Il dibattito sul sistema-arte è feroce e tocca qualche nervo scoperto. Il blogger Luca Rossi, gestore di Whitehouse, accetta di intervenire e lo fa a gamba tesa per raccontare ad Affari come è organizzata la Casta e come gestisce i giochi di potere.
Whitehouse è nato nel 2009 e propone una riflessione critica e propositiva che partendo dalle dinamiche del sistema dell'arte e dei suoi linguaggi, arriva ad una riflessione più ampia sul periodo storico attuale. Attraverso la figura di Luca Rossi, il blog ha iniziato a proporre dei progetti indipendenti, mettendo in discussione alcuni codici e convenzioni. Nel 2010 Fabio Cavallucci (direttore del Centro per l'Arte Contemporanea di Varsavia e collaboratore della rivista Flash Art), in un'articolo apparso su Exibart, ha definito così il blogger: "E' la personalità artistica più interessante del panorama italiano di questo momento. Lo è perché, insieme ai contenuti, rinnova anche il linguaggio. In prospettiva, potrebbe modificare anche il sistema".
Il mondo dell'arte è una Casta? Perché? Qualche intervento dei lettori nell'ambito del dibattito accusa di assenza di fondamento questa affermazione...
"Vorrei partire facendo un'utile semplificazione. Potremo dire che il mondo dell'arte italiano è diviso in tre parti: la parte che fa riferimento a Vittorio Sgarbi, la parte che fa riferimento a Luca Beatrice (curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2009) ed una terza parte che, potremmo dire, fa riferimento a due giovani riviste di arte come Mousse e Kaleidoscope (con tutti gli operatori e gli inserzionisti che ne fanno parte). Questo per dare punti di riferimento semplici. La parte del sistema più interessante, come qualità e capacità di esportare all'estero l'arte italiana, è la terza, quella appunto che ruota intorno alle riviste Mousse e Kaleidoscope (che chiamerei il polo Moussoscope). Quindi mi concentrerei su questa parte..."
Ok partiamo da qui...
"Tale sistema è gestito da un'oligarchia di pochi operatori (governo di pochi) mentre il suo pubblico è formato solo da addetti ai lavori e curiosi. Infatti a tale sistema interessa il collezionismo (bastano una dozzina di buoni collezionisti, semmai tra italia ed estero, per tenere in piedi una galleria), compiacere gli addetti ai lavori e guadagnarsi fama sulla scena internazionale. L'assenza di un pubblico è paragonabile all'assenza di "opinione pubblica" negli stati democratici: non c'è interesse e controllo su questa oligarchia".
Quindi?
"In Italia esiste un divario fortissimo tra questa parte del sistema e il pubblico (e di conseguenza anche tra tale parte e il sistema politico): l'operazione "volgare" di Sgarbi si insinua proprio in questo vuoto mantenuto colpevolmente in vita da quella che può chiamarsi Casta, che può liberamente 'sguazzare' tra il conflitto di interessi, i favoritismi relazionali e di tipo commerciale. La conseguenza? Un disincentivo forte all'emergere di situazioni virtuose e di qualità. Anzi i fantomatici critici di questo sistema non operano mai un'azione realmente critica verso questa Casta, né dal punto di vista dei contenuti (quindi del'arte) né col tentativo di eliminare i "giochi di potere". Questo perché ogni critico, ogni addetto ai lavori teme di perdere un possibile ingaggio futuro andando contro tale Casta".
E per quanto riguarda l'aspetto finanziario? Il business?
"La Casta opera anche sulla lievitazione dei prezzi delle opere, senza partire da alcuna base critica, ma solo sull' alleanza tra 2/3 operatori- amici. Questo crea sulle opere d'arte un'effetto Parmalat e mentre il risparmiatore protesta perché rivuole il suo denaro, il collezionsita che ha subito un bidone sta zitto per paura di perdere il suo status sociale e per paura di non poter più rivendere la sua opera-bidone. Ma l'anomalia più paradossale è che questo sistema, oltre ad essere criticabile sul piano etico-morale, è inefficace e non produce risultati positivi sulla scena internazionale".
Può fare qualche esempio?
"Se lei intervistasse alcuni operatori, anche molto autorevoli, le direbbero che gli artisti italiani vengono ignorati dalla scena internazionale. Questo perchè la Casta mira, prima di tutto, a disincentivare l'innovazione, l'approfondimento critico e quindi la qualità. Nomi come Cattelan, Vezzoli, Beecroft, Bonvicini, che hanno consolidato la loro fama all'estero negli anni '90, ce l'hanno fatta solo lanciandosi da soli in un sistema internazionale".
Ha altre informazioni dettagliate da raccontare?
"Ci sono casi di conflitto di interessi, alleanze commerciali tra fondazioni private, gallerie private e curatori".
Qual è il punto sul quale si sente più critico?
"Il punto essenziale è che i giochi di potere penalizzano la qualità, importante qui e all'estero; rendono quella che dovrebbe essere la parte 'migliore' dell'Italia precaria, condannando molti giovani brillanti a vivere alle spalle di quella che ho chiamato "Nonni Genitori Foundation" (vero ammortizzatore sociale del sistema dell'arte italiano). Tale sistema produce illusioni e delusioni per gli studenti che escono dalle accademie e dalle scuole".
Conosce esperienze dirette o indirette di artisti che a causa di questa Casta non riescono a decollare?
