Tommy.
venerdì 31 luglio 2009
Buone vacanze
Tommy.
domenica 26 luglio 2009
Hirst – Una bici alata per Armstrong
Per le ultime due giornate del Tour de France, appena concluso, il ciclista americano Lance Armstrong, grande appassionato d’arte contemporanea, per il progetto Stages mirato raccogliere fondi per la Lance Armstrong Foundation e per la lotta contro il cancro, ha gareggiato con una bici griffata nientemeno che da Damien Hirst.
La bici di Hirst è solo l’ultima di una serie di bici personalizzate da artisti di fama e che il ciclista ha usato durante il Tour, per poi metterle all’asta. Gli artisti coinvolti in una varietà di personalizzazione delle biciclette della Trek sono KAWS, Kenny Scharf, Shepard Fairey, Marc Newson, Yoshitomo Nara ed appunto Damien Hirst, il cui lavoro può essere visto sul sito Trek e su flickr.
Damien Hirst ha decorato una Trek Madone inserendo, a mo’ di decupage, una serie di ali reali di farfalle, dal telaio fino al cerchioni, che si ripetono in precise composizioni geometriche, staccate e installate una ad una dagli assistenti, come in alcune sue celebri opere, col suo classico senso di horror vacui. Come ha spiegato lui stesso “It was a great opportunity to work with someone I admire and create the bike — something I’ve never done before. The technical problems were immense, as I wanted to use real butterflies and not just pictures of butterflies, because I wanted it to shimmer when the light catches it like only real butterflies do, and we were trying not to add any extra weight to the bike. Doing something crazy like this is ultimately about transportation and not simply transport, and what Lance does when he rides it is the same thing. I think Lance loves it!”.
Non sono mancate le critiche da parte degli ambientalisti; in alcuni casi infatti si tratta perfino di specie relativamente rare, come la cosiddetta farfalla di Morpho (”Blue Morpho”).
L’artista, non nuovo a queste contaminazioni con l’industria, si era già cimentato in un’impresa simile decorando una Harley-Davidson.
Desertointernet
Dal Padiglione Internet della Biennale una collaborazione fra Milton Manetas e Rafael Rozendaal, artisti di net art. Il loro spaziohttp://desertointernet.com/ è un dominio spiazzante ed apocalittico, rilassante e suggestivo. Post-umano. Forse dopo una catastrofe mondiale anche internet sarà un luogo solitario e deserto come quello proposto qui. Fatevi un giro.
giovedì 23 luglio 2009
Music From A Tree
Diego Stocco - Music From A Tree from Diego Stocco on Vimeo.
mercoledì 22 luglio 2009
Pere Borrell del Caso e il trompe-l'oeil
”Mentre la cornice reale ha la funzione di operare una cesura tra ‘arte’ e ‘realtà’, la cornice dipinta serve a offuscare tale limite” Stoichita-L’invenzione del quadro.
Pere Borrell del Caso (Puigcerdà 1835 - 1910 di Barcellona, Catalogna) è stato un pittore spagnolo, illustratore e incisore, più conosciuto per la sua pittura Escapando de la crítica (Fugendo dalle critiche), del 1874 (Madrid, Banco de España), tra gli esempi più famoso di trompe-l'oeil nella storia dell’arte, superbo nel cancellare il confine tra spazio reale e immaginario. L’artista crea un gioco illusionistico tra il secondo piano, un fondo incorniciato senza nessuna immagine dentro, e il primo piano che presenta una figura umana che sembra situarsi davanti, fuori dalla cornice, fuori dal quadro. I due piani danno così la sensazione di restare disgiunti.
Anche in questo quadro Borrell brillantemente pone le ragazze nel nostro spazio, integrandole con l’ornamento neoclassico che funge da cornice; una delle due infatti poggia il suo gomito su un fregio alla greca dando l’impressione di voler uscire.
I precedenti sono i più disparati; senza addentrarmi troppo oltre, mi soffermerei sui maestri fiamminghi a cominciare dal Mabuse fino ad arrivare a Gerrit Dou.
Inganni ad arte. Meraviglie del trompe-l'oeil dall'antichità al contemporaneo.
martedì 21 luglio 2009
Le Pale d’Altare di Bill Viola per la Cattedrale di St Paul
Bill Viola ha dichiarato: “The two themes of Mary and Martyrs symbolise some of the profound mysteries of human existence. One is concerned with birth and the other with death; one with comfort and creation, the other with suffering and sacrifice. If I am successful, the final pieces will function both as aesthetic objects of contemporary art and as practical objects of traditional contemplation and devotion.”
