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sabato 17 ottobre 2009

Storia del Silenzio in arte

Il dito sulle labbra di Mercurio, colui che “conosce, trascrive e nasconde affinché ogni generazione compia la sua ricerca”, allude al silenzio necessario per svelare i misteri. Il gesto è molto diffuso nella cultura occidentale e noto sin dall’antichità. In riferimento al greco Arpocrate, dio del silenzio e della riservatezza iniziatica (derivazione dall’Horus fanciullo egiziano), fu definito Signum harpocraticum alludendo all’assenza della parola, al silenzio, alla saggezza e al mistero. Nell’antica Roma la fama è condivisa con la dea Angerona.



Nel Rinascimento, rievocato dalla cultura neoplatonica ficiana, fu assunto come attributo di filosofi e sapienti, attraverso l’associazione silenzio-sapienza. Per esempio il gesto di Lorenzo de’ Medici del Michelangelo fonde il signum harpocraticum con l’attitudine propria del malinconico saturnino. Silenzio ermetico.

Estramamente suggestivo, oltre che esteticamente notevole, il celebre dipinto “Giove pittore di farfalle” del 1522 di Dosso Dossi. L’opera, realizzata nell'attivo ambiente culturale della corte estense, risulta difficilmente decifrabile. Tra le varie ipotesi, affascinante quella che legge l'opera come un'apologia della pittura. Il pittore è il padre degli dei, Giove (forse con il volto del duca Alfonso d'Este; forse con sembianze tali da suggerire l'idea che si tratti di un autoritratto) intento a dipingere farfalle; Mercurio (al centro, intermediario tra la dimensione del manifesto e del non-manifesto) intima il silenzio alla dea Iride, dea dell'Eloquenza: un invito a tacere davanti all’arte silenziosa della pittura, la "poesia muta" alla quale è intento Giove. Un ribadire il primato dell'immagine sulla parola. E' particolarmente significativo il soggetto della tela attorno al quale lavora Giove: tre farfalle, simbolo della volatilità del pensiero. Sullo sfondo l'arcobaleno che richiama l'evanescenza dell'idea.



Il signum silentii è utilizzato anche nelle correnti mistiche del cristianesimo ed è attributo di San Benedetto, San Domenico, San Bruno. All’interno del convento il segno è un monito per il monaco, non solo al silenzio, inteso come controllo della parola, ma anche all’autodisciplina. Viene spesso ripetuto in refettori e dormitori. Come nel convento di San Marco di Firenze san Pietro martire fa cenno al silenzio, una delle regole dell’ordine domenicano.



Cesare Ripa si fa portavoce dell’allegorizzazione del Silenzio; il passo della sua Iconologia, vero manuale di figure per tutti gli artisti del periodo barocco, propone varie interpretazioni. (Testo). L’immagine in basso deriva dal chiostro del monastero di Santa Chiara a Napoli.
Col ‘700 e l’800, con l’allentarsi delle disposizioni in materia di raffigurazione e l’emergere di istanze diverse, legate al sentimento, al mistero, alla suggestione, l’immagine del silenzio acquista altre fisionomie. Sono forme più angoscianti, nate dai sogni e dagli incubi dell’illuminismo e del romanticismo, e di certo colpiscono per impressione. La prima è una scultura presente nel giardino di villa Litta a Lainate ed è stata realizzata ad inizi ‘800 da Donato Carabelli.

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La seconda è presente in un portico dietro la cattedrale di Salisburgo; la figurazione gioca sul senso di vuoto che il silenzio porta; non sarebbe sbagliato leggervi un legame con la morte.

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Interessante anche questo legame tra silenzio e pazzia come inteso da Giacomo Balla e spiegato in questo articolo (Immagini del silenzio).

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Il silenzio, come assenza di suono, è anche considerato una componente della musica. Essendo naturalmente privo di tono, timbro e intensità, l'unica caratteristica che condivide con il suono, in un contesto musicale, è la durata. Tale implicazione ha trovato esplicito rilievo a partire dal XX secolo e si veda in proposito la nota opera 4'33" di John Cage.

