In omaggio ai 40 dello sbarco dell’uomo sulla Luna colgo l’occasione per inserire gli schizzi di colui che la vide per la prima volta da vicino, Galileo Galilei, e alcune opere che furono direttamente influenzate dalle sue scoperte.
Galileo, come già illustrato in un post precedente, fu un abile disegnatore e grazie anche all’amicizia col Cigoli, curò questa occupazione tanto che da lasciarci splendidi acquerelli e schizzi, in particolare nelle sue lettere tra il 1620 e il 1630.
Questi acquerelli rappresentano la Luna nelle diverse fasi e dimostrano la superiorità dei telescopi di Galileo su quelli dei suoi contemporanei. In alto a destra dell'immagine indicata con "1" è presentato in dettaglio un cratere isolato. Recentemente sono stati scoperti altri cinque acquerelli
Dalle lettere.
Quattro esempi della serie di 12 raffigurazioni dei fenomeni celesti realizzate da Maria Clara Eimmart. Illustrano le principali novità celesti scoperte da Galileo e dagli astronomi delle generazioni successive.
Le “Osservazioni astronomiche” conservate alla Pinacoteca Vaticana di Donato Creti sono una serie di piccole tele raffiguranti stelle e pianeti ritratti in modo da mostrare l’aspetto che presentano al telescopio, evocando le scoperte galileiane. Furono commissionata nel 1711 al pittore dal conte bolognese Luigi Marsili per farne dono al Papa Clemente XI allo scopo di convincerlo dell'importanza di un osservatorio astronomico per la Santa Chiesa. In seguito a tale dono il Pontefice decise di contribuire economicamente nel gennaio 1712 fu stilato l'atto notarile della donazione a favore del progetto che portò alla nascita dell'Istituto delle Scienze di Bologna presso il palazzo della famiglia Poggi. Fu così che poco dopo a Bologna venne inaugurato il primo osservatorio astronomico pubblico d'Italia.
Nelle serie di tele ad olio di piccolo formato, attualmente conservata presso la Pinacoteca Vaticana, Donato Creti ha rappresentato, con la collaborazione dell'incisore Raimondo Mancini, otto scene di paesaggi (tutti notturni tranne per il pannello in cui compare il Sole) dove ha raffigurato gli strumenti principali della Specola Marsiliana per i quali ebbe precise istruzioni dagli astronomi tra cui Eustachio Manfredi (alcuni anche ritratti nelle tele in abiti settecenteschi) e tutti gli oggetti del Sistema Solare allora conosciuti così come si osservavano con gli strumenti dipinti. Ovviamente, i pianeti Urano, Nettuno e Plutone non potevano essere rappresentati poiché furono scoperti in seguito. Tra gli oggetti celesti raffigurati compare anche una cometa e, come dimostra il gesto della figura femminile ritratta, all'inizio del XVIII secolo, questi oggetti conservavano ancora un significato nefasto. Ecco rispettivamente: Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, Cometa.
La prima rappresentazione pittorica del cannocchiale di Galileo si ha col dipinto realizzato nel 1614, all'indomani della pubblicazione a Roma dell'Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari (1613), de La Vista, eseguito da Ribera detto Lo Spagnoletto. L'opera venne peraltro realizzata in quel contesto di artisti (tra i quali lo stesso Caravaggio), conoscitori e collezionisti - da Francesco Maria del Monte, a Scipione Borghese, a Federico Cesi e ai lincei, fino a Vincenzo Giustiniani - pronti a condividere con entusiasmo le osservazioni astronomiche effettuate con l'“occhiale” galileiano.
L’inlusso del Sidurus Nuncius sulla cultura del tempo, anche a livello artistico, si può scorgere nella celebre tela La fuga in Egitto di Adam Elsheimer.
Francesco Furini, grande artista del ‘600 che la storiografia successiva elogerà per via della sua pittura sensuale e psicologica che nel secondo quarto del Seicento aveva sedotto Firenze, proprio nella città toscana ebbe importanti committenti, tra i quali lo stesso Galileo Galilei, che lo tenne a stipendio ed in onore del quale, nella pala d’altare dedicata all’Assunzione della Vergine, realizzerà una luna pallida e butterata di crateri in omaggio alle scoperte astronomiche dello scienziato.
Gli Astronomi di Niccolò Tornioli, tela acquistata da Virgilio Spada nel 1645 ed ora nella Galleria Spada a Roma, raffigura illustri astronomi, antichi e moderni, in disputa tra loro relativamente alla validità delle due teorie, la tolemaica e la copernicana. Il personaggio centrale con berretto, identificato con l’astronomo polacco Nicolò Copernico, indica in lontananza le fasi lunari a sostegno della teoria eliocentrica da lui enunciata nel 1540. In primo piano a sinistra, Aristotele e Tolomeo, indifferenti al dato fisico, difendono la teoria tolemaica. A destra spunti iconografici a conferma della veridicità della teoria eliocentrica ribadita da Galileo nel 1632 con la pubblicazione del Dialogo dei Massimi Sistemi. La presenza del cannocchiale vuole rendere omaggio proprio a Galileo che ne scoprì l’uso nel 1610 usandolo per i suoi studi; lo scienziato, incompreso, è raffigurato a destra nell’ombra. Infine la donna raffigura l’Astronomia, personificazione con il turante, squadra e compasso per i rilevamenti, mentre invita a guardare il globo.
Infine non poteva mancare un riferimento al mito classico di Diana ed Endimione tanto raffigurato nelle arti.
Era un re dell’Elide, presentato solitamente come un bellissimo pastore o cacciatore. Sua caratteristica era quella di poter godere di un sonno eterno, sulla cui origine le versioni del mito differiscono notevolmente: talora viene presentato come un dono di Zeus, che gli aveva permesso di poter disporre personalmente della propria morte consentendogli così di sostituirla con un sonno ininterrotto; talvolta invece il sonno è considerato una punizione, dovuta al fatto che Endimione, elevato da Zeus al cielo, aveva osato desiderare l’amore di Era; in altri casi si dice che Ipnos, il dio alato della sonno, innamoratosi di lui, gli avesse concesso il dono di poter dormire ad occhi aperti. Il racconto più celebre è però quello secondo il quale Endimione era amato da Selene, la Luna, la quale spariva dietro la cresta del monte Latmo, in Asia Minore, per andare a trovarlo mentre dormiva in una grotta. Il sonno sarebbe stato provocato dalla stessa dea, per potersi accostare indisturbata al giovane. Con Selene Endimione generò cinquanta figlie.
Qui due differenti approcci: quello più classicista e sognante di Pier Francesco Mola e quello, direi quasi filologico, del Guercino con Endimione che regge nientemeno che un telescopio.
E per concludere lo splendido bozzetto, carico di simbologie ermetiche, realizzato nel 1814 da Schinkel per le scenografie del Flauto Magico di Mozart; l’opera raffigura il palazzo della Regina della Notte con la donna in piedi su una Luna crescente, classico riferimento all’iconografia mariana.
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