mercoledì 23 marzo 2011

Clet a Roma

Dopo l'incursione di Space Invaders a Roma lo scorso dicembre, con tanto di mostra conclusiva presso la galleria Wunderkammern, curata da Bonito Oliva, ecco un'altro artista che si confronta con la città e i suoi oggetti iconici. Si chiama Clet e lavora sui cartelli stradali usati come base per raffigurazioni minimali e ironiche, giocando con le linee forza della segnaletica, alterate e piegate all'idea progettuale di fondo. Un'altra invasione ironica e spiazzante di immagini sintetiche, in legame-scontro con la realtà urbana. Una su tutta la geniale idea di una crocifissione ai piedi del cartello Strada senza via d'uscita. Come egli stesso ha affermato: “Sempre più invaso dalla segnaletica stradale, lo spazio urbano deve farsi reversibile, aggiungere significati a quelli originari, orientare altri e nuovi gradi di lettura“.




ROMA - Cuori rossi o monete da un euro sulla freccia che incanala i veicoli nella direzione obbligatoria. Metafore opposte, come un punto interrogativo, al bivio tra materia e spirito. Peccato che la svolta dall'ingorgo etico non sia perentoria come per il traffico.
Il misterioso vigile urbano dei sentimenti, notato anche dai lettori del Corriere, incolla sticker rimovibili sui segnali stradali: non fuorvianti - la lettura rimane chiara - ma comunque fuori posto. Motivo per cui, dai quotidiani ai blog, cresce la curiosità: chi sarà mai l'autore degli insoliti adesivi apparsi qua e là, dal Tridente al Lungotevere? L'ultimo street artist con uno spiccato senso dell'umorismo? Le figurine - silhouette stilizzate o simboli di vario tipo - sono firmate Clet Abraham: 44 anni, francese, ma fiorentino d'adozione. Creativo a tutto tondo - pittore, scultore, disegnatore - diplomato all'Accademia di Belle Arti in Bretagna.L'idea è nata un anno fa: «È assurdo che nelle città italiane - osserva Clet, a Valencia per uno dei suoi blitz estetici - i cartelli siano ovunque nei centri storici, deturpando la vista di monumenti e palazzi antichi». E ammette di voler provocare quando li definisce «l'unica forma d'arte contemporanea che sia riuscita a imporsi con tale prepotenza nello spazio pubblico». Tant'è: dal capoluogo toscano a Bologna, Torino e, ora, anche Roma la sua protesta visiva corre da un disco di lamiera all'altro. Ingloba divieti d'accesso e spartitraffico, la «T» di strada senza uscita e la «P» di parcheggio. Nella selva di segni e suoni metropolitani, richiama l'attenzione con lievi cortocircuiti: qua una carambola di auto tricolori, là una «Pietà» stilizzata.Eppoi Cristi crocifissi, angeli, diavoli, moderni Cirenei con pesanti travi sotto il braccio. «La religione è il mio messaggio più forte - spiega l'autore di parabole illustrate - per le sue implicazioni sociali. Sono cattolico non praticante, ma trovo che la perdita d'identità, di valori, sia una deriva pericolosa». Insomma, no a clacson, polveri sottili e caduti sull'asfalto: il suo carburante, pulito e a impatto zero, è nell'anima. Energia rinnovabile, a patto di non inquinarla con veleni chimici e aberrazioni culturali. La sua rivoluzione pacifica è affidata a uno stuolo di pigmei: santi o dannati, comunque ambasciatori di nuove forme espressive. Da queste sagome primitive sale un rumore di fondo, una lieve distonia, che risuona nell'orecchio. Pifferai magici, suadenti proprio per la loro indecifrabilità: sono circa 300 quelli sparsi nella Capitale, un po' come le briciole di Pollicino. «Ho scelto gli incroci importanti, le zone di passaggio - dice Clet - per ottenere la massima visibilità. L'intervento, visto il tam-tam, mi pare che abbia funzionato». Nessuna remora ad agire fuori dalle regole? «Penso che la street art sia sempre esistita - valuta l'ideatore - anche nel David di Michelangelo. Il punto è se è autorizzata o meno... Ecco, la mia appartiene alla seconda categoria!». 








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