La luna, Galileo e le arti
In omaggio ai 40 dello sbarco dell’uomo sulla Luna colgo l’occasione per inserire gli schizzi di colui che la vide per la prima volta da vicino, Galileo Galilei, e alcune opere che furono direttamente influenzate dalle sue scoperte.
Galileo, come già illustrato in un post precedente, fu un abile disegnatore e grazie anche all’amicizia col Cigoli, curò questa occupazione tanto che da lasciarci splendidi acquerelli e schizzi, in particolare nelle sue lettere tra il 1620 e il 1630.
Questi acquerelli rappresentano la Luna nelle diverse fasi e dimostrano la superiorità dei telescopi di Galileo su quelli dei suoi contemporanei. In alto a destra dell'immagine indicata con "1" è presentato in dettaglio un cratere isolato. Recentemente sono stati scoperti altri cinque acquerelli
Dalle lettere.
Quattro esempi della serie di 12 raffigurazioni dei fenomeni celesti realizzate da Maria Clara Eimmart. Illustrano le principali novità celesti scoperte da Galileo e dagli astronomi delle generazioni successive.
Le “Osservazioni astronomiche” conservate alla Pinacoteca Vaticana di Donato Creti sono una serie di piccole tele raffiguranti stelle e pianeti ritratti in modo da mostrare l’aspetto che presentano al telescopio, evocando le scoperte galileiane. Furono commissionata nel 1711 al pittore dal conte bolognese Luigi Marsili per farne dono al Papa Clemente XI allo scopo di convincerlo dell'importanza di un osservatorio astronomico per la Santa Chiesa. In seguito a tale dono il Pontefice decise di contribuire economicamente nel gennaio 1712 fu stilato l'atto notarile della donazione a favore del progetto che portò alla nascita dell'Istituto delle Scienze di Bologna presso il palazzo della famiglia Poggi. Fu così che poco dopo a Bologna venne inaugurato il primo osservatorio astronomico pubblico d'Italia.
Nelle serie di tele ad olio di piccolo formato, attualmente conservata presso la Pinacoteca Vaticana, Donato Creti ha rappresentato, con la collaborazione dell'incisore Raimondo Mancini, otto scene di paesaggi (tutti notturni tranne per il pannello in cui compare il Sole) dove ha raffigurato gli strumenti principali della Specola Marsiliana per i quali ebbe precise istruzioni dagli astronomi tra cui Eustachio Manfredi (alcuni anche ritratti nelle tele in abiti settecenteschi) e tutti gli oggetti del Sistema Solare allora conosciuti così come si osservavano con gli strumenti dipinti. Ovviamente, i pianeti Urano, Nettuno e Plutone non potevano essere rappresentati poiché furono scoperti in seguito. Tra gli oggetti celesti raffigurati compare anche una cometa e, come dimostra il gesto della figura femminile ritratta, all'inizio del XVIII secolo, questi oggetti conservavano ancora un significato nefasto. Ecco rispettivamente: Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, Cometa.
La prima rappresentazione pittorica del cannocchiale di Galileo si ha col dipinto realizzato nel 1614, all'indomani della pubblicazione a Roma dell'Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari (1613), de La Vista, eseguito da Ribera detto Lo Spagnoletto. L'opera venne peraltro realizzata in quel contesto di artisti (tra i quali lo stesso Caravaggio), conoscitori e collezionisti - da Francesco Maria del Monte, a Scipione Borghese, a Federico Cesi e ai lincei, fino a Vincenzo Giustiniani - pronti a condividere con entusiasmo le osservazioni astronomiche effettuate con l'“occhiale” galileiano.
L’inlusso del Sidurus Nuncius sulla cultura del tempo, anche a livello artistico, si può scorgere nella celebre tela La fuga in Egitto di Adam Elsheimer.
Francesco Furini, grande artista del ‘600 che la storiografia successiva elogerà per via della sua pittura sensuale e psicologica che nel secondo quarto del Seicento aveva sedotto Firenze, proprio nella città toscana ebbe importanti committenti, tra i quali lo stesso Galileo Galilei, che lo tenne a stipendio ed in onore del quale, nella pala d’altare dedicata all’Assunzione della Vergine, realizzerà una luna pallida e butterata di crateri in omaggio alle scoperte astronomiche dello scienziato.
