mercoledì 28 marzo 2012

I diari di Haring

La Keith Haring Foundation sta scannerizzato i diari di Keith dal 1971 al 1989, alcuni dei quali sono presenti nella mostra Keith Haring: 1978-1982. Una pagina sarà pubblicata ogni giorno per tutta la durata dell'esposizione che si tiene al Brooklyn Museum dal 16 marzo fino al 8 Luglio 2012. La mostra è la prima grande retrospettiva che esplora le opere giovanili di uno dei più noti artisti americani del XX secolo.



martedì 27 marzo 2012

Piero della Francesca - L'annunciazione di Perugia



Interessante lettura del prof. Rodolfo Papa sull'Annunciazione di Piero della Francesca, che chiarisce i vari momenti dell'evento divino e il ruolo della prospettiva nella storia sacra, prospettiva nata appunto per conferire veridicità allo spazio raffigurato e quindi dare autorevolezza al racconto. (Su Zenit).

L’Annunciazione è un mistero della gioia, particolarmente caro agli artisti italiani del Rinascimento, che in innumerevoli prospettive lo hanno rappresentato, sottolineando in modo mirabile il Fiat di Maria e lo stravolgente evento in cui Verbum caro factum est.

Piero della Francesca dipinse l’Annunciazione su una tavola dipinta a tempera nel 1470, nella cimasa del cosiddetto Polittico di Perugia, per il Convento delle Monache Francescane di Sant’Antonio da Padova (dove fu conservato fino al 1810, anno in cui fu spostato nella Galleria Nazionale di Perugia, dove è tuttora esposto). Giorgio Vasari nelle sue Vite descrive l’opera in questi termini: «una Nunziata bellissima, con un angelo che par proprio che venga dal cielo; e che è più, una prospettiva di colonne che diminuiscono»1.

Piero, con una struttura apparentemente semplice, racconta il Mistero dell’Incarnazione attraverso uno strumento che egli conosceva molto bene: la prospettiva. Dopo i passi iniziali compiuti dai pittori del primo Quattrocento, ( Brunelleschi, Masaccio e Donatello) egli compie studi che assieme a quelli di Leonardo e di Leon Battista Alberti oltre ad alcuni matematici porterà questa disciplina a livelli altissimi di perfezione. Ricordiamo che la prospettiva nasce proprio nella storia dell’arte per realizzare l’esigenza di rappresentare la realtà e la presenza delle Sacre Storie. La prospettiva diventa lo strumento privilegiato per aiutare la contemplazione.

Piero della Francesca rappresenta l’Arcangelo Gabriele in ginocchio con un abito azzurro, le ali di colomba ancora aperte dopo aver planato nel suo volo di messaggero, porta le braccia incrociate al petto e guarda Maria, che dall’altra parte della tavola in piedi con il capo un poco chino ha gli occhi bassi, muovendo un piccolo passo come per accennare un inchino, tenendo il libro delle preghiere nella mano sinistra con l’indice a mò di segnalibro, porta le braccia incrociate al petto come l’Arcangelo. Le due figure sono separate da uno spazio architettonico che in un gioco di prospettive riempie completamente la superfice dipinta. Una colomba che plana dall’alto, in una aureola di luce dorata procede verso Maria. Fin qui niente di sostanzialmente diverso da tante altre annunciazioni del passato e contemporanee. Ma la narrazione evangelica che meditiamo il giorno dell’Annunciazione del Signore, tratta dal Vangelo di Luca, ci offre alcuni spunti di riflessione per comprendere meglio questo dipinto: « Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse quel saluto» (Lc 1,26-29).