Del resto "La pittura è poesia silenziosa, la poesia è pittura che parla." Simonide Di Ceo, poeta e lirico greco.

venerdì 15 maggio 2009

Arte della censura – Nuda Veritas

Visti gli ultimi sviluppi circa le frequentazioni del Cavaliere e il suo “amore” per le minorenni, è ritornata anche una subdola censura che non riguarda media o giornali, bensì un’opera d’arte: la famosa “Verità svelata dal Tempo” del Tiepolo la quale fa la sua bella mostra dietro il tavolo delle conferenze stampa del Consiglio dei Ministri; immagine scelta personalmente dal premier e dal suo architetto di fiducia Mario Catalano. Una prima censura era avvenuta ai tempi del “caso” Carfagna ed oggi, guarda caso, osservando con attenzione un servizio, ho notato di nuovo evidenti ritocchi su quell’immagine che, come un poster di cattivo gusto, dovrebbe veicolare visivamente l’integrità morale del governo.
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Ma cosa riguarda questa censura? Nel 2008 era apparsa un’ulteriore piega del vestito della Verità a coprire il seno offensivo che si trovava, nelle inquadrature televisive, proprio sopra la testa del premier, una sorta di squallido reggiseno.
Il portavoce di Berlusconi, il sottosegretario Paolo Bonaiuti, disse al Corriere della Sera che si era trattato di “un’iniziativa dello staff del Primo Ministro che cura la sua immagine”, proseguendo, “Beh... sì, insomma: quel seno, quel capezzoluccio... Se ci fate caso, finisce esattamente dentro le inquadrature che i tg fanno in occasione delle conferenze stampa”. Ha aggiunto che gli addetti all’immagine del Primo Ministro temevano che una tale vista potesse offendere la sensibilità di qualche telespettatore (o anche ricollegare inconsciamente la nudità esposta ai vari scandali del premier, come è successo in questi giorni). Il seno del Tiepolo, con capezzolo annesso, doveva essere rimosso. L’immagine, a quanto mi risulta, non è stata mai riportata all’originale; oggi i ritocchi sono più leggeri ma di certo rimane una sorta di sfumato sopra il seno sinistro che cela non poco la sua soda rotondità ed il suo capezzolo; la poca nitidezza del particolare così, dovrebbe salvaguardare l’integrità del premier e non permettere ai telespettatori libere associazioni di idee (come per esempio il casto tailleur-pantalone che sfoggia la Carfagna, il quale non lascia intravedere neanche una parte provocatoria, è stato un efficace espediente per allontanare dall’immagine della ministra la figura di showgirl o, peggio ancora, di presunta favorita del premier).
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Al di la di tutto, però, vorrei riflettere sull’immagine in se in quanto veicolo di significati. L’opera, degli anni ’40 del ‘700, fu commissionata al Tiepolo dell’avvocato Carlo Cordellina ed originariamente pensata come una grandiosa decorazione per il soffitto di una sua proprietà. L’artista rappresenta qui uno dei soggetti allegorici a lui più cari, riscoperti nel ‘600 proprio dal Bernini. La giovane donna, mollemente posata accanto al globo terrestre su un soffice tappeto di nubi, rappresenta la Verità, che stringe con la mano destra uno specchio, mentre con la sinistra sorregge il disco solare, emblema della luce della Ragione. Il corpo nudo, morbido e sensuale della giovane, è stretto tra le braccia del Tempo, rappresentato secondo la tradizione allegorica come un vecchio, la cui pelle raggrinzita contrasta nettamente con le carni rosee e levigate della fanciulla. Fluttuante su di una nuvola rosata, una delle caratteristiche distintive del Tiepolo, contro uno sfondo ovale di cielo azzurro, la Verità da le spalle, quasi stizzita, all’anziano e barbuto Tempo che pare l’abbia appena spogliata fino alla vita. Il Tempo, abbandonata la grande falce, suo consueto attributo, volge lo sguardo accigliato verso uno dei putti, più vivace degli altri, che gli ha appena rubato la clessidra, mentre impugna con la mano destra una foglia di palma, che allude alla Verità. Sulle destra della tela, al di sotto di un putto con una corona d’alloro, appare la Menzogna abbagliata dalla luce accecante della Verità la quale proietta su di lei, tramite lo specchio, la luce solare. L’immagine, resa mediante una tessitura cromatica luminosa e brillante, vuole dunque alludere alle virtù morali di equità e giustizia che ispiravano l’operato di Cordellina.
Dal punto di vista iconologico la Verità è tradizionalmente rappresentata da una donna nuda, appunto perché va "svelata" o rivelata (“nuda veritas”).
Riporto il passo dell’Iconologia di Cesare Ripa che descrive come la personificazione doveva essere raffigurata, con quali attributi, e la spiegazione degli stessi:
