venerdì 25 dicembre 2009

La Notte di Correggio




Pensando ad un'immagine adatta per augurare a tutti i lettori del blog un buon Natale, la prima che mi è venuta in mente, di certo per la sua bellezza, è la pala con l'Adorazione dei pastori del Correggio. La tela, conosciuta anche col nome della Notte, commissionata nel 1522 per la chiesa di San Prospero di Reggio Emilia, è tra i capolavori dell'artista per l'intimo e tenero legame tra le figure, per l'aria domestica e felice che vi si respira e per l'incredibile gioco di luci ed ombre con la luce sacra del bambino che investe ogni cosa, riverberando tra le nubi dove stupendi angeli, che richiamano gli affreschi della cupola di Parma, animano la composizione. Il Bambino, adagiato nudo nella mangiatoia, è la fonte di luce della scena, elemento fondato sulle Rivelazioni di Santa Brigida di Svezia che, a metà del XIV secolo, affermava che lo splendore del Bambino alla nascita oscurava ogni altro lume presente, anche la luce del cero che S. Giuseppe sorreggeva con la mano, particolare questo che si ritrova frequentemente nell’iconografia fiamminga offrendo agli artisti l’occasione per nuove soluzioni luministiche. L’Adorazione dei pastori simboleggia la promessa del regno di Dio rivolta per primi ai poveri e agli strati più modesti della società. Lo spontaneo omaggio del popolo è vissuto in un rapporto dialettico quasi paritario con la Sacra Famiglia, con la quale pastori e contadini condividono la povertà dell’ambiente ed una precaria situazione sociale, ma ciò non fa vacillare la fede nel riconoscimento del Re-Signore, bensì ne esalta come assolutamente naturale la scelta di manifestarsi proprio fra gli umili del suo popolo. Nell’arte occidentale i due momenti principali della Natività, l’Adorazione dei pastori e quella dei magi, solo eccezionalmente sono riuniti in un’unica raffigurazione, anzi nel corso dei secoli le due rappresentazioni vengono sempre più distinte, attribuendosi un rilievo specifico alla Natività ed un altro all’Adorazione dei magi.

giovedì 17 dicembre 2009

Napoli – Ritorno oltre il barocco

In questo periodo Napoli si può definire oltremodo la capitale del barocco in virtù di due importanti mostre. La prima, molto interessante, curata da Nicola Spinosa e intitolata Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli, si divide in 6 musei della città e presenta opere per lo più di recente acquisizione conoscitiva o mai esposte in città. Rispettivamente:
Capodimonte: storie sacre e profane da Caravaggio a Solimena (1606-1747)
Castel Sant’Elmo: restauro di dipinti e oggetti dal 1600 al 1750. Obiettivo sul barocco con le fotografie di Luciano Pedicini.
Certosa e Museo di San Martino: Il barocco in Certosa-scultura barocca-ritratti storici e immagini della città.
Museo Duca di Martina: le arti decorative.
Museo Pignatelli: Natura in posa
Palazzo Reale: architettura, urbanistica e cartografia da Domenico Fontana a Ferdinando Sanfelice, corredi barocchi nell’appartamento storico e presepe.

Ritorno al barocco documenta, rispetto alle tre mostre storiche organizzate dalla soprintendenza tra il 1979 e il 1984 (Civiltà del Settecento a Napoli, con sedi a Napoli, Chicago e Detroit; Painting in Naples from Caravaggio to Luca Giordano, con sedi a Londra, Washington, Parigi e Torino; Civiltá del Seicento a Napoli, con sede a Napoli), i progressi degli studi di questi ultimi trent´anni su aspetti, momenti e ′generi′ che caratterizzarono la cultura artistica napoletana dall´arrivo del Caravaggio nel 1606 alla presenza in città di Luigi Vanvitelli e Ferdinando Fuga nel 1750.

Tra i capolavori esposti la Flagellazione di Caravaggio, la Salomè con la testa del Battista di Battistello Caracciolo, il Martirio di San Lorenzo di Stanzione, l’Adorazione dei Magi del Maestro dell’annunciazione ai pastori.

