Un artista del VI secolo a.C. deve rappresentare sulla superficie di un vaso la vicenda di un gruppo di pirati, trasformati in delfini da Dioniso prigioniero.
sabato 7 gennaio 2017
Sequenze
Un artista del VI secolo a.C. deve rappresentare sulla superficie di un vaso la vicenda di un gruppo di pirati, trasformati in delfini da Dioniso prigioniero.
martedì 15 marzo 2016
Siglato accordo con la Fondazione Torlonia
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Fanciulla Torlonia |
mercoledì 24 febbraio 2010
Caravaggio e l’antico
Nel numero di marzo di Artdossier Rodolfo Papa, grande studioso di Caravaggio, affronta l’annosa questione delle origini e dei modelli del pittore. Sdoganata ormai da tempo l’aura dell’artista maledetto, l’ultima tappa per ricostruire la sua personalità artistica è, di certo, quella dell’analizzarne lo stile in riferimento ad eventuali modelli, ovvero comprendere come Caravaggio non ha rivoluzionato l’arte partendo da zero, bensì l’ha innovata profondamente avendo alle spalle un solido bagaglio di esperienze e di studi. La formazione manierista sotto Peterzano rivela infatti come il Merisi abbia coniugato Natura e Arte celando la seconda. Molte sue figure appaiono, pertanto, chiaramente ispirate a statue classiche (il cui studio era elemento fondamentale della formazione di un pittore) anche se il significato appare spesso stravolto, celato da un sistema complesso di significati e allegorie. In questa carrellata di immagini vorrei proporre, seguendo la lucida analisi di Papa, questo confronto tra le opere del Merisi e l’antichità accostando statue e dipinti.
La figura serpentinata dell’angelo musicante nel Riposo durante la fuga in Egitto appare debitrice del modello classico delle Tre Grazie, qui rappresentato dalla copia romana presente al Louvre.
L’Amore Vincitore e l’Eros Farnese a Capodimonte.
Amore dormiente e Erote Dormiente degli Uffizi.
Il Pietro di Cristo nell’orto degli ulivi, quadro distrutto a Berlino durante la II guerra mondiale, riprende l’iconografia delle divinità fluviali; in questo caso il rimando potrebbe essere alla statua del Tevere collocata sul Campidoglio a Roma; la figura di Pietro quale fondatore, a Roma (sul Tevere), della Chiesa sarebbe stata realizzata con le sembianze, appunto, della statua.
La figura di spalle nelle Sette opere di Misericordia che riceve il mantello da San Martino richiama molto la statua del Galata Ferito, oggi nella collezione Farnese di Capodimonte. Parimenti anche la posa del San Girolamo dei Malta e del San Giovanni Battista della Corsini risulta chiaramente ispirata al Galata.
La Resurrezione di Lazzaro e Menelao e Patroclo della Loggia dei Lanzi.
L’aguzzino in ginocchio nella Flagellazione di Cristo e lo Scita detto “l’arrotino” degli Uffizi.
La vecchia della Crocifissione di Sant’Andrea e la Vecchia Ebbra dei Capitolini.
La composta fierezza e dignità della Madonna dei Pellegrini in confronto con Thusnelda, la schiava barbara della Loggia dei Lanzi.
Per maggiori approfondimenti si rimanda a Caravaggio. Le origini, i modelli. Rodolfo Papa.
giovedì 26 novembre 2009
I colori dell’Ara Pacis
Parlando dei colori dell’Ara Pacis non mi riferisco al noto imbrattamento avvenuto circa un anno fa, gesto che il famoso neo-futurista graziano Cecchini ha rivendicato intellettualmente come una bellissima azione; nell’occasione tra gli schizzi erano state collocate anche la tazza di un gabinetto e due confezioni da 40 rotoli di carta igienica…
…bensì faccio riferimento ad un’operazione ben più interessante, ovvero la ricostruzione dei colori del fronte principale dell’Ara Pacis tramite proiezioni di luce grazie ad una nuova e sofisticata tecnologia virtuale applicata per la prima volta nella storia dell'archeologia su un monumento di età romana.
Quello che a prima vista per i meno esperti può risultare un’operazione di cattivo gusto in realtà è una filologica riproposizione dei colori originali dell’altare di Augusto, recuperati dai lacerti di pigmento presenti sui bassorilievi e da puntuali confronti con la pittura parietale (il blu dello sfondo, il rosso porpora delle toghe, il giallo dei fiori, il verde delle foglie di acanto, così distanti dal pallore grigiastro del marmo di oggi). Assodato che le sculture classiche, greche e romane, fossero dipinte con colori sgargianti…(vedi la ricostruzione cromatica dell’Augusto di Prima Porta)…
…bisogna sempre considerare, nella lettura critica delle opere come il colore fosse un elemento essenziale dell’aspetto originario di marmi antichi, statue, rilievi, architetture, e che la spiccata policromia era parte del linguaggio estetico. Se siamo abituati alla statua di marmo bianco, candido e lucente, questo ci deriva in particolare dalle riprese del neoclassicismo che ha eletto la purezza del bianco marmoreo a cifra stilistica.
L’illuminazione, inaugurata lo scorso anno, in particolari occasioni viene riproposta al pubblico; l’ultima è avvenuta pochi giorni orsono.