse verso la pittura del seicento investì artisti come Giorgio De Chirico, Primo Conti, Achille Fucini , Pietro Annigoni, le cui opere in mostra dialogano con i capolavori di Artemisia Gentileschi, Jusepe de Ribera, Diego Velázquez.

Il percorso:

I. Attualità del Seicento negli anni Venti


Declinazioni del gusto tra Firenze, Roma e Milano
Mentre a Firenze si teneva nel 1922 la “Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento”, l’eco degli studi sul Seicento attraversava l’Italia, inserendosi tra i movimenti e gli interessi individuali degli artisti. Alcuni di essi ne furono dichiaratamente affascinati, altri ne accolsero alcuni influssi, mostrandosi molto sensibili a quel gusto. Questo dialogo è esemplificato nel percorso espositivo da confronti tra opere del Novecento e del Seicento, uno per tutti l’accostamento tra Dopo il bagno di Primo Conti e la Susanna di Felice Carena, alla maestosa Betsabea al bagno di Artemisia Gentileschi.

Critici e collezionisti
Allestita come una sorta di “corridoio degli uomini illustri”, la sezione presenta i ritratti di alcuni dei critici che presero parte, nel Novecento, al recupero della pittura del XVII secolo: Matteo Marangoni, Roberto Longhi, Ugo Ojetti e Giorgio de Chirico, il primo a parlare di «mania del Seicento». Accanto a loro, sono rappresentati alcuni dei collezionisti che contribuirono a nutrire la fortuna del secolo, come i coniugi Contini Bonacossi.

II. Il gusto del Seicento attraverso i generi e le tecniche


La natura morta
Allestite come una piccola e preziosa quadreria, le opere di Conti, Socrate, Marussig, Dudreville, Trombadori, De Chirico, Annigoni, testimoniano come gli artisti moderni seppero vivacemente interpretare il genere seicentesco della natura morta.

Il paesaggio
Al tema del paesaggio è dedicato un approfondimento che ancora una
volta prende spunto dalle analogie che i critici del primo Novecento avevano colto tra le opere di artisti noti dell’epoca e quelle di artisti attivi tra Sei e Settecento. In particolare la sezione è dedicata al tema del paesaggio nella pittura di Pietro Annigoni, a confronto con lo stesso genere affrontato da Anton Francesco Peruzzini, artista vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.

III. Da Caravaggio alla realtà moderna


Interpretazioni dell’arte del Seicento intorno agli anni Quaranta
La sezione ha il suo fulcro nell’opera Bacco all’osteria del pittore armeno Gregorio Sciltian, con i suoi dichiarati riferimenti al Caravaggio e a Velázquez. Le suggestioni della pittura del Seicento sono inoltre documentate in questa sala da opere moderne di Pietro Annigoni e Antonio Bueno che dialogano con quelle seicentesche di Jusepe de Ribera e Diego Velázquez, il cui Acquaiolo, restaurato per l’occasione, risalta per la sua alta qualità pittorica.

Luci e ombre seicentesche nel cinema
L’ispirazione al Seicento transiterà anche nel cinema. Come caso paradigmatico, si presenta il fotogramma finale di Mamma Roma (1962) con la morte di Ettore. La scena, diretta dalla regia di Pier Paolo Pasolini, brillante allievo di Roberto Longhi, evoca i chiaroscuri e la composizione del Compianto sul Cristo morto di Orazio Borgianni.






Ritorno alla figurazione

Segnalo questo interessante blog http://artodyssey1.blogspot.com/ che si occupa di figurazione, ovvero segnala artisti figurativi da tutto il mondo. Le opere non sempre sono all'altezza, molte sono anacronistiche, altre tecnicamente deboli, altre sono riproposizioni di movimenti passati, altre troppo spinte verso tematiche mistico-simboliche ermetiche e stucchevoli, ma tutte segnalano come la forma non sia mai passata di moda, anzi, sia sempre più riscoperta e rivalutata in ogni continente. L'elenco degli artisti è lunghissimo, segnalo il tag con gli artisti italiani e posto qualche loro immagine. Per il resto riporto l'ultimo post dal blog Almanacco Romano, sito coltissimo con osservazioni illuminanti e puntuali circa l'odierna arte contemporanea; più che altro un monito contro l'allontanamento della figurazione dalla semplicità dei concetti.

L’arte di oggi – non gli inganni dei ciarlatani –, quella che pur esiste e resiste, ma che si addentra per la strada a senso unico, conducendoci nei meandri dell’angoscia – immagini che si negano il volto, versi che anche mirabili nella costruzione ritmica rinunciano alla punteggiatura, alle pause che smorzano le ossessioni, musiche che rifuggono impaurite da qualsiasi accenno melodico –, l’arte dell’asperità perseguìta ormai da eremiti alquanto nobili, lontani da mondanità e mode, somiglia impressionantemente alla religione protestante. Contraria alle consolazioni facili, finisce per rigore un po’ diabolico con l’ignorare qualsiasi consolazione. L’artista come il sacerdote universale luterano deve incaponirsi ad avvelenare la dolcezza del mondo per mostrare soltanto l’aspetto tragico. Nessun cibo per i sensi, nutrimento amaro invece per l’intelletto affinché demistifichi ogni illusione, testimoni con mistica scabra della vuotaggine del reale, anche se la mistica un tempo provava a dire la contentezza traboccante per ogni alba che si ripete. Quel forzare i confini del dicibile per eccesso di amore, da parte della creatura che prova a intonare un Magnificat straripante, era la sua gloria e talvolta la sostanza del linguaggio speciale dell’arte. Oggi, festa di santa Lucia, protettrice della vista, gli artisti che si denominano ‘visivi’ dovrebbero meditare sullo sguardo cattolico posato sul mondo redento e bellissimo. Nelle tenebre di quello che era, fino alla riforma gregoriana del calendario, il giorno più oscuro dell’anno, la Chiesa celebra la santa che richiama la luce anche nel nome: nella «valle di lacrime» terrena, l’occhio deve saper vedere lo splendore.











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