Gli Astronomi di Niccolò Tornioli, tela acquistata da Virgilio Spada nel 1645 ed ora nella Galleria Spada a Roma, raffigura illustri astronomi, antichi e moderni, in disputa tra loro relativamente alla validità delle due teorie, la tolemaica e la copernicana. Il personaggio centrale con berretto, identificato con l’astronomo polacco Nicolò Copernico, indica in lontananza le fasi lunari a sostegno della teoria eliocentrica da lui enunciata nel 1540. In primo piano a sinistra, Aristotele e Tolomeo, indifferenti al dato fisico, difendono la teoria tolemaica. A destra spunti iconografici a conferma della veridicità della teoria eliocentrica ribadita da Galileo nel 1632 con la pubblicazione del Dialogo dei Massimi Sistemi. La presenza del cannocchiale vuole rendere omaggio proprio a Galileo che ne scoprì l’uso nel 1610 usandolo per i suoi studi; lo scienziato, incompreso, è raffigurato a destra nell’ombra. Infine la donna raffigura l’Astronomia, personificazione con il turante, squadra e compasso per i rilevamenti, mentre invita a guardare il globo.
Infine non poteva mancare un riferimento al mito classico di Diana ed Endimione tanto raffigurato nelle arti.
Era un re dell’Elide, presentato solitamente come un bellissimo pastore o cacciatore. Sua caratteristica era quella di poter godere di un sonno eterno, sulla cui origine le versioni del mito differiscono notevolmente: talora viene presentato come un dono di Zeus, che gli aveva permesso di poter disporre personalmente della propria morte consentendogli così di sostituirla con un sonno ininterrotto; talvolta invece il sonno è considerato una punizione, dovuta al fatto che Endimione, elevato da Zeus al cielo, aveva osato desiderare l’amore di Era; in altri casi si dice che Ipnos, il dio alato della sonno, innamoratosi di lui, gli avesse concesso il dono di poter dormire ad occhi aperti. Il racconto più celebre è però quello secondo il quale Endimione era amato da Selene, la Luna, la quale spariva dietro la cresta del monte Latmo, in Asia Minore, per andare a trovarlo mentre dormiva in una grotta. Il sonno sarebbe stato provocato dalla stessa dea, per potersi accostare indisturbata al giovane. Con Selene Endimione generò cinquanta figlie.
Qui due differenti approcci: quello più classicista e sognante di Pier Francesco Mola e quello, direi quasi filologico, del Guercino con Endimione che regge nientemeno che un telescopio.
E per concludere lo splendido bozzetto, carico di simbologie ermetiche, realizzato nel 1814 da Schinkel per le scenografie del Flauto Magico di Mozart; l’opera raffigura il palazzo della Regina della Notte con la donna in piedi su una Luna crescente, classico riferimento all’iconografia mariana.
lunedì 20 luglio 2009
Se non è Michelangelo è Dio
Su segnalazione di un commento anonimo (che ringrazio) ritorno anche sul caso del Crocefisso di Michelangelo del quale, seguendo le analisi di illustri storici dell’arte, avevo evidenziato la non certa attribuzione e l’eventuale incongruenza circa la cifra pagata dallo Stato; avevo espresso anche la domanda su cosa ne avrebbe mai pensato Federico Zeri ed ora, fortunatamente, trovo la risposta in questo articolo segnalatomi scritto da Antonio Paolucci, attuale direttore dei Musei Vaticani: "Se non è Michelangelo è Dio" (questa la frase lapidaria del grande studioso riportata da "Il Giornale dell'Arte" del maggio 2004).
Il resto dell’articolo sottolinea invece, con un’antologia di autorevoli opinioni, l’attribuzione ad un Michelangelo giovanissimo negli anni fra il 1492 e il 1495, quando entrò nel clima di alta spiritualità, di casta pulchritudo, praticato da Girolamo Savonarola. Facendo ammenda delle conclusioni affrettate riportate nel post precedente non posso che evidenziare le grandi problematiche che ruotano intorno ad attribuzioni così importanti.
L'autore? Se non è Michelangelo è Dio; di Antonio Paolucci. (Osservatore romano, 16 dicembre 2008).