Verità. DONNA, risplendente, e di nobile aspetto, vestita di color bianco, pomposamente, con la chioma d'oro, nella destra mano tenendo uno specchio ornato di gioie, nell'altra una Bilancia d'oro. La conformità, overo egualità, che hanno le cose intelligibili con l'intelletto, si dimanda da' Filosofi con questo nome di Verità, e perché quel, che è vero è buono, e il buono è privo di macchia, e di lordura, però si veste di bianco la Verità, aggiungendosi, che ella è simile alla luce, e la bugia alle tenebre. Et a questo alludevano le parole di Cristo Signor Nostro quando disse, Quel, che vi dico nelle tenebre, narratelo nella luce, cioè: Quel, che dico innanzi alla pienezza del tempo, che sia scoperta la verità delle Profetie in me ditelo voi, quando sarò salito al Cielo, che sarà rivelato, e aperto il tutto. Et però egli ancora è dimandato, e Luce, e Verità, onde lo splendore di questa Figura, e il vestito si può dire, che si conformino nel medesimo significato. Et lo Specchio insegna, che la Verità all'hora è in sua perfettione, quando, come si è detto, le cose sensibili si conformano con quelle, che si vedono dall'intelletto, come lo Specchio è buono quando rende la vera forma della cosa, che vi risplende, e è la Bilancia indicio di questa egualità”.
FANCIULLA ignuda, con alcuni veli bianchi d'intorno, per dimostrare, che essa deve essere ricoperta, e adornata in modo, con le parole, che non si levi l'apparenza del corpo suo bello, e delicato, e di se stesso, più, che d'ogni altra cosa, si adorna, e si arrichisce.
IGNUDA come si è detto, tenendo nella destra mano il Sole, e nella sinistra un Tempo d'Orologio. Il Sole le si dà in mano, per l'istessa ragione, che si è detta di sopra dello Splendore. Et il Tempo nella man sinistra, significa, che a lungo andare la Verità necessariamente si scopre, e apparisce. Et però è dimandata Figliuola del Tempo, e in lingua Greca ha il significato di cosa, che non stà occolta….”.
Ecco vari esempi figurativi: Carracci, Bernini, Klimt, allegoria.
Carracci-verità trionfa sulla frode-_allegoria-1584-1585 verita-bernini
klimt_veritas_dtl bugia e verità
Il sole, quindi, è riconosciuto suo attributo appunto perchè l’astro e la luce del giorno svelano ogni cosa; il parallelismo di luce e verità, infatti, è motivo universale del pensiero umano come della riflessione religiosa, come anche il parallelismo verità e giustizia in quanto la giusta attività del giudice dipende dal vero (come si vede molto bene nell’incisione di Durer il “Sole della giustizia”).
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Rimane così, alla fine, l’opera di un grande artista ri-velata, nel senso di ri-coperta, da moderni “Braghettoni” che lavorano in digitale, consulenti dell’immagine che censurano con sapienti velature digitali un seno che potrebbe offendere, non pensando come la Verità, secondo la tradizione, è di per se nuda ma pudica allo stesso tempo e dimostrando tutta la loro ignoranza nel riflettere solo sulla superficialità delle cose e non sui loro significati che quindi, a giusto diritto, appaiono completamente lontani dalla politica del governo.
Riprendendo passi dall’articolo di Repubblica del 2008:
"Che tristezza leggere notizie del genere - lamenta Sandrina Bandera, soprintendente della pinacoteca di Brera - quel Tiepolo va lasciato così. Non si può coprire la Verità, un soggetto per secoli rappresentato nudo, fin da quando il Bernini nel '600 recuperò un'iconografia antichissima. Spero che la scelta fatta non sia irreversibile".
"Un caso di moralismo sciocco - sorride Eugenio Riccomini, storico bolognese, già soprintendente a Parma - l'intera storia dell'arte, dal Rinascimento in poi, ma anche prima, è piena di nudi. Evidentemente qualcuno, nella cerchia del presidente del Consiglio, ha pensato che non si potesse esporre un seno nudo accanto al volto del premier forse perché troppo simile a quelli che rmette in mostra ogni sera nelle televisioni".
"Non so chi sia stato lo zelante funzionario - dice Paolucci- ma questa storia fa ridere e finirà per aggiungersi allo sciocchezzaio estivo". E quando gli si ricorda che proprio nei musei Vaticani, nella cappella Sistina affrescata da Michelangelo più di quattro secoli fa, Daniele da Volterra, poi soprannominato il Braghettone, fu incaricato del più clamoroso caso di censura della storia (mettere le braghe alle anime nude dipinte dal maestro), il professor Paolucci replica allargando le braccia. "Appunto - sospira - è successo in un momento di oscuramento, ma non è la regola per la Chiesa. Se qui dentro ci sono tante opere senza veli è perché la nudità rappresenta la verità. "Veritatis Splendor" come diceva un'enciclica del Papa, dunque da non velare. La bellezza è la bellezza, Epifania di Dio. Consola che quella ritoccata sia una riproduzione, ma non mi fiderei di chi lo ha fatto: dimostra di non essere intelligente".
"Curioso però - aggiunge Andrea Emiliani, grande esperto di Guido Reni, dei Carracci e del Seicento emiliano, già soprintendente della pinacoteca di Bologna - che sia stata emendata la verità, un simbolo. Già occorre una bella resistenza morale per scegliere proprio quel simbolo con tutto ciò che la gente pensa oggi dei politici…”.
Ecco allora che la Verità, in mano ai nostri politici, non può che trasformarsi in Verità negata; per concludere con le parole di Orwell “Il potere insofferente delle regole alla Verità svelata preferisce sempre la Verità celata”.
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lunedì 9 marzo 2009