Caracciolo, Salomè e la testa di Battista Maestro dell´Annuncio ai pastori, Adorazione dei Magi

Caravaggio_Flagellazione Stanzione, San Lorenzo

barock

La seconda, che reputo estremamente affascinante, si intitola BAROCK - Arte, Scienza, Fede e Tecnologia nell’Età Contemporaneae e nasce di per sé da un cortocircuito concettuale, ovvero da un suggestivo ricorso all’anacronismo. L’assunto principale della mostra, visitabile al MADRE fino al 5 aprile, è dimostrare come artisti contemporanei abbiamo seguito, nella realizzazione delle loro opere, gli stessi meccanismi visivi che hanno reso grandiosa e potente l’arte barocca. L’interesse dei contemporanei per il mondo della scienza e delle nuove tecnologie è lo stesso che afferrava anche gli artisti seicenteschi; entrambi inoltre puntano sulle sensazioni, sulla meraviglia, sullo stupore, sull’irreale realizzabile, quasi sull’assurdo: sull’affermare la possibilità di comprendere e cambiare il mondo allargandone i confini sensoriali e percettivi. Il tutto evidenziato da un’esuberante strategia espositiva. La scelta degli artisti, infine, è di tutto rilievo: Adel Abdessemed, Micol Assaël, Matthew Barney, Domenico Bianchi, Bianco - Valente, Antonio Biasiucci, Keren Cytter, Mircea Cantor, Maurizio Cattelan, Jake & Dinos Chapman, Claire Fontaine, Lara Favaretto, Gilbert & George, Douglas Gordon, Mona Hatoum, Damien Hirst, Anish Kapoor, Jeff Koons, Jannis Kounellis, Shirin Neshat, Carsten Nicolai, ORLAN, Philippe Parreno, Giulia Piscitelli, Michal Rovner, Cindy Sherman, Jeff Wall, Sislej Xhafa. Cio’ che accomuna a colpo d’occhio gli artisti presenti nella mostra ai maestri del barocco e’ il fatto che operano tutti attraverso immagini -sensazionali-, che puntano a colpire i sensi, ad essere estreme nella loro violenza, nella loro sensualità, nella loro franchezza, sovvertendo ogni categoria e sconfinando da ogni definizione. Come se l’arte, oggi come nel XVII secolo, dovesse osare sempre di piu’ per reinventare un mondo divenuto piu’ incerto sulle sue varie e contraddittorie e spesso terribili rappresentazioni. (fonte).

Jake e Dinos Chapman-forhead Giuslia Piscitelli-operaio

Molto interessante l’opera di Cattelan – Untitled – del 2008. Riporto il testo della scheda ripreso dal sito del MADRE.

“Una donna di spalle, la faccia e il corpo costretti contro un lenzuolo bianco del tutto simile a quello di un letto d’ospedale o di morte. È un’immagine di coercizione e di tortura, che la posizione verticale rende simile a una crocefissione, ma senza riprenderne alcuna tradizionale iconografia: la figura non è inchiodata a due pali e non è frontale. Esposta per la prima volta nel 2008 sulla facciata della chiesa di Pulheim (Colonia) per esprimere la lotta dell’uomo contro il potere della morte, quest’installazione basa la propria forza perturbante sul ribaltamento delle coordinate spaziali dal piano alla parete, per rappresentare una condizione femminile di asservimento e prostrazione, di negazione e annullamento dell’identità, dal momento che della figura non è possibile in alcun modo intravedere il volto. E il ricordo corre a Ipazia d’Alessandria, fatta a pezzi nel 415 d.C., e ai roghi delle caccie alle streghe. La particolare iconografia è mutuata da un ritratto di Francesca Woodman, l’artista italo-americana morta suicida nel 1981 a soli 22 anni, in cui l’autrice si raffigura attaccata allo stipite superiore di una porta. Fotografia che Cattelan traduce nel 2007 in resina per esporla alla Kunsthaus di Bregenz. La morte è il tema attorno al quale ruota la riflessione dell’artista - da Bidibibodibiboo, il piccolo scoiattolo suicida, a Piumino, la tomba per un cagnolino - ma ora è affrontato in modo più diretto e sconcertante e, soprattutto, senza la solita ironia. “Noi siamo forse le uniche creature – spiega Cattelan - intimamente consapevoli del fatto che dovranno morire, anche quando la morte non è imminente.”

Cattelan-untitled-2008 Francesca Woodman

martedì 15 dicembre 2009

Ars longa, vita brevis

bailly-vanita-autoritratto

Ippocrate di Coo o di Kos, considerato il padre della medicina, ci ha lasciato un aforisma che ritengo estremamente affascinante. La frase recita così: "Ὁ βίος βραχὺς, ἡ δὲ τέχνη μακρὴ, ὁ δὲ καιρὸς ὀξὺς, ἡ δὲ πεῖρα σφαλερὴ, ἡ δὲ κρίσις χαλεπή" (Ho bíos brachýs, he de téchne makré, ho de kairós oxýs, he de peîra sphaleré, he de krísis chalepé). Verrà ripreso dalla lingua latina: Vita brevis, ars longa, occasio praeceps, experimentum periculosum, iudicium difficile a significare "la vita è breve, l'arte è lunga, l'occasione fuggevole, l'esperimento pericoloso, il giudizio difficile". In forma abbreviata - Vita brevis, ars longa - l'aforisma è citato da Seneca nel suo De brevitate vitae.