Quelle linee che ricordano la pietà; di Cristina Acidini. (Osservatore romano, 13 dicembre 2008)
Il Crocefisso di Michelangelo…la solita speculazione? Ipotesi e confronti.
Morte e design
Ritorno sull’argomento di un vecchio articolo per segnalare come abbia trovato nuove foto della cripta dei cappuccini a via Veneto inseriti in un post del noto sito di design: Desigcenter.
Anche se fa un po' strano veder accostate queste macabre composizioni settecentesce a immagini ben più contemporanee, opere di grafica, architetture ed interni, non posso che constatare l’assoluta contemporaneità di queste realizzazioni che ancora oggi colpiscono la fantasia.
Il post su desigcenter.
Nuove foto da Marcela Fea.
La cripta dei Cappuccini a via Veneto e la dolce morte a via Veneto.
domenica 19 luglio 2009
La “Rometta” di Pirro Ligorio
Se avete presente l’Italia in miniatura, quell’attrazione che presenta ricostruzioni e scorci delle maggiori città della penisola con i loro tesori d’arte, volevo sottolineare quella che forse, in termini concettuali, è la sua antecedente.
Si tratta della famosa fontana del “La Rometta” realizzata dal 1567 al 1570 da Curzio Maccarone su progetto di Pirro Ligorio nello splendido giardino di villa d’Este a Tivoli. La fontana, riproduzione sintetica della Roma classica visibile nel '500, rappresentava in forma allegorica città antica, con percorsi d’acqua e, in una miniatura di fantasia, l’isola Tiberina e alcuni importanti edifici, sullo sfondo panoramico della città.
Gran parte della quinta architettonica fu demolita a metà dell’Ottocento in seguito al verificarsi di gravi dissesti strutturali causati dalla crescita di radici all’interno del nucleo murario e da protratte infiltrazioni. Ecco l’originale stato della fontana da due stampe del Duperac e del Venturini.
Discendendo dalla villa, in fondo al viale delle Cento Fontane, si apre il belvedere della Rometta aperto verso la pianura romana. L'insieme di vasche e zampilli trova il suo centro nella grande vasca con al centro la rappresentazione di Roma in trono, scenograficamente incorniciata sulla sinistra, in origine, dalla citazione dei monumenti più belli e rappresentativi che caratterizzavano la città antica. Posizionata su un grande basamento, regala ai visitatori una splendida vista dalla retrostante terrazza: vi si accede tramite un ponticello che scavalca un canale dalla forma curva, rappresentante il Tevere, che è alimentato da due ruscelli, il cui confluire rappresenta l'immissione del fiume Aniene nel Tevere. Al centro del corso d'acqua sorge una antica nave romana, rappresentante l'Isola Tiberina, il posto in cui si istaurò il primo nucleo romano, essendo un punto del fiume di facile guado; l'Isola era altresì sede di numerosi ospedali, ai quale probabilmente allude il serpente che si svolge sotto il ponticello, simbolo del dio della medicina Esculapio. Al centro della fontana sta la statua di Roma Vittoriosa, armata di elmo, corazza e lancia, mentre al lato il gruppo scultoreo della Lupa che allatta Romolo e Remo. Adornavano la fontana in origine, molti altri gruppi scultorei simboleggianti i monumenti della Roma antica, (l'Arco di Tito, l'Arco di Settimio Severo, l'Arco di Costantino, la Colonna Traiana, il Pantheon, il Colosseo e così via molti altri), tutti realizzati da Pierre de la Motte su disegno di Pirro Ligorio, dei quali non ci rimane traccia, se non nei disegni del Venturini del 1685: prima della demolizione di una buona parte del complesso nel XIX secolo, doveva apparire ben diversa la fontana nel suo insieme, adorna delle tante statue e ricca di particolari.
Ecco quindi un gioco di prospettive, rimandi, simbologie tra la Roma in miniatura e la Roma reale, la cui veduta in lontananza si può osservare dalla terrazza della fontana; naturalmente non era intenzione del dotto cardinale Ippolito d’Este far creare un qualcosa che attirasse solo la curiosità: anche se vi è uno spiccato gusto per la sorpresa e il meraviglioso queste piccole riproduzioni di edifici (a quanto mi risulta un unicum nella storia dell’arte) restano pur sempre cariche di simboli, esempi illuminanti del fervente clima archeologico e filologico che dominava la cultura del tempo.