"Conosco esperienze dirette ed indirette di curatori e critici che trattano in modo sprezzante gli artisti e che decidono le mostre mandando qualche e-mail ad alcuni amici. Conosco di favoritismi nei confronti di artisti di certe gallerie e non di certe altre. Conosco gallerie private che forniscono agli artisti condizioni economiche inaccettabili e fuori da qualsiasi etica del lavoro. Bisogna considerare che da 10-15 anni le file dei giovani artisti sono sempre più numerose e quindi c'è sempre qualcuno disposto a prendere il posto di chi si rifiuta di sottostare a certi diktat. Questo provoca un circolo vizioso che disincentiva ulteriormente la qualità. In questo sistema oligarchico gli artisti sono la parte piu' debole del sistema. I piu' forti sono i curatori, gli organizzatori, che spesso nascondono, in modo piu' o meno celato, aspirazioni artistiche da 'prime donne'. Gli artisti, e soprattutto i piu' giovani e quindi quelli di domani, sviluppano una 'sindrome arrendevole' esattamente come fossero 'operai non specializzati tenuti in ostaggio' da un sistema capace di escluderli nel caso non siano disposti a compromessi".
Di che cosa si occupa il suo blog?
"Nella figura del blogger convergono tutti i ruoli del sistema dell'arte (artista, curatore, critico, direttore di rivista, spettatore, commentatore, collezionista, gallerista, ecc). In questo modo è possibile organizzare un'azione indipendente che possa bypassare le deficienze del sistema reale e della Casta. Quindi oltre ad esprimere una visione critica rispetto ai contenuti e ai giochi di potere, viene anche proposta un'alternativa concreta fatta di progetti e mostre fruibili nella realtà. Tale attività ha interessato alcuni operatori autorevoli come Fabio Cavallucci, Roberto Ago, Alfredo Cramerotti, Giacinto Di Pietrantonio, Andrea Lissoni, Micol Di Veroli, Stefano Mirti. Questo interesse è scaturito anche in operatori che sono stati criticati dal blog, ma che hanno accettato il confronto ed il dialogo".
Vede all'orizzonte una possibile soluzione?
"Devo dire che in questi due anni di attività l'azione solitaria del blog ha determinato una maggiore apertura della Casta. In ogni caso è molto difficile modificare così velocemente alcune dinamiche ed alcune situazioni. Bisogna far capire alla Casta che il suo comportamento è fondamentalmente inefficace e che sarebbe nel suo interesse favorire una maggiore apertura critica e un maggiore confronto su i contenuti. Sembra strano ma il blog Whitehouse è l'unico luogo in Italia dove viene sviluppata un'azione critica".
E delle altre due parti che mi ha citato all'inizio del percorso?
"Sono ancora peggio di quella che ho descritto ora che è la parte 'migliore' del sistema. La parte di Luca Beatrice e quella di Vittorio Sgarbi, in modo più radicale, offrono situazioni sintomatiche sia dal punto di vista dei contenuti che delle dinamiche relazionali interne. Il progetto di Sgarbi per il suo Padiglione Italia mette in luce la sovraproduzione di opere, artisti che vengono trattati come polli in batteria, gioco delle raccomandazioni, opere d'arte come accessori marginali e decorativi in favore della personalità artistica del curatore, incapacità di definire scale critiche e valoriali come punti di riferimento per la qualità".
Quali sono secondo lei personaggi positivi (che si spendono per rompere il sistema della Casta) e quali negativi (lo portano avanti)?
"Se considera quanto detto precedentemente è molto difficile l'emergere di personaggi veramente positivi. Tutti temono di perdere future opportunità di lavoro. Alcuni personaggi hanno perso il lavoro perché qualche potente pensava che lavorassero al mio blog. In Italia la Casta possiede diversi centri di potere, soprattutto sull'asse Torino, Milano, Venezia, Bergamo. Ci sono operatori aperti al dialogo, ma che poi non fanno nulla per invertire certe tendenze, mi riferisco ad Angela Vettese. Operatori che predicano bene e razzonalo male, mi riferisco a Pier Luigi Sacco (che con la Vettese e Carlos Basualdo dirigono il festival internazionale dell'arte contemporanea a Faenza). Ci sono operatori giovani estremamente devoti alla Casta quali Milovan Farronato ed Alessandro Rabottini; alleanze tra professori e sistema per favorire gli studenti di certe scuole in modo tale che tali scuole siano legittimate (mi riferisco al caso virtuoso del professore/artista Alberto Garutti a Brera); esistono operatori della Casta estremamente aperti al dialogo come Giacinto Di Pietrantonio; galleristi silenti come Paolo Zani della Galleria Zero o il gallerista Massimo Minini; direttori di riviste, come Giancarlo Politi di Flash Art, incerti tra l'abbracciare la mia azione o censurarla; operatori autorevoli molto più aperti e fattivi come Fabio Cavallucci, Alfredo Cramerotti ed Andrea Lissoni. Giovani operatori come Roberto Ago che dalle pagine di Flash Art tentano di rendere la mia azione più accettabile ed efficace rispetto le anomalie del sistema italiano".
...
"Per concludere vorrei sottolineare che questa parte del sistema italiano, quella che ha maggiori possibilità sul piano internazionale, produce, e sarebbe in grado di produrre, il meglio che si possa fare in Italia. Questo non avviene solo per una forma di "stupidità generale" che condanna il sistema italiano alla precarietà interna e alla totale marginalità sul piano internazionale".
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