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lunedì 3 ottobre 2011

L'Arte Maivista


In occasione del ritorno oggi in edicola de Il Male dopo 29 anni, giornale che cambiò la concezione della satira in Italia, vorrei parlare dell'Arte Maivista, un vero e proprio movimento artistico nato negli anni '70 con tanto di manifesti. “L’Arte Maivista”, si legge nel progetto originale, “è quell’arte imprevista, multipla, alta, bassa, media, pop e anti-pop, inventata, e pubblicata - dal 1977 in poi - dalle riviste “certificate maiviste” come Frigidaire, Cannibale, Il Male, Frìzzer (su cui apparve per la prima volta nell’85 il “Manifesto del Maivismo” di Andrea Pazienza e Vincenzo Sparagna), Vomito, Tempi Supplementari, Il Lunedì della Repubblica, il Nuovo Male, la Piccola Unità ecc. ecc.
Queste riviste, tutte al principio originali esperimenti autonomi, sono divenute poi, non solo in Italia, dei modelli di comunicazione “altra” per l’originalità dei loro autori e collaboratori (dei quali - tra l’altro - moltissimi sono oggi tradotti e amati in decine di paesi).
Il Maivismo è un’arte multiforme, con autori spesso diversissimi tra loro, ma uniti nel rifiuto - ironico e consapevole - della “storia ufficiale dell’arte”, ovvero del “pensiero unico” dell’estetica dominante, che si basa sulla distinzione sistemica tra “arte per il popolo” e “arte per le elites”.





IL MAIVISMO DI FRIGIDAIRE,
ovvero i vertici dell'arte bassa

Queste pagine sono dedicate a una forma d'arte che solo da pochi anni, grazie agli autori qui rappresentati, è divenuta visibile. Non perché le opere non ci fossero, ma perché non erano state mai viste. L'ironia del manifesto "maivista" esprimeva d'altra parte un doppio senso sociale ed estetico del concetto di visione.
L'arte maivista è sia quella che lo sbarramento del privilegio e dello spettacolo sociale ha effettivamente "nascosto", sia quella che, proiettata a gran luce sullo schermo, è divenuta così abbagliante da non permettere più la "visione".
In altri termini c'è un'arte che sta sotto gli occhi, "le opere esistono", ma che non vediamo, "non sono state mai viste". Dobbiamo dunque imparare a "vederle", nel senso di accettare la "mobilità sociale" dell'arte e l'incursione di un diverso immaginario su quello "accademico" e "prevedibile". Dobbiamo incoraggiare l'imprevisto estetico che viene dal "basso". E dobbiamo anche accettare l'imprevisto che viene dall'"altrove".
L'imprevisto che ci sembrava di conoscere già, di aver catalogato e incasellato in qualcosa.
È destino particolarissimo, e affascinante, del fumetto, questa categoria estetica della riproducibilità assoluta, che esiste solo in funzione di un trucco scenico.
Qui gli attori recitano di profilo in modo che il loro naso domini la scena. Là il muscolo del braccio è così gonfio che potrebbe esplodere. Sullo sfondo case, cortili, giardini, campagne innevate, cavalli e cammelli, navi e gomene, aerei e macchine della squisitezza, esseri che non sono, come dice Scozzari, che "macchine a molla", come me, come voi, come tutti.
Prima con Cannibale, prepotentemente fondato da Stefano Tamburini nel '77, trascinandovi dentro il meglio del nuovo fumetto mondiale (Scozzari, Pazienza, Liberatore, Mattioli); poi con Frigidaire e la sua sterminata serie di "filiazioni editoriali" (Frìzzer, Tempi Supplementari, Vomito, Il Lunedì della Repubblica) questa ricerca (che trovò un suo momento di esplosiva convergenza già su "Il Male" tra il '78 e l' '80) è andata diventando da progetto/provocazione sequenza estetica costruttiva, progetto e mutamento reale di scenari concreti.
È la scoperta che l'arte può uscire dal suo "territorio" se vuole esplorare le sue latitudini più lontane.
In questa vicenda di gruppo e d'ambiente, dominata da figure auto-affermative (come, al limite, me medesimo), dove il giudizio estetico tradizionale è respinto o sospeso, perché indifferente al contenuto individualissimo dell'approccio all'immagine, si può anche cercare l'ancoraggio all'arte "bassa" del comic d'evasione, ma è un ancoraggio difficile e forzato.
Liberatore s'innalza ben oltre il bravissimo Corben e aspira alla potenza trasgressiva di Michelangelo.
Scozzari non insegue l'espressionismo di Grosz o di Dix, poiché lo ha "digerito" ab ovo, dal profondo dei suoi influssi sull'immaginario fumettistico americano e fantascientifici.
Mattioli non è un replicante di Disney, ma una sua intelligente "creatura incarnata", un suo acutissimo "ri/creatore".
Infine Pazienza, l'indimenticabile Paz, non crea né la perfezione, né il consenso: li possiede come un al di qua della poesia, un al di qua dell'estetica, anche nei ritratti da bar, anche nelle caricature paradossali della parodia disegnativa.
E Stefano Tamburini, figura centrale e 'storicamente fondativa" di tutta questa storia "maivista", è un architetto del bricolage, un costruttivista della pagina che incasella e traduce in unico flusso linguistico la diversità del segno e del segnale "maivista".
L'arte di Frigidaire, racogliendo in questa sigla questa prima linea post 1977 e pre 2000, è stata per me il punto di raccordo della mia passione per il disegno con la mia passione per la parola.
In questo ciclo ho scoperto che eravamo tutti solissimi e insostituibili, ma anche confusi sulla scala di una sfida, sul filo di un abisso.
E in questo purgatorio paradisiaco e infernale, a mezza strada tra la vetta fredda e inutile dell'archeologia artistica e il rantolare del vento nelle umide spelonche dell'underground, abbiamo scoperto che non bastava e non basta dire che "il fumetto è arte", né bastava "alludere" all'accademia per rendere "artistico" un fumettino volgarino volgarino (destino crudelmente poco "carino" di tanti valvolini tardofuturisti, tantofiloturisti). No. L'invenzione è una traccia dolorosa che s'incide dolcemente nelle coscienze e ritorna, senza più né padre, né madre, né etichette, nell'universo misterioso e buio, ma non cieco, dei sogni di tutti i nostri simili, dall'Ovest all'Est, dal Nord al Sud del pianeta Terra.


Vincenzo Sparagna
Snork - Supplemento autonomo de "Il Lunedì della Repubblica" n.22
24 giugno/7 luglio 1991



MANIFESTO DELLA PITTURA MAIVISTA

Noi Certificati Artisti Maivisti sopportiamo che:
Tutta l'arte rifà il verso a se stessa.
L'Arte vera è quella Maivista.
"(...) Il Maivismo è tensione verso il fugace, labile apparizione onirica, come gli affreschi romani scoperti durante gli scavi della metropolitana, e che al primo contatto con l'aria si sono Dissolti" (Nardella).
Avevate mai visto le pitture del maestro Vincenzo Sparagna?
Sicuramente no. E non certo per l'esiguità della produzione,
che è vastissima. Ma perché le opere non venivano viste!
"(...) Maivismo è l'underground che si cela alla vista, il promuoversi
per poi negarsi, tanto più che, oltreché promuoversi, non si è fatto
quasi niente" (Nardella).
L'Arte Maivista è tutta l'arte che non avete visto mai e che potete invece da oggi vedere sulle riviste qualificate Maiviste che per le loro (le riviste maiviste) caratteristiche peculiari resistono pochissimo all'occhio di chi le sfoglia, e che per raggiungere questo obiettivo si sacrificano di essere bruttissime.
Un'opera, non appena vista, diventa Giavista* - Perché resti almeno Pokovista** è fondamentale che:
Non tiri l'occhio - Non attragga e non repella - Non suggestioni,
evochi, scateni i ricordi - Non si capisca - Non denunci, provochi,
ammetta - Non abbia tempo né età - Non abbia un fine - Non abbia
una fine - Non! Non! Non!
Sia del maestro Vincenzo Sparagna***
Venga recensita da Andrea Pazienza****
Somigli a questo manifesto.

Roma aprile 85 - Noi Certificati Artisti Maivisti
Vincenzo Sparagna e Andrea Pazienza

Note al Manifesto della Pittura Maivista.

* Gustav Giavosky (1903-1990) Fondatore della Pittura Giavista.
** Jack Francisco Pokovski (1961-1968) Iniziatore della pittura Pokovista.
*** Vincenzo Sparagna (1951-...) il massimo del Maivismo.
**** PAZ (....). l'imprinter del Maivismo.


Snork - Supplemento autonomo de "Il Lunedì della Repubblica" n.22
24 giugno/7 luglio 1991

lunedì 22 marzo 2010

L'ultimo sogno di Paz




Pubblicato da Fanzago Edizione esce Storia di Astarte, una storia breve (purtroppo incompiuta) realizzata da Andrea Pazienza per la rivista Comic Art, che narra le gesta di un gigantesco cane corso; non un cane qualunqe bensì il capo dei cani da guerra di Annibale, Astarte. Di seguito la bellissima prefazione di Roberto Saviano:

Storia di Astarte è un sogno bellissimo, l'ultimo di Andrea Pazienza. Un'opera incompiuta. È un sogno classico, di quelli che quando ti svegli ti senti al centro dell'universo, come se avessi fatto parte della storia e il tuo fosse stato un ruolo attivo. Quando mi sono arrivate le tavole, quando per la prima volta le ho avute tra le mani, confesso di esserne rimasto folgorato. I disegni sono meravigliosi, precisi anche quando appena tratteggiati. E il testo è epica. Andrea Pazienza riesce, attraverso un cane, a costruire una atmosfera di combattimento e scontro, dove ogni parte del conflitto diviene chiaramente una scelta tra bene e male. Tutto attraverso un cane. Le sperimentazioni che aveva fatto negli anni precedenti, spingendosi da un estremo all'altro delle possibilità espressive del linguaggio a fumetti, hanno trovato in Storia di Astarteuna ricomposizione naturale e perfetta. Non ci sono sbavature, non c'è nulla di manieristico, non c'è l'errore in cui cadrà chi dopo di lui si cimenterà nel racconto classico, ossia la retorica da centurione che tutto deve dire con flemma e ieraticità. No, le sue tavole sono naturali, anche quando sono grumi d'inchiostro soltanto. E muscoli da cane combattente.

Io vengo dalla terra che pregiudicò ad Annibale la vittoria su Roma. Vengo dalla terra dove si fermò per i suoi dannati ozi. Dove, prima di intraprendere l'ultima fatale fatica, decise di riposarsi e far riposare il suo esercito. Annibale trascorse l'inverno a Capua e i suoi uomini, abituati alla fame da manipolo e alle condizioni più difficili, furono facile preda del torpore della Campania felix. Vino, libagioni, bagordi, donne e bagni termali li fiaccarono nell'anima e nei corpi. Peccato davvero non aver potuto vedere come Pazienza avrebbe descritto la mia terra, come ne avrebbe disegnate le bellezze. Avrei voluto "sognarlo" quell'angolo di paradiso perduto, nell'inchiostro di Paz.

Storia di Astarte è un sogno dal quale ti svegli di soprassalto. Un sogno solenne dal risveglio brusco. Eppure, prima che l'eroina gli fermasse il cuore, Pazienza ha saputo darci un'opera avvincente e colma dell'epica propria delle storie che sembrano secondarie ma che la letteratura riesce a rendere fondamentali. Si percepisce quasi, in Paz, il piacere di lasciarsi andare a un finale diverso, di pensare a come sarebbe andata la storia se il generale nero Annibale avesse vinto. L'Africa era stata a un passo dallo schiacciare per sempre Roma e in Astarte, forse proprio nella sua incompiutezza, c'è la possibilità di una storia non realizzata. Il fumetto viene come cantato a Pazienza dal cane di Annibale, che gli appare in sogno: "Li senti i campanelli, le risate, le urla, il bramito dei cammelli?", dice Astarte a Pazienza, "Spalanca gli occhi adesso, apri le nari... è Cartagine" e inizia a raccontargli le sue gesta. I primi anni di vita da cucciolo, l'addestramento alla guerra, poi gli scontri in battaglia e il legame unico e umanissimo tra lui e Annibale. Astarte è lì, al seguito dell'esercito cartaginese, dalla nascita in Spagna fino alla marcia in Italia, attraverso i Pirenei e sul Rodano. Ai piedi delle Alpi ci sarà il primo scontro coi Romani, e qui la storia si interrompe, perché a interrompersi è la vita di Pazienza.

Storia di Astarte ha come sfondo, dunque, la Seconda guerra punica, ma si apre con una citazione da Pascoli, "La grande proletaria si è mossa verso la quarta sponda", che celebra l'invasione italiana della Libia: "La grande proletaria ha trovato luogo per loro. [...] Là i lavoratori non saranno rifiutati, come merce avariata, al primo approdo; e non saranno espulsi, come masnadieri, alla prima loro protesta; e non saranno, al primo fallo d'un di loro, braccheggiati inseguiti accoppati tutti, come bestie feroci. [...] Vivranno liberi e sereni su quella terra che sarà una continuazione della terra nativa. Anche là è Roma".

Storia di Astarte, insieme a tutto il resto, sarà forse anche una critica appena accennata alla perenne ricerca di una "quarta sponda", che dalle guerre puniche attraverso la campagna di Libia, arriva a quella che ci è più familiare, che dà manodopera a basso costo, lager in cui stipare chi tenta di costruirsi una vita in Italia, discariche improvvisate in cui smaltire i rifiuti tossici di cui il Sud è ormai stracolmo. Ma nonostante il tentativo di voler attribuire uno "scopo" al lavoro di Pazienza, Storia di Astarte rimane un'opera d'arte. Un connubio perfetto ed equilibrato tra parole e immagini a sancire la grandezza di un intellettuale del nostro tempo. E vale la pena ricordare quello che lui stesso ci ha confidato sul suo lavoro, con una frase densa di significati: "Il fumetto è evasione, è sempre evasione, deve essere evasione, del resto la parola evasione è una bellissima parola, evadere è sempre bello, la cosa più saggia da fare... Poi se c'è qualcos'altro ben venga".
© 2010 by Roberto Saviano / Agenzia Santachiara. (Fonte Repubblica)

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