Il Matrimonio - Cesare Ripa

Avendo aspettato giustamente il giorno dopo della festa delle donne, volevo pubblicare questa interessante considerazione del Matrimonio come descritta ed illustrata nell’Iconologia del cavalier Cesare Ripa del 1593:

"Un giovane pomposamente vestito, con un Giogo sopra al collo et co' ceppi a' piedi, con un Anello, overo una Fede d'oro in dito, tenendo nella medesima mano un Cotogno, et sotto a' piedi haverà una Vipera. Per lo Giogo et per li Ceppi si dimostra che il Matrimonio è peso alle forze dell'huomo assai grave et è impedimento al caminare in molte attioni di libertà, essendo il maritarsi un vendere se stesso et obligarsi a legge perpetua; con tutto ciò è caro et desiderabile per molti rispetti, et particolarmente per l'acquisto de' successori nelle sue facoltà, li quali siano veri heredi della robba et della fama, per l'honore et credito che si acquista nella Città, prendendosi questo cari-co per mantenimento di essa et per lo piacere di Venere, che lecitamente se ne gode; però si fa con l'Anello, il quale è segno di preminenza et di grado honorato, come si è detto. Il Cotogno, prer commandamento di Solone, si appresentava a gli Sposi in Athene, perché è dedicato a Venere, madre della fecondità, et si vede in molte Medaglie scolpito in questo istesso proposito, forse perché come il Melo è grato al gusto, alla vista et all'odore, così ancora sono gli amorosi abbracciamenti a' giovani innamorati, overo perché sono inditio d'amore scambievole, come dice il Pierio, gittandosi alle donne nobili in alcuni luoghi, per effetto amoroso con bacia-mento di mani dall'una et dall'altra parte, o più tosto perché si dice l'huomo corre il frutto, quando viene al fine de gli amorosi desiderii,
il che si conseguisce lecitamente per mezzo del Matrimonio, essendo altrimente peccato grave et che ci fa alieni dal Regno di Dio. Et il Cotogno è più significativo di ciò, per havere qualche similitudine con le parti secrete del corpo. La Vipera sotto a' piedi, dimostra che si deve calpestare come cosa vile ogni pensiero che sia con danno della compagnia a chi è congiun-to in matrimonio, fuggendo il costume della Vipera, che per diletto amoroso ammazza il marito, come si è detto altrove"
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Cesare Ripa, Iconologia ovvero Descrittione Dell’imagini Universali cavate dall’Antichità et da altri luoghi (Gigliotti, Roma 1593), più volte ristampata fino alla fine del Seicento.

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