domenica 6 gennaio 2013

Le chiese (chiuse) di Napoli

Se Roma è la città dei santi Napoli è la città degli uomini dove l'arte, impastata com'è nella vita quotidiana dei vicoli, è vissuta come un elemento quotidiano tanto da essere dimenticata quando non inconsapevolmente vilipesa. Le chiese dialogano così strettamente col tessuto urbano che sono parte integrante di quel vivere comune tanto antico da sembrare rivoluzionario. Ma nell'indubbia difficoltà di curare le tantissime meraviglie del centro storico molte chiese sono condannate alla devastazione, all'incuria, alla rovina. Questo articolo ci ricorda l'importanza di questo assoluto e dimenticato patrimonio.


Il mare non ba­gna Na­poli. Ma po­trebbe farlo.

S. Maria della Speranza
Dura la vita de­gli sto­rici dell’arte. So­prat­tutto se lo siete a Na­poli. Una ri­cerca che in un po­sto qual­siasi, in cui le cose fun­zio­nano di­ciamo bene, può es­sere svolta, per esem­pio, in un mese, a Na­poli si svol­gerà me­dia­mente in sei, sette mesi o forse di più. Il mal­fun­zio­na­mento, l’apatia, la len­tezza, la di­sor­ga­niz­za­zione delle isti­tu­zioni che spesso e vo­len­tieri si sca­ri­cano le re­spon­sa­bi­lità a vi­cenda in un val­zer in­ter­mi­na­bile di com­pe­tenze ri­man­date di uf­fi­cio in uf­fi­cio, e con­ti­nua­mente rias­se­gnate in base alle cir­co­stanze, pos­sono in­durre an­che i mi­gliori a desistere.

Un pro­blema che mi col­pi­sce par­ti­co­lar­mente è l’enorme dif­fi­coltà che si in­con­tra nel mo­mento in cui si ne­ces­sita, sem­pli­ce­mente, di en­trare in una chiesa. Na­poli è no­to­ria­mente una delle città con più chiese al mondo; ne pos­siede così tante che, di al­cune, a volte, per­fino gli stessi cit­ta­dini ne per­dono me­mo­ria, e vi può ca­pi­tare che men­tre cer­cate una chiesa, ne tro­ve­rete nelle pros­si­mità al­tre cento. Si per­dono nei mean­dri dei vi­coli ri­pidi e stretti, spesso die­tro can­celli ser­rati e scro­stati dal tempo, mute die­tro i loro por­toni, di­men­ti­cate e igno­rate. Già nel 2000 la So­prin­ten­denza dei Beni ar­chi­tet­to­nici e am­bien­tali ne con­tava ben 165 chiuse. Qui chiuse coin­cide spesso con ab­ban­do­nate, non tu­te­late, tra­fu­gate. In­somma con­dan­nate a mo­rire, len­ta­mente. Nel la­voro di ri­cerca, dun­que, uno sto­rico dell’arte si scon­tra con que­sto enorme pro­blema, con la giu­ri­sdi­zione della Cu­ria, ma an­che con quella co­mu­nale, con le in­fi­nite dif­fi­coltà bu­ro­cra­ti­che e lo­gi­sti­che. Oggi le chiese ne­gate al pub­blico non si con­tano: San Mar­cel­lino e Fe­sto, Sant’Agostino de­gli Scalzi, Santa Ma­ria Don­na­ro­mita, San Se­ve­rino e Sos­sio, la Chiesa di Gesù e Ma­ria, Santa Ma­ria di Co­stan­ti­no­poli, Santa Ma­ria di Por­to­salvo, Santa Ma­ria della Vit­to­ria all’Anticaglia, San Bia­gio all’Olmo e si po­trebbe con­ti­nuare per molto.
Vi­ste da fuori sem­brano ru­deri, fac­ciate in­glo­bate nel de­grado ur­bano; cal­ci­nacci ca­denti, mura sbrec­ciate, ver­nici an­ne­rite dal tempo. Ma den­tro lo sce­na­rio è forse an­cor peg­gio. Tele, scul­ture, marmi, al­tari la­sciati a pu­tre­fare e mar­cire, cap­pelle che di­ven­tano de­po­siti di de­ter­sivi e car­toni, spor­ci­zia, pol­vere e incuria.