Per tutto il Trecento ed il Quattrocento si moltiplicano piccoli trattati spirituali che aiutano la contemplazione della narrazione evangelica e che divengono strumenti utilissimi per i predicatori, come il Zardino de oration, o il Catolicon o ancora lo Specchio di fede, che sono i più famosi e diffusi alla fine del Quattrocento. Questa tradizione elenca cinque stati d’animo che Maria vive nella angelica confabulazione2: il primo si chiama conturbatione, il secondocogitatione, il terzo interrogatione, il quarto humiliatione, e l’ultimo meritatione . Piero nella sua opera sottolinea il penultimo stato d’animo che pian piano scivola nell’ultimo, ovvero il momento nel quale Maria dice: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei. Allora guardando l’angelo comprendiamo che non è stato dipinto nell’atto di giungere, ma piuttosto stende le ali ed è pronto a partire, mentre subito dall’alto lo spirito Santo in forma di colomba discende su Maria per compiere quel mistero gaudioso che è centro della storia della salvezza e centro reale del dipinto di Piero. Infatti tutta la tessitura del racconto pittorico è organizzata spiritualmente attraverso la prospettiva. La prospettiva è in grado di rappresentare quel particolare mistero. Tra lo spazio angelico di Gabriele e quello umano di Maria c’è una separazione, un cono prospettico, come un terzo spazio che è momentaneamente riempito da una assenza, un vuoto incolmabile: lo spazio divino è separato nettamente da quello umano dopo il peccato originale. Ma ecco che con Maria i tempi si compiono, il centro della storia è nella sua struttura architettonica costruito per accogliere il Salvatore, e nel momento in cui risuona nella storia il suo Fiat,lo spazio si ricolma di Spirito Santo e diviene il grembo di Maria.

La prospettiva pittorica si impegna nel proclamare il grande mistero della Incarnazione.

«Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18).

Alla fine del XVII secolo, il grande artista Andrea Pozzo dirà a proposito della prospettiva: “tirar tutte le linee...al vero punto dell’occhio che è la Gloria di Dio”3.
*
1 Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, a cura di L. Bellosi e A. Rossi, Torino, 1991, p. 342, (nota 20).
2 Fra Roberto Caracciolo, Specchio di fede, Venezia 1492.
3 Fratel Andrea Pozzo, Perspectiva pictorum et Architectorum, Roma 1693-1702.

giovedì 22 marzo 2012

2Video

2Video è una rassegna trasversale di video d'artista ospitata sul sito UNDO. E' un progetto che abbina ogni settimana due nuovi video d'artista accomunati da una parola, producendo ulteriori slittamenti di senso. Una rassegna in progress dal 2007 aperta al contributo di più curatori affascinante per la percezione simultanea di immagini e impressioni, risemantizzazioni della parola scelta e creazione di nuovi significati. Da vedere tutti.


martedì 20 marzo 2012

Van Gogh manga

In una lettera del1888 diretta al fratello Theo Van Gogh così scrive: "Studiando l'arte giapponese, si vede un uomo, indiscutibilmente saggio,filosofo e intelligente, che passa il suo tempo a far che? A studiare la distanza tra la terra e la luna? No. A studiare la politica di Bismarck? No. A studiare un unico filo d'erba. Ma quest'unico filo d'erba lo induce a disegnare tutte le piante, e poi le stagioni e le grandi vie del paesaggio e infine gli animali e poi la figura umana. Così passa la sua vita e la sua vita è troppo breve per arrivare a tutto. Ma insomma non è una vera religione quella che c'insegnano questi giapponesi così semplici e che vivono in mezzo alla natura come se fossero essi stessi dei fiori?".

E ancora in una lettera a Bernard sempre del 1888: "Voglio incominciare a dirti che il paesaggio qui  mi   sembra  bello come il Giappone, per la limpidezza dell’atmosfera e gli effetti allegri di colore, le acque fanno delle macchie di un bello smeraldo e di un blu sontuoso nei paesaggi  come si vedono nei crêpons giapponesi. I tramonti arancio pallido danno al terreno un colore blu. I soli sono giallo splendente e ciononostante non ho ancora visto il paese nel suo splendore estivo".

E' stato scritto molto sugli Impressionisti, Van Gogh e il loro rapporto col Giappone, in particolare con i maestri dell'Ukiyo-E ("immagini del mondo fluttuante) Hokusai, Hiroshige, Utamaro, Kunisada, Eisen. Per confrontare i dipinti rimando ai classici esempi proposti in questi link: Il giapponismo, Van Gogh giapponese, Van Gogh e il sole del Giappone. In questa sede, invece, vorrei proporre una sola opera di Van Gogh che mi sembra tanto moderna da poter essere scambiata per un odierno disegno manga che raffiguri un classico paesaggio urbano di Tokio. E' un disegno del 1887 e si intitola Strada con gente ed è di una freschezza e immediatezza che ritengo uniche, esplicativo per comprendere l'intimo legame dell'artista con l'atmosfera giapponese.


