venerdì 4 febbraio 2011

L'artefiera a Bologna. Un esempio da seguire


Si è da poco conclusa a Bologna la Fiera internazionale d’arte contemporanea, Artefiera, la più importante rassegna d’arte in Italia, diretta da Silvia Evangelisti, che vede ogni anno le più importanti gallerie italiane e straniere presentare le loro collezioni e gli artisti di punta. Anche in tale occasione si sono visti grandi nomi sia nazionali (Cattelan, Pistoletto, Beecroft, Pomodoro, Merz) che internazionali (Kounellis, Hirst, Kosuth, Hartung, Christo), oltre ad un nutrito numero di opere storiche (Fontana, Afro, Morandi, De Chirico, Burri, Baj) per la soddisfazione sia dei semplici visitatori che hanno avuto l’opportunità di girare in un enorme museo d’arte contemporanea, che dei collezionisti e mercanti alla ricerca della novità e dell’affare. Il numero dei visitatori quest’anno è stato superiore agli anni precedenti, circa 40mila, e anche il mercato, dopo il crollo dell’ultimo periodo, è sembrato dare segnali di ripresa, e se tra i padiglioni non si registrano evidenti azzardi e innovazioni, il livello è stato comunque alto. L’intera manifestazione, inoltre, è stata arricchita da eventi nel centro storico e l’arte è stata la protagonista indiscussa in tutta la città dimostrando come la cultura possa veramente far girare il turismo e l’economia. Bologna, oltre i padiglioni della fiera, ha visto gallerie private e pubbliche aperte con mostre specifiche, musei gratuiti e installazioni da arredo urbano disseminate ovunque nei palazzi storici e nelle piazze (“Se una notte d’inverno un viaggiatore” a cura di Julia Draganovic), in un vero e proprio percorso che ha reso la Notte Bianca di sabato 28 gennaio un evento unico e di spessore. Tra gli eventi collaterali il progetto Bologna si rivela curato Philippe Daverio, il quale ha realizzato un percorso culturale, artistico e museale nei più significativi luoghi d’arte della città: Casa Saraceni, Santa Maria della Vita, Palazzo Fava, la mostra Happy Tech – Macchine dal volto umano, a Palazzo Re Enzo, che ha esplorato il rapporto arte, scienza e nuove tecnologie, e le novità del Premio Furla. In fiera, invece, su circa 15mila metri quadrati espositivi hanno fatto da padrone le 200 gallerie presentando un panorama aggiornato di tutta l’arte mondiale; tra i vari appuntamenti le tavole rotonde sull’arte (Art Talks), presentazioni di libri, convegni e dibattiti. Il Molise è stato rappresentato in fiera da due artisti che stanno ricevendo unanimi consensi a livello nazionale: il termolese Ettore Frani e Luigi Mastrangelo di Santa Croce di Magliano. Il primo è fautore di una pittura minimale e frammentaria, fatta di impressioni e materia, il secondo è concentrato su uno stile immaginifico e lontanamente pop. C’è da dire che la nostra regione, a fronte di importanti collezionisti privati, non vanta purtroppo gallerie d’arte di livello nazionale; si nota del resto la mancanza anche di istituzioni culturali che lavorino con le giovani leve stimolando e valorizzando la scuola locale. Ci sono iniziative lodevoli come quelle della galleria Officina Solare di Termoli, della galleria Limiti Inchiusi di Campobasso e del’Aratro, archivio delle arti elettroniche e laboratorio per l’arte contemporanea dell’Università degli studi del Molise; significativa l’esperienza di Kalenarte a Casacalenda e del Premio Termoli, giunto alla sua 55° edizione, mentre il MACI, Museo d’Arte contemporanea di Isernia, sotto la cura di Luca Beatrice, pur realizzando eventi dal respiro internazionale si rivela inutile in assenza di una politica culturale rivolta in primo luogo al territorio, da intendere quale indispensabile base di partenza. Girando e discutendo tra i padiglioni della fiera con quattro artisti locali, Walter Giancola, Ermelindo Faralli, Michele Peri, artisti storici della regione, e Luca “Pop” Pontarelli, giovane e promettente pittore, si nota in effetti questo senso di frustrazione per una regione che non ha saputo valorizzare i propri talenti i quali, se fossero nati in altre realtà, sicuramente avrebbero avuto miglior sorte. Penso in particolare a Michele Peri, grande installatore nel recupero di materiali poveri, che sperimentava, forse tra i primi in Italia, la Land Art nel territorio di Rocchetta al Volturno agli inizi degli anni ’70. Ma i riferimenti possono spaziare su tante altre situazioni che, seppur di grande livello, non hanno ricevuto eco nazionale. Chi conosce per esempio l’attività artistica del Gruppo Solare, il primo laboratorio di arti visive del Molise e primo movimento in regione con un preciso programma culturale e teorico? Forse un museo o una fondazione permanente e una maggior attenzione delle istituzioni verso il locale avrebbe evitato la dispersione del sapere e quel senso di impotenza che riscontro oggi in molti artisti, scettici verso gli enti e disillusi verso il proprio lavoro. In questo senso l’esperienza dell’Artefiera di Bologna dovrebbe far riflettere tutti sulle enormi possibilità che si aprirebbero investendo sull’arte e sulla cultura. E per una volta la politica dovrebbe restarne fuori.

Tommaso Evangelista su Il Quotidiano del Molise del 4 febbraio

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