Santa Ma­ria della Spe­ranza, chiesa del XVI se­colo ubi­cata nei fa­mosi Quar­tieri Spa­gnoli che con­serva uno splen­dido al­tare sei­cen­te­sco, ca­po­la­voro di Co­simo Fan­zago, una tela di Ce­sare Fra­can­zano e an­cora al­tri te­sori, da anni è inac­ces­si­bile. Per riu­scire ad en­trare bi­so­gna met­tersi in con­tatto con l’Ufficio dei Beni cul­tu­rali della Dio­cesi di Na­poli e ri­chie­dere un per­messo, in­di­cando i mo­tivi pre­cisi per cui si de­si­dera en­trarci. Solo dopo aver ap­pro­vato la ri­chie­sta, l’Ufficio for­ni­sce i con­tatti di chi al mo­mento si oc­cupa della ge­stione della chiesa in que­stione. Così, dopo una lunga tra­fila (in cui i mesi sa­ranno tra­scorsi) si rie­sce a “sfon­dare” le porte della tanto so­spi­rata chiesa.

At­tra­ver­sando piazza Ca­vour ci si im­batte nella splen­dida fac­ciata della Chiesa di Santa Ma­ria del Ro­sa­rio alle Pi­gne, ca­po­la­voro di Ar­can­gelo Gu­gliel­melli. La gra­di­nata, pro­prietà or­mai di qual­che as­so­nato clo­chard, è co­perta di im­mon­di­zia, car­toni, ve­tro in fran­tumi. La chiesa, ot­timo esem­pio di ar­chi­tet­tura ba­rocca (mae­stosa la sca­li­nata in­terna a dop­pia rampa, su mo­dello delle sca­li­nate del San­fe­lice) è or­mai sede di uf­fici co­mu­nali e tutto ciò che vi era all’interno, tra cui nu­me­rose tele di Luca Gior­dano, è stato ri­mosso, qua­lora non tra­fu­gato. Re­stano po­chi marmi e l’altare, evi­den­te­mente di dif­fi­cile smer­cio. La chiesa è chiusa dal ter­re­moto del 1980 e da circa trent’anni non apre i battenti.

Chiesa di Gesù e Ma­ria. Al­tro in­cre­di­bile ol­trag­gio al pa­tri­mo­nio e al senso di etica e ci­viltà. Quella che fu una chiesa del XVI se­colo, ri­ma­neg­giata da Do­me­nico Fon­tana, è oggi un can­tiere di non me­glio de­fi­niti ma­te­riali ac­can­to­nati sul pa­vi­mento ma­io­li­cato. Ma­ce­rie, marmi, ce­mento: c’è da cre­dere che la chiesa sia stata col­pita da un fu­ne­sto ter­re­moto. Ma non può es­sere il ter­re­moto dell’80! E in­vece sì. Da trent’anni le con­di­zioni del com­plesso ar­chi­tet­to­nico sono quelle, de­plo­re­voli, che si ve­dono an­cora oggi. All’interno si tro­vano opere im­por­tanti come le de­co­ra­zioni di Gio­vanni Ber­nar­dino Az­zo­lino, gli af­fre­schi di Be­li­sa­rio Co­ren­zio e l’altare mag­giore di Dio­niso Laz­zari, quasi del tutto de­pre­dato, come pure i marmi rossi delle balaustre.

Il 23 set­tem­bre del 2009 spro­fon­dava il pa­vi­mento della chiesa di San Carlo alle Mor­telle, au­ten­tico gio­iello ba­rocco nel cuore dei Quar­tieri Spa­gnoli. Oggi la strut­tura ap­pare an­cora così per man­canza di soldi, di­cunt: buia, muta e pol­ve­rosa con un’enorme vo­ra­gine, come un ven­tre sfon­dato, en­ne­sima crepa di que­sta Na­poli che crolla poco a poco.

In oc­ca­sione del “Mag­gio dei Mo­nu­menti” sono state spa­lan­cate le porte di molte chiese, ma spesso solo per ren­derne noto il de­grado, come nel caso di San Gio­vanni Mag­giore a Pi­gna­telli, di cui già Fran­ce­sco Ca­glioti, or­di­na­rio di Sto­ria dell’Arte all’Università Fe­de­rico IIdi Na­poli, di­ceva: «È il frutto di un’incuria plu­ri­de­cen­nale. Dopo anni di furti e ab­ban­dono, ora ab­biamo un re­stauro vo­len­te­roso, co­stato dieci, cento volte più di una nor­male ma­nu­ten­zione. Ri­sul­tato: San Gio­vanni Mag­giore è un gu­scio se­mi­vuoto, manca il 90% de­gli ar­redi, ru­bati di re­cente. Ne­gli ul­timi 30 anni, rac­conto ai miei stu­denti, Na­poli ha di­strutto più di quanto ab­bia fatto nei 5 se­coli precedenti».