In breve la frase è da legare al tema del giudizio e dell’insufficienza dell’uomo a possedere, nell’arco di una vita, tutti gli strumenti per comprendere la vastità di un tema. Mi piace intendere l’aforisma così: l’arte è così grande e la vita tanto breve ovvero considerare come l’immensità dell’arte, con le sue molteplici valenze semantiche, culturali, estetiche, non si può possedere appieno, neanche durante tutta una vita. Vi è una completa sproporzione tra il giudizio dell’uomo e il concetto di arte, come vi è differenza tra l’imperfezione del primo e la perfezione dell’altra. Non impossibilità di giudizio, bensì universalità dell’arte. Vanitas.

sabato 12 dicembre 2009

Sesto convegno della nuova critica d’arte italiana

convegno critica termoli

Lodevole iniziativa quella che si svolgerà a Termoli il 17 e 18 dicembre. Presso il liceo Artistico Statale “B. Jacovitti”, in via Corsica, organizzato da Nino Barone si terrà il IV Convegno della Nuova Critica d’Arte Italiana. Riporto l’interessantissimo programma con i vari interventi i quali, ad una prima analisi, vogliono essere spunti di riflessione sullo stato dell’arte in Italia e in Molise oggi.

PROGRAMMA

Giovedì 17 dicembre 2009

ore 10.00/10.30 Apertura dei lavori del Convegno e saluto delle Autorità:

Dirigente Scolastico del Liceo Artistico”B: Jacovitti” Antonio Mucciaccio

Presidente della Provincia di Campobasso Nicola D'Ascanio,

Presidente del Consiglio Regione Molise Michele Picciano

Assessore alla Cultura della Provincia di Campobasso Nicola Occhionero

Assessore ai Servizi Sociali e Scolastici Antonio Russo

ore 10.30 /10.45 Presentazione del Convegno a cura degli organizzatori

Nino Barone, Antonio Picariello, Giuseppe Siano

ore 10.45/13.00 Interventi

Gasbarrini Antonio

Angelus Novus:l'arte nelle macerie / le macerie dell'arte

Ferrara Daniele

Il contemporaneo in Molise

Picariello Antonio

LE UNIVERSITA' DEI CRITICI + LE ACCADEMIE DEGLI ARTISTI = EPISTEMOLOGIA + PENSIERO + TECNICA = ELOGIO DELLA STUPIDITA' IN “A” COME AMICIZIA

Siano Giuseppe

Contributi per una nuova estetica, a partire dall'esperienza della manifestazione ARTMEDIA

Caliendo Giada

Il sogno dell'arte: un'indagine irrinunciabile

Romoli Luciano

Algoritmi – Eidoalgoritmi

ore 12.30/13.20 Dibattito e conclusioni

ore 17.30/18.30 Performance dell'artista Albert Mayr, Sala Colitto

Venerdì 18 dicembre 2009

ore 10.00712.30 Inizio dei lavori, interventi

Bordini Silvia

Arte e multimedialità

Mayr Albert

Musiche del tempo

Salerno Giuseppe

Tempo Reale, l'arte telematica in Italia (1986/1991)

Vitiello Aristide

Identità e territorio – Ruolo dell'arte e architettura

Ferraris Paola

Le prove dell'avanguardia

D'Ambrosio Matteo

L'Arte? Si è trasferita, e il resto non conta

Vicari Alessandra

Scatti di Genere

ore 12.30/13.20 Dibattito e conclusioni

ore 17.30/18.30 Performance dell' artista Albert Mayr con gli studenti del Liceo Artistico “Azione nella Città”

mercoledì 9 dicembre 2009

La “Natività” di Caravaggio in pasto ai maiali

Con grande tristezza pubblico queste rivelazioni del pentito Spatuzza le quali, se fossero vere, scriverebbero la parola fine sulla lunga e misteriosa vicenda del quadro di Caravaggio. Pare strano che la Mafia, di certo attentissima al valore materiale dell’oggetto e al suo peso “politico”, sia stata così maldestra da rovinarlo irrimediabilmente (quando si tratta di opere d’arte non si può essere mai sicuri delle loro vicende e passaggi) ma le parole del pentito, se fossero riscontrate, non lascerebbero più molta speranza.

"Ho saputo da Filippo Graviano nel carcere di Tolmezzo intorno al 1999 che il quadro era stato distrutto negli anni Ottanta. La tela era stata affidata ai Pullarà (capimafia della cosca di Santa Maria di Gesù), i quali l'avevano nascosta in una stalla, dove era stata rovinata, mangiata dai topi e dai maiali, e perciò venne bruciata". Fonte

Un Caravaggio in pasto ai maiali mi fa piangere letteralmente il cuore.

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Resta l’ipotesi che Spatuzza abbia confuso il dipinto. Anni fa il pentito Francesco Marino Mannoia, deponendo nel processo a Giulio Andreotti, rivelò che i ladri, inesperti, danneggiarono irreparabilmente la tela nel tentativo di avvolgerla. Ma si è poi accertato che il furto di cui parlava il collaboratore riguardava un altro quadro, di valore artistico inferiore, del pittore Vincenzo da Pavia. ''Siamo sicuri che la Natività è ancora integra'', aveva detto il colonnello Musella quando, nelle settimane scorse, ha partecipato a Palermo alla presentazione del libro ''Il muro di vetro'' del giornalista e scrittore Giuseppe Quatriglio che ricostruisce appunto in forma romanzata la vicenda del Caravaggio rubato. Anche il procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone, titolare dell'inchiesta, si è detto sicuro che il quadro non è andato distrutto.

giovedì 26 novembre 2009

Gli americani e la “Sindrome del David”

In alcuni casi ciò che è troppo bello scatena sentimenti ambivalenti.

Nel 1991 Pietro Cannata, un individuo affetto da problemi psichici, prende a martellare il David di Michelangelo danneggiando un dito del piede sinistro; Dopo quell’episodio Cannata nel 1993 in due diversi momenti sfregia Le esequie di Santo Stefano di Filippo Lippi e L’adorazione dei pastori di Michele di Raffaello delle Colombe. Nel 1999 colpisce con un pennarello Sentieri ondulati di Pollock; Luther Blissett, con una lettera provocatoria a Repubblica, in solidarietà di Pietro affermò “L'intervento di Cannata è il migliore tributo che persona potesse fare ad un artista quale era Pollock. L'unica differenza che corre tra l'espressionista astratto americano e il performer italiano è che il primo consumava le sue follie in un "contesto artistico" e ricercava, trovandolo, il supporto teorico ed economico di critici e galleristi, senza il quale anche Pollock sarebbe stato probabilmente rinchiuso in un manicomio”. In seguito si accanirà su due opere di Fontana e Burri alla Gnam.

17__Jackson_Pollock_-_Sentieri_ondulati,_1947

Il record degli attentati spetta alla Ronda di notte di Rembrandt, che negli anni ne ha collezionati tre: nel 1915 un calzolaio disoccupato graffia leggermente la tela; nel 1975 un uomo apre a coltellate 13 squarci verticali lunghi fino a 80 centimetri sulla tela; nel 1990 un olandese vi getta acido solforico.

Rembrandt-La-ronda-di-notte

Negli ultimi 25 anni sono stati oggetto di attacchi anche l’Adorazione del vitello d’oro di Poussin, La femme qui lit di Picasso, la Danae di Rembrandt, il Ritratto di cardinale di Raffaello. Nel 1987 Robert Cambridge spara contro un disegno di Leonardo alla National e un anno dopo Joachim Bohlmann getta acido solforico su tre dipinti di Durer. Nel 1989 un uomo su una sedia a rotelle entra nella pinacoteca dei Musei Vaticani, getta del liquido infiammabile sulla Madonna di Foligno di Raffaello e tenta di dargli fuoco.

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La bellezza estetica delle opere può provocare violenti turbamenti emotivi, che rischiano di sfociare anche in una spiccata volontà vandalica chiamata appunto “Sindrome del David”, che si contrappone alla più famosa “Sindrome di Stendhal”. Chi ne soffre è sovente una persona estremamente sensibile e amante dell’arte, in cui l’impulso a distruggere viene vissuto come estraneo. Chi si lascia trasportare da questa sindrome vuole dimostrare di essere grande e forte a cospetto di opere universali o, viceversa, sentendosi geloso e invidioso vuole distruggere l’opera per riaffermare il proprio Io messo in pericolo da troppa profusione estatica.

Al di là della ricerca di facili catastrofismi corredati da effetti speciali alla Blockbuster, ritengo che sia proprio un misto di ammirazione e gelosia per il nostro patrimonio a spingere, negli ultimi tempi, molti registi statunitensi ad inserire nei loro film scene “spettacolari” nelle quali vengono distrutti celebri monumenti mondiali, in particolare italiani, e ancora più in particolare della Città Eterna:

Piazza di Spagna e il Colosseo esploso nel film The core

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la distruzione del baldacchino del Bernini in Angeli e Demoni con danni diffusi in tutta la basilica e la piazza

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per terminare con l’apoteosi della distruzione nell’ultimo catastrofico film 2012 nel quale crolla addirittura la Sistina con tutto San Pietro



Qualcuno risponderà che sono luoghi simbolici e che creano pertanto maggior effetto con la loro distruzione, che le immagini rimangono li, innocue, come vuoti effetti speciali; ritengo che la spettacolarizzazione della distruzione dell’arte celi motivazioni ben più profonde oltre ad avere ripercussioni emotive ben più sentite di quanto si pensi. L’impulso irrefrenabile degli americani a danneggiare e distruggere non risparmia l’arte, anzi, su di essa si accaniscono le inconsce gelosie e frustrazioni nel modo più spettacolare e devastante possibile. E’ tutta una finzione, è vero, ma il gesto resta ed è una cosa che non sopporto; le immagini del crollo della Sistina rimangono per me qualcosa di totalmente osceno.

E pensare che tutto era iniziato nel 1957 quando nel film A 30 milioni di chilometri dalla terra (capolavoro) di Nathan Juran il mostro alieno aveva distrutto senza catastrofismi, quasi con gentilezza, Ponte Sant’Angelo e il Foro romano.

Cosimo e Matisse

Trovo ci siano molte affinità tra quest’opera di Piero di Cosimo, Morte di Procri, dipinto affascinante dal controverso soggetto, e questa tela di Matisse, Ninfa e Satiro del 1910, quantomeno nei gesti dei personaggi che rivelano una tensione comune (pathosformel).

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I colori dell’Ara Pacis

Parlando dei colori dell’Ara Pacis non mi riferisco al noto imbrattamento avvenuto circa un anno fa, gesto che il famoso neo-futurista graziano Cecchini ha rivendicato intellettualmente come una bellissima azione; nell’occasione tra gli schizzi erano state collocate anche la tazza di un gabinetto e due confezioni da 40 rotoli di carta igienica…

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…bensì faccio riferimento ad un’operazione ben più interessante, ovvero la ricostruzione dei colori del fronte principale dell’Ara Pacis tramite proiezioni di luce grazie ad una nuova e sofisticata tecnologia virtuale applicata per la prima volta nella storia dell'archeologia su un monumento di età romana.

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Quello che a prima vista per i meno esperti può risultare un’operazione di cattivo gusto in realtà è una filologica riproposizione dei colori originali dell’altare di Augusto, recuperati dai lacerti di pigmento presenti sui bassorilievi e da puntuali confronti con la pittura parietale (il blu dello sfondo, il rosso porpora delle toghe, il giallo dei fiori, il verde delle foglie di acanto, così distanti dal pallore grigiastro del marmo di oggi). Assodato che le sculture classiche, greche e romane, fossero dipinte con colori sgargianti…(vedi la ricostruzione cromatica dell’Augusto di Prima Porta)…

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…bisogna sempre considerare, nella lettura critica delle opere come il colore fosse un elemento essenziale dell’aspetto originario di marmi antichi, statue, rilievi, architetture, e che la spiccata policromia era parte del linguaggio estetico. Se siamo abituati alla statua di marmo bianco, candido e lucente, questo ci deriva in particolare dalle riprese del neoclassicismo che ha eletto la purezza del bianco marmoreo a cifra stilistica.

L’illuminazione, inaugurata lo scorso anno, in particolari occasioni viene riproposta al pubblico; l’ultima è avvenuta pochi giorni orsono.

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mercoledì 18 novembre 2009

Arte e facebook: vivo

Nato, o meglio diffusosi un nuovo mezzo di comunicazione, quale facebook, ed ecco una ricerca artistica e concettuale sul mezzo e sulle sue potenzialità. Alessandro Bulgini con dodici opere decide di testimoniare al Condotto C di Roma i dodici mesi di un anno di “vita” lavorativa e artistica con facebook; il titolo è “Vivo”. Lavoro assolutamente valido dal punto di vista speculativo con una giusta dose di ermetismo e sacralizzazione del mezzo (per un commento più approfondito rimando a questo bell’articolo: link).

Di seguito un’immagine e un video del suo lavoro:

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…e naturalmente potete richiedere la sua amicizia su FB per essere parte delle sue condivisioni che si limitano, di continuo, ad un’unica parola: vivo.

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