domenica 3 luglio 2011

Pedretti - E' errata l’attribuzione del «Salvator mundi»

Sono tempi di incredibili ritrovamenti che si cerca a tutti i costi di spacciare per veri; ne abbiamo segnalati molti su questo blog, dai tanti Caravaggio al Crocifisso di Michelangelo. Si ha come l'idea, di certo fondata, che si muovano interessi immani dietro queste operazioni pubblicitarie e di marketing che, da un giorno all'altro, fanno spuntare il capolavoro del maestro; si percepisce che dietro questa cortina di attribuzioni e avvalli della critica ci siano ben altri interessi. Tali "scoperte" non fanno, secondo me, che destabilizzare la percezione che si ha del mondo dell'arte che vive ancora della ricerca di capolavori mentre dovrebbe pensare a salvaguardare il nostro l'immenso patrimonio. Tali ritrovamenti, inoltre, perché di non eccelsa qualità paragonati agli autografi, non fanno che sminuire il lavoro dei maestri e alterano, al vasto pubblico, il giudizio. Prima di avvalli del genere bisogna star molto attenti, altrimenti si corre il rischio di promuovere non l'arte ma il capitale, come si legge in questa "simpatica" diatriba tra Maurizio Marini e Tomaso Montanari circa il "Marte" del Guercino esposto in una mostra a Castel Sant'Angelo. Per Montanari, che rifiuta l'autografia, il punto sarebbe che la Soprintendeza di Roma ha accolto in un museo pubblico l’esibizione di un quadro appartenente a un fondo di investimento privato affidando la responsabilità scientifica al presidente onorario di quel fondo (l'articolo su Il Fatto Quotidiano).
Circa invece il presunto Salvator Mundi, di seguito l'articolo di Carlo Pedretti, il massimo esperto mondiale di Leonardo, che sulle pagine dell'Osservatore Romano spiega l'assurdità dell'attribuzione.

Se Leonardo è una chimera

Il tema del Salvator mundi (veduta frontale a mezzo busto del Salvatore in atto benedicente e con la sfera del globo terrestre nell’altra mano) fu affrontato da Leonardo molto tardi nella sua carriera, intorno al 1515, forse in vista di una committenza francese o da parte del maresciallo Gian Giacomo Trivulzio che nel 1518 moriva ad Amboise in Francia dove un anno dopo sarebbe morto lo stesso Leonardo.Il «Salvator mundi» erroneamente attribuito a Leonardo Di questo non esistono documenti ma, a Windsor, solo due splendidi studi per la stola e per il braccio benedicente del Cristo, stile e tecnica (matita rossa su carta preoparata di rosso) riconoscibili in quelli di paesaggi e studi di figura databili dal 1511 al 1515 e oltre.
Nel 1650 Wenceslao Hollar, ben noto come l’incisore di molti dei disegni di Leonardo allora di proprietà di Lord Arundel, poi di Carlo i e oggi a Windsor, pubblicava come di Leonardo unSalvator mundi corrispondente nei particolari della veste e del braccio alzato ai disegni autografi di Leonardo. Fu quella incisione il punto di partenza di una complessa proliferazione di versioni di scuola a ogni livello di qualità, dalla più raffinata e seducente, alla più pedissequa e perfino spregevole.
È di questi giorni l’annuncio della scoperta di una nuova versione che una sofisticata operazione di marketing sta lanciando come un originale di Leonardo coll’asserito avallo di specialisti che avrebbero proposto di accogliere l’opera fra quelle autografe che saranno esposte nel prossimo autunno presso la National Gallery di Londra.
L’unica giustificazione di un riconoscimento di tale portata sarebbe la prova che una eventuale spettrografia e altre prove di laboratorio avessero rivelato la presenza di tutt’altra immagine sottostante. Ma di questo non si fa alcun cenno, insistendo invece su una fantomatica provenienza dell’opera dalle raccolte reali inglesi per finire nell’Ottocento con attribuzione al Boltraffio — uno dei migliori allievi di Leonardo — nella Cook Collection a Richmond, per poi scomparire in mani private con vendite a epoca imprecisata.
Nella fondamentale e aggiornatissima monografia sul Boltraffio di Maria Teresa Fiorio (2000) non è menzionata fra le opere perdute o non rintracciate. Si presentano invece fra le opere d’incerta attribuzione una buona versione presso l’Accademia Carrara di Bergamo con copiosi riferimenti ad altre dello stesso livello, tutte illustrate in un fondamentale contributo di Ludwig H. Heydenreich del 1964, compresa quella, ora di ubicazione ignota, già presso la collezione Vittadini nella Villa Arcore a Monza.
La migliore versione di scuola (probabilmente Giampietrino) del medesimo soggettoLa versione ancora migliore e più vicina a un eventuale prototipo di Leonardo (sulla cui esistenza è legittimo avere forti dubbi), è quella già nella raccolta del marchese De Ganay a Parigy messa all’asta alcuni anni fa dagli eredi e venduta per poche centinaia di dollari a New York e ora di proprietà privata. È questa la versione che agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso ebbe l’onore di una attribuzione allo stesso Leonardo con una monografia di Joanne Snow-Smith durante una mostra da me organizzzata nel 1982 a Vinci per essere poi trasferita a dieci musei degli Stati Uniti insieme col resto della collezione De Ganey, che comprendeva i quattro famosi studi autografi di drappeggi poi ceduti due al Louvre e due alla Collezione Jonhnson di Princeton, nonché gli autografi di Poussin e Rubens sugli scritti teorici di Leonardo, ora in mani private.
C’è dunque ancora ben altro in circolazione nel mercato dell’arte. È bene dunque restare sul concreto e non andare appresso a chimere, come nel caso del «ritrovato» Salvator mundi che in fondo si spiega da sé. Basta guardarlo
  Carlo Pedretti

2 commenti:

  1. Forse sarebbe il caso di vederlo senza ridipinture prima di sentenziare!

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  2. il Salvator Mundi sulla destra non è il supposto Leonardo ma il Boltraffio (o D'oggiono)

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