E pro­prio al pro­blema, ur­gen­tis­simo, delle chiese in ro­vina, è de­di­cata la mo­stra L’anima del tempo. Chiese na­po­le­tane: ro­vine e re­cu­peri ospi­tata in que­sti giorni nel chio­stro grande del com­plesso dei Gi­ro­la­mini (da poco ria­perto al pub­blico, gra­zie al la­voro e alla vo­lontà del so­prin­ten­dente Fa­bri­zio Vona e del con­ser­va­tore del mo­nu­mento, Um­berto Bile): do­dici chiese na­po­le­tane im­mor­ta­late dall’occhio di Mas­simo Li­stri, tra cui Santa Ma­ria del po­polo agli In­cu­ra­bili, Sant’Aspreno ai Cro­ci­feri, San Giu­seppe delle Scalze,Santa Ma­ria della Scor­ziata.
Scatti che do­cu­men­tano quanto in que­sti anni Na­poli ab­bia ri­nun­ciato alla pro­pria bel­lezza. Na­vate di­strutte, cap­pelle som­merse da ma­ce­rie e spaz­za­tura, pa­vi­menti e marmi tra­fu­gate alla meno peg­gio. È sin­go­lare che in molte chiese le foto siano proi­bite, non per que­stioni le­gate a norme ed au­to­riz­za­zioni ec­cle­sia­sti­che, ma «per­ché sono sem­pre più fre­quenti i furti su com­mis­sione». È quanto mi sento ri­spon­dere da un ad­detto, al che penso: «Fino a che punto di in­ci­viltà pos­siamo spingerci?».

Si po­trebbe con­ti­nuare a par­larne per giorni, ma le cose non cam­bie­reb­bero, e non cam­bie­ranno fino a quando la So­prin­ten­denza non de­ci­derà di porre fine a que­sto stra­zio per gli oc­chi e per l’anima. In­nan­zi­tutto c’è ur­gente bi­so­gno di in­di­vi­duare tutte le chiese chiuse e in de­grado, farne una map­pa­tura, un cen­si­mento che per­metta di fo­ca­liz­zare gli obiet­tivi e le prio­rità, la­voro in cui po­treb­bero es­sere coin­volti molti gio­vani lau­reati in sto­ria dell’arte. In se­conda ana­lisi si rende ne­ces­sa­rio un ag­gior­na­mento de­gli orari on line di aper­tura delle chiese (che già esi­stono, ma spesso e vo­len­tieri non sono at­ten­di­bili) così da per­met­tere a chiun­que, sto­rici o sem­plici cit­ta­dini amanti del bello, di en­trare nelle chiese senza do­versi sot­to­porre a ore di appostamenti.

E non serve a nulla pro­porre l’esclusione del cen­tro sto­rico della città dall’Unesco, pro­po­sta avan­zata pro­prio in que­sti giorni da nu­me­rose as­so­cia­zioni par­te­no­pee che pro­cla­mano a gran voce che la città non me­rita tale ono­ri­fi­cenza, per­tanto «è me­glio che si fac­cia da parte», cri­te­rio sba­glia­tis­simo di guar­dare al pro­blema, non solo per­ché lo ag­gira senza af­fron­tarlo dav­vero, ma am­mette un fal­li­mento e in­fonde un mes­sag­gio sba­gliato di di­sin­can­tata e amara ras­se­gna­zione, quando ciò che si do­vrebbe fare, con ur­genza e di­spe­ra­ta­mente, è fare in modo che la città con uno dei più grandi e ric­chi pa­tri­moni ar­ti­stici al mondo lo di­venti, de­gna e me­ri­te­vole. Cam­biare mec­ca­ni­smi e men­ta­lità in­ne­state da anni e anni di abi­tu­dine, pi­gri­zia e a volte stan­chezza non è fa­cile e troppo spesso l’abuso ozioso della for­mula ri­trita del la­scia­pas­sare ha ge­ne­rato que­sto tipo di de­grado e ab­ban­dono, ma penso spesso alle pa­role di Pa­squale Vil­lari, uno dei grandi pa­dri della que­stione meridionale:




- Ma non ve­dete che ci vuole un secolo?

- Sì, lo vedo, ma vedo an­cora che se co­min­ce­remo do­mani, ci vorrà un se­colo ed un giorno.

(Pa­squale Vil­lari, Let­tere me­ri­dio­nali, 1875).

Alessandra de Luca (Fonte Storie dell'arte)



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