lunedì 19 marzo 2012

Della magnificenza di Roma barocca

Di ritorno da un seminario di studi tutto incentrato sulla Roma barocca riporto alcune impressioni. La prima è la bellezza sublime della statua di Santa Cecilia del Maderno, bellezza accentuata dalla veridicità della posa (che riprende quella del corpo ritrovato nel 1600) e dalla bizzarria dei panneggi. Il volto nascosto, eppur presente, le mani che indicano la Trinità, le ferite sul collo dalle quali esce una goccia di sangue, trasmettono verità e devozione.Nel 1599, durante i restauri della basilica di Santa Cecilia in vista del Giubileo del 1600, compiendo la ricognizione del suo corpo, Cecilia fu ritrovata incorrotta, nella stessa posizione che aveva al momento della sua morte. Il cardinale Sfondrato, titolare della basilica, incaricò lo scultore Stefano Maderno di ritrarla così come era stata rinvenuta e lo scultore ne trasse un capolavoro che i recenti restauri hanno ancora più valorizzato. La testa reclinata all’indietro con la profonda ferita della decapitazione, le mani che indicano la fede nel Dio Uno e Trino, la posa così drammatica e nel contempo serena della santa colpiscono profondamente e commuovono.


"La forma purissima di S. Cecilia è miracolosa misura di bellezza possibile, condivisibile, per tutti significante: avvolta nei veli, stretta dai lacci, ritrosa al mondo e confidente nel suo riposo sereno, lei così fragile fatta marmo, lei così offesa per sempre trionfante. In quest’epoca di tutti gli sberleffi — alla bellezza, all’arte, all’intelligenza — Cecilia attende e consola coloro che varcano il doppio ingresso del Convento, il portale della Basilica luminosa, che cela nella controfacciata l’affresco di Pietro Cavallini, ove di diversa, iridescente bellezza vibrano le ali di imperturbabili angeli". (Gabriella Rouf).


Maderno. Santa Cecilia (parte nascosta)
La seconda è la grandezza della visione d'insieme che ha permesso una perfetta armonia tra le tre arti (architettura, scultura e pittura) al servizio della Chiesa che poneva tutte le forme espressive al servizio della Fede e contro le derive protestanti. L'idea di fondo era di mostrare il Paradiso in terra, di dilettare i fedeli e di elevare la loro coscienza. Riporto a riguardo un testi riportato a sua volta dal sempre interessante blog Almanacco Romano.

Lorenzo Giusso (Napoli, 1900 – Roma, 1957) fu pensatore, letterato, ispanista. I brani del fiammeggiante saggio che riportiamo sono tratti dalla sua relazione su 'cultura cattolica e barocco' che tenne, nel 1954, a uno dei congressi internazionale di studi umanistici, i leggendari appuntamenti organizzati dal conte Enrico Castelli Gattinara (in Retorica e Barocco, atti del convegno, Roma 1955). Neppure sul web si fa cenno a questo scritto di Giusso, nessuna bibliografia lo menziona: sepolto. Appena un aperitivo le righe che qui mettiamo on line, per invogliare a leggere le sue opere rintracciabili con un po’ di buona volontà in qualche pubblica biblioteca: Spagna e Antispagna (da Calderón a Ortega Y Gasset, di cui fu amico),Leopardi, Stendhal, Nietzsche, Il viandante e le statue, con uno strepitoso saggio sul personaggio dannunziano, le poesie del Don Giovanni ammalato…).

«Il barocco emana da sé un radicale ampliamento dei canoni estetici, un’indiscriminata accettazione dell’apparenza. Quel suo straripare dai canoni rettilinei, quella sua infatuazione per parabole ed iperboli, quella sua ornamentazione agglutinata di sarmenti, di viticci, di nasse, di raggi transveberanti, di genii o di teschi, quelle sue cupole a spirale dove traspare qua e là la sagoma del tempio orientale, attestano la volontà di comprendere Iddio nell’infinità dei suoi modi, una volontà non diversa da quella che protende i suoi pinnacoli concettuali nel De Infinito, Universo et Mondi di Bruno o nell’Ethica di Spinoza. Il barocco architettonico e plastico procede alla riabilitazione di tutte le forme, al censimento di tutte le credute irregolarità o aberrazioni. È la mobilitazione di tutte le apparenze mondiali, compresi i cadaveri e i mostri. La natura e l’animalità, fino allora sottoposte a rigorosa quarantena, irrompono in massa. La pampa e il deserto, le cordigliere rocciose e le costiere oceaniche, la fauna selvaggia, i primitivi giganti dagli smisurati bicipiti forzano il tempio, già aristocraticamente selettivo come un teatro palladiano, della figurabilità. Quella fiera campionaria di mostri, di fiere, di centauri, di sileni, di colossi mitologici, dalle schiene traboccanti di pigmenti, quegli inarcamenti di groppe e di addomi stanno ad indicare nella pittura di Rubens, come nella prosa di Bruno, l’approssimazione del ferino al Divino, e viceversa.

