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sabato 11 febbraio 2012

Picasso di Luciano Emmer

Picasso è un documentario cortometraggio del 1954 diretto da Luciano Emmer e basato sulla vita del pittore spagnolo Pablo Picasso. In questo documentario, trasmesso da Rai Storia, si trovano molti spezzoni di quel film. Entrambe le parti sono girate a Vallauris Golfe-Juan. A Vallauris, piccola cittadina della Provenza, Picasso scopre la ceramica. Vi produce più di 4000 opere nell’Atelier du Fournas. Fa dono alla città della scultura “L’uomo con l’agnello” sulla piazza del villaggio e sceglie la cappella romanica di Vallauris per installarvi l’importante affresco “La guerra e la pace”. Ciò che più colpisce è l'intima natura del disegno, il concetto della mano come prolungamento dell'idea che, senza ripensamenti o interruzioni, riesce a delineare con impressionante sinteticità le forme e le costruzioni. Picasso, forse l'ultimo grande disegnatore della storia dell'arte, non parla mai in questi fotogrammi ma agisce creando e proprio nel gesto della creazione che si può ritrovare tutto il suo mondo. Merito, naturalmente, va dato alla sensibilità di Emmer, sempre affascinata dal mondo dell'arte, nel saper raccontare la poetica dell'artista, mai invasivo con la telecamera, attento a cogliere ogni sfumatura e azioni. Splendide le musiche di Roman Vlad. Il secondo video, invece, è la prima parte di un'altro interessante documentario realizzato per la mostra di Picasso a Salerno nel 2005 curata da Massimo Bignardi e che contiene molti spezzoni storici.




giovedì 17 settembre 2009

Io e…Luciano Emmer (l’amore per l’arte si racconta con una torcia)

Questo post è un omaggio ad un grande regista da poco scomparso, Luciano Emmer, che tra i grandi registi italiani è stato quello che più di altri si è avvicinato, è rimasto attratto ed ha raccontato la grande arte con uno stile unico, tanto rispettoso della tradizione quanto elegante e sensibile al “bello”.

emmer

Già nel 1938 realizza Racconto di un affresco, il suo primo documentario d'arte, dedicato agli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Nel 1940 ripete l'esperienza affrontando i quadri di H. Bosch in Paradiso terrestre, avviando così una fortunata carriera di documentarista che troverà momenti topici con Goya (1950), Leonardo da Vinci (1952) e Picasso, una straordinaria analisi dell’artista (1954). Il regista di Le ragazze di Piazza di Spagna e di Una domenica d' agosto, tra i primi ad inaugurare la “commedia all’italiana” e tra i più attenti narratori dell'Italia del primo boom economico, inventore della sigla di Carosello e dello stile dei siparietti pubblicitari, riguardo l’opera d’arte si dimostra un silenzioso spettatore, attento al particolare, alle sensazioni, ai luoghi ed al loro contesto; le sue riprese potrebbero formare un ricco manuale tanto sono rispettose del manufatto lasciato a comunicare direttamente con lo spettatore. Poche frasi, poche voci fuori campo di chi l’arte la vive intimamente come esperienza. Il resto sono solo immagini filmiche, mute ed eloquenti, come di chi, così affascinato dalla misteriosa bellezza dei capolavori, si limita a registrare e mai ad interpretare. Un moderno viaggiatore del grand tour che al consueto taccuino di disegni sostituisce la macchina da presa. Una vasta cultura pittorica che va dalle pitture rupestri di Lescaux, dove il cadavere del cacciatore ucciso dal bufalo rappresenta in assoluto la prima storia mai raccontata, e lui lo racconta immergendosi nelle profondità delle grotte, alle tentazioni dell’umanità così minuziosamente descritte ne Il giardino delle delizie di Bosch fino a Degas, Van Gogh, Picasso.

La pittura viene nuovamente trattata nel 1972 con il programma televisivo per la Rai "Io e..."; in 14 puntate il regista lascia dialogare celebri intellettuali, artisti, scrittori, direttamente con l’arte; ognuno di loro, scelto un tema, un’opera, un luogo, lo affronta dal proprio punto di vista; il regista si limita a riprendere. Le opere non vengono mai tradite ma, seguendo i commenti degli intervistati, acquistano valenze e sfumature nuove, del tutto personali. E’ una muta dichiarazione di appartenenza al bello. Le puntate, anche per lo spessore degli intervistati, sarebbero tutte da vedere. Tra di loro sottolineo:

Io e l'Adorazione dei magi del Sassetta” intervista a Severino Gazzelloni, vero equilibrio tra arte e musica,

Io e la morte di Marat” intervista a Guttuso, bellissima analisi del grande pittore,

“Io e l’Eur” intervista a Federico Fellini, metafisica riflessione sul quartiere,

“Io e il battesimo di Cristo di Giovanni Bellini” intervista a Guido Piovene, pregnante discorso sul capolavoro,

“Io e il campo di grano con corvi di Van Gogh” intervista a Cesare Zavattini, intimamente vissuta,

“Io e la Cortigiana romana di Scipione” intervista ad Alberto Moravia, lucida analisi dell’intima anima di Roma,

“Io e Piazza san Marco” intervista a Goffredo Parise, poetica e sentita impressione del luogo,

“Io e la Colonna Traiana” intervista a Bianchi Bandinelli. Forse la puntata più bella e suggestiva nella quale il grande storico dell’arte antica viene portato, attraverso una scala mobile, letteralmente intorno al fregio della colonna, raccontandocene la storia, lo stile, le sue impressioni. Emmer, anche lui sulla scala, filma il tutto da dietro, indugiando sui bassorilievi tanto vivi quando inaccessibili per lo spettatore da terra. La colonna, finalmente, è nuda sotto i nostri occhi; non più celata dall’altezza mostra l’incredibile intreccio degli avvenimenti. Il tutto nella luce di un notturno.

Nel 1974 la serie venne ripresa, curata da un altro regista, e ci regalò la splendida analisi di Pasolini sulla “forma della città”.

Nel 1988 il regista torna al documentario d'arte con La bellezza del diavolo - Viaggio nei castelli trentini, mentre al 1997 risale il suo capolavoro Bella di Notte.

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Un visitatore notturno si muove tra capolavori armato di una lampadina tascabile, emozionato davanti ai dipinti che appaiono quasi all' improvviso, dal buio, felice di raccontare il suo amore per l' arte. Per cinque notti, Emmer filma le sale restaurate della Galleria Borghese di Roma; scorrono davanti ai suoi e ai nostri occhi capolavori di Canova e Bernini, Rubens e Tiziano, i Caravaggio e i Raffaello, statue e dipinti di cui il regista rivela segreti e magie, facendo annotazioni curiose, costruendo un dialogo immaginario con Scipione Borghese, che raccolse in quella che era la villa della famiglia, un patrimonio di valore inestimabile. Un itinerario solitario, un ritratto personale, lontano da critiche estetiche e da nozionismi storici, che segue solamente il filo della suggestione. Il risultato è straordinario.

"Mi avevano chiesto di realizzare un documentario sul restauro della Galleria Borghese" spiegherà Emmer "ma ho risposto che ci sono giornalisti Rai più bravi di me. Così ho realizzato un' opera di cinema partendo da un punto di vista personale, immaginando di essere un visitatore che si trova di notte a scoprire le meraviglie di questo posto".

Il suo ultimo film Trilogia: il pensiero, lo sguardo, la parola non è che una lucida riflessione sulla vita e sull’arte.

“D’altronde, quella torcia che si aggira all’interno di Villa Borghese è il simbolo più concreto del mestiere d’autore, dell’umanità e del calore di uno sguardo, di un faro che illumina e racconta l’arte non come materia immobile e distante, ma come elemenoi che influenza la nostra vita, la nostra stessa essenza di uomini. E fare emergere dall’oblio e dal buio l’arte (intesa come pensiero, come materia) dei nostri tempi è forse uno dei compiti più concreti che il cinema stesso può darsi”. (fonte).

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