Baciccia, Trionfo del nome di Gesù
L’epoca del Cavaliere 

[Bernini] si professa disperato di raggiungere i Greci, si atteggia ad imitatore mentre è veramente il genio dell’immaginazione che mobilita tutto il magazzino delle sue risorse. Non gli bastano i corpi. Mette a contributo l’elemento ondoso,gli sciacquii della luce, fa entrare nella sua giurisdizione i vortici delle fiamme e le ondulazioni dell’etere, gli inturgidimenti della morte e gli sfioccamenti della spuma. Le sue fontane monumentali sono capricci naturali dove stanno in bilico quadrighe solari, cavalli natanti e colate e cascate di marmo divallano, e tripudi muscolari accerchiano i geroglifici degli obelischi […]. Il mondo di Michelangelo è un mondo austero: i suoi personaggi esprimono grandezze imperiose e legislative, comminano sanzioni e intonano versetti biblici. In Bernini l’immaginazione adora se stessa in una sorta di impersonalità scintillante, in un galleggiamento oceanico di tutte le apparenze e di tutte le forme.

La Controriforma è una grandiosa riconquista del mondo attraverso la taumaturgia dell’arte. Nei primi decenni di quest’epoca soprattutto, arti plastiche, eloquenza, musica, regìa spettacolare, vengono precettati ad majorem Dei gloriam. Germania, Olanda, Scandinavia non producono che commentari irosi, sillogi giuridiche, controversie o trattati delle rivoluzioni. […]

Duro è l’urto della magnificenza italiana contro quella che Bruno qualificò la ‘ribaldaria’ e cioè la mutria aggressiva protestante. È una suprema mobilitazione degli dèi e mostri, un sistema di fortificazioni delle montagne classiche, dell’Elicona e del Parnaso, ribenedette di incenso e di benzoino, contro il rigore della scienza. […]. Descartes, pur confessandosi cattolico, si allinea coiBilderstürmer, coi rovesciatori di immagini. È forse questa la frattura del Rinascimento. La meccanica celeste surroga nel dominio degli spiriti il panpsichismo pagano. Egli vive in un mondo senza immagini, in un mondo di parallassi, di sezioni coniche di spirali, di rondelle e di particelle bislunghe […]. Prima di Wagner, Bernini ha concepito una sorta di cooperazione magica di tutte le arti: le negromanzie di Bayreuth sono state anticipate in grande scala da certi suoi monumenti (come nel grande concerto fluviale di Piazza Navona) i quali sono rocce e bacini, caverne e cascate rifabbricate dall’arte. […] Roma diventa così una serie di convegni mitologici, di grovigli spettacolari, di girandole e di fuochi d’artificio solidificati.

Bernini, Fontana dei quattro fiumi
I diritti dell’immaginazione

Questo mondo monumentale e impressionistico, questa avventura colorata in marmo e travertino, questa mobilitazione di divinità, di obelischi, di gravitazioni statuarie e di frontespizi ellittici – è quanto l’Italia e la Controriforma hanno opposto alla critica biblica e alle controversie del diritto ecclesiastico. Alla vita come ragione si contrappone una immensa e ilare spettacolarità. Roma diventa una centrale di meraviglie immaginative e di magie sincretiste. […] Ciò che rende affascinante per gli stranieri il cattolicesimo dell’epoca del ‘Cavaliere’ e di Urbano VIII, ciò che determina il flusso delle conversioni dei protestanti olandesi e tedeschi è questa solidarietà del Verbo Cattolico con l’architettura, con le arti e con le umane lettere.

Il Romanticismo, in numerosi suoi esponenti – Novalis, Schlegel, Schelling – cattolicizza. […] Buon numero degli scrittori pre-romantici guardano all’Italia come a una terra d’elezione. […] Potremmo dire che Cristina [di Svezia] presenta, in pectore, Le Génie du Christianisme (cioè la sua apologia autorizzata dai diritti dell’immaginazione, come in lei sono presentite tutte le apologie disingannanti dell’illuminismo. L’orrore da Cristina professo per i ‘predicanti’ riformati diventerà ai primi dell’Ottocento, l’insofferenza dei poeti e ideologi romantici per le disseccate analisi del pensiero, rinvilito a sensazione trasformata che i monotoni procedimenti dell’‘ideologia’ ricondussero alla religione o, quantomeno, a un dialettismo religioso di tipo di quello di Hegel». 

Cupola di San Carlo al Corso


mercoledì 14 marzo 2012

Caravaggio e il paesaggio

E' cosa nota che Caravaggio non dipingesse paesaggi, preso esclusivamente dal corpo umano e dai rapporti di luce ed ombra dai quali far percepire l'irrompere del divino nella realtà. Ciononostante in alcune tele inserisce brani paesaggistici che ci raccontano di un pittore attento anche al dato naturalistico e atmosferico. Sono piccoli brani, scorci di luoghi catturati al tramonto o di notte,  paesaggi “alla veneta”, con evidenti ascendenze giorgionesche di indubbia poeticità. Del resto nella famosa lettera del marchese Giustiniani sui generi della pittura, Discorso sulla pittura, il paesaggio, "Saper ritrarre una cosa grande, come una facciata, un'anticaglia, o paese vicino o lontano" sta al settimo posto su dodici. Di seguito ho estratto dalle opere questi brani per mostrarli in sequenza.

dal Riposo durante la fuga in Egitto

da Il sacrificio di Isacco



da La conversione di Saulo (Odelscalchi)

da L'estasi di San Francesco

martedì 13 marzo 2012

Chi cerca (non) trova - Settis su Vasari e Leonardo

Bocciatura senz’appello dell’operazione mediatica sulla Battaglia d’Anghiari. La Repubblica, ed. Firenze, 13 marzo 2012

Il sindaco di Firenze Renzi ha annunciato magnum cum gaudio che alcuni ricercatori avrebbero dimostrato inoppugnabilmmente che dietro l’affresco del Vasari si nasconde una versione leonardesca della Battaglia d’Anghiari. Tra le riserve scientifiche all’operazione quella di Salvatore Settis 

Si è capovolta la gerarchia naturale dei valori». Salvatore Settis, storico, archeologo, ex direttore della Normale di Pisa, ha presieduto fino al 2009 il Consiglio superiore dei beni culturali. Sè anche primo firmatario dell´appello di 101 studiosi, intellettuali e storici dell´arte che nei mesi scorsi ha chiesto di interrompere le ricerche della Battaglia di Anghiari, fortemente voluta, invece, da Palazzo Vecchio. E non usa cautele nell´esprimere il suo giudizio su un´operazione che definisce «soltanto mediatica»: «Invece di salvaguardare al massimo un´opera d´arte certa quale è la Battaglia di Scannagallo del Vasari», spiega Settis, «cioè di cercare di non farle correre alcun rischio, si va alla ricerca di un´opera soltanto ipotizzata, con possibilità secondo me minime di trovarla davvero, trattando quella certa come se fosse un incomodo di cui quasi non si vede l´ora di liberarsi. Fino a giungere addirittura ad ipotizzare di poter togliere qualche pezzetto rifatto nell´Ottocento, ammesso che ci sia...». 

Professor Settis, ammetterà che anche la sola ipotesi che si possano trovare delle tracce di un´opera di Leonardo sottostante quella del Vasari, possa valere quantomeno la curiosità di una indagine... 

«Il dramma di questo paese, che si sta replicando in modo esemplare in questo caso, è che occuparsi di beni culturali sembra ormai risolversi in una continua spettacolarizzazione, mirata su singole opere d´arte, o singoli interventi di restauro. Un fatto di costume che io giudico altamente negativo, perché orienta l´attenzione soltanto su operazioni di immagine, che riguardano dieci o venti monumenti di grande richiamo, lasciando che tutto il resto vada in malora». 

D´altra parte esistono dei risultati scientifici, che Comune e Soprintendenza hanno sempre sostenuto di considerare sufficienti a procedere. 

«Ma è mai possibile che in un luogo di straordinaria importanza come il Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, e avendo a che fare con opere di un Leonardo e di un Vasari, si considerino sufficienti le analisi di un laboratorio privato di Pontedera? E´ mai possibile che non valesse la pena, in un caso del genere, di ricorrere, prima di qualsiasi dichiarazione e di qualsivoglia annuncio, quantomeno a un controllo incrociato di dati, prodotti da laboratori di altissimo livello, diversi e indipendenti, cioè che non sapessero niente l´uno dell´altro, in modo da essere supercerti di quello che si sarebbe detto? Tutto questo non è stato fatto e mi chiedo perché. Tanto più che almeno una funzionaria dell´Opificio delle pietre dure, da tutti riconosciuta come molto seria, ha chiaramente detto che i dati a disposizione non le sembravano attendibili. E´ ovvio che anche solo questi dubbi avrebbero dovuto obbligare alla massima prudenza». 

Non la convince nemmeno l´ultima novità, e cioè l´accertata «compatibilità» fra i pigmenti rilevati sotto l´affresco del Vasari, e quelli repertati e certificati dal Museo del Louvre nel 2010 e relativi alla Gioconda e al San Giovanni Battista di Leonardo? 

«Ripeto, qui si trattava di fare confronti secondo un metodo ben più rigoroso, come quello, per esempio, che abbiamo adottato in occasione degli studi sulla pendenza della Torre di Pisa. Ogni volta che abbiamo dovuto fare analisi di qualche tipo, geologico, statico, prima di prendere una decisione tecnica le abbiamo ripetute due o tre volte affidandole ogni volta a laboratori diversi, e che laboratori: dall´Università di Harvard al Politecnico di Milano, ad altri ancora sparsi per il mondo. Insisto: un Vasari e un Leonardo non avrebbero meritato altrettanto impegno? Del resto ad ammettere un errore non c´è niente di male, capita a tutti, si guardi il caso dei neutrini che sembravano più veloci della luce, un errore non a caso venuto fuori proprio grazie al controllo incrociato di dati elaborati da laboratori diversi». 

Si può sempre obiettare che l´indagine è partita con lo stimolo di uno sponsor privato, che se ne è accollato tutti gli oneri e ha anzi dotato il Comune di fondi utilissimi al suo disastrato bilancio. 

«Proprio perché si ha avuto la fortuna di trovare uno sponsor del genere, in tempi come questi, mi si deve spiegare perché non lo si sia utilizzato per la priorità delle priorità, e cioè la tutela e la conservazione del patrimonio storico artistico, che come tutti sanno sta andando in malora. E di cui, diciamo la verità, non importa davvero niente a nessuno, perché quel che importa è di fare, ogni tanto, cose spettacolari, anziché, giorno dopo giorno, investire sulla conservazione capillare di tanti beni diffusi su tutto il territorio nazionale. Ma mi meraviglio che da una regione come la Toscana, e da una città come Firenze, non solo non venga questo esempio, ma arrivi quello contrario». 

Carratù, Maria Cristina


Da questo link invece l'articolo di Tomaso Montanari dal Corriere Fiorentino: "La riprova scientifica che ancora manca".

Emerge il nero a Palazzo Vecchio! Ma no, non c’entrano i fondi di Lusi: è il colore della Gioconda. Anzi, vuoi vedere che in quell’intercapedine c’è anche qualche capello di Monna Lisa in persona? Magari ci sono perfino le ossa: e sai come schiatterebbero alla Provincia, che scava inutilmente a Sant’Orsola, se le trovasse il Renzi? E c’è già chi dice che Vasari abbia costruito una intercapedine minore per preservare un torsolo di mela morsicato da Leonardo. Se siamo fortunati, l’analisi del DNA scioglierà l’enigma, anzi il mistero: a Leonardo piacevano le mele? Meglio provare a sorridere, perché a prendere seriamente la conferenza stampa di ieri viene da piangere. Domani l’opinione pubblica globale sarà riportata, come per incanto, ad una dimensione pregalileiana della conoscenza. Tutti i media titolano infatti sulle ‘prove’ della presenza di Leonardo: ma di quali prove parliamo?

lunedì 12 marzo 2012

Victor Hugo disegnatore

Un aspetto poco noto di Victor Hugo è quello del disegnatore: egli è un autodidatta e non esita a sperimentare nuove tecniche e nuovi ingredienti, dall'inchiostro al caffè, al carbone, usando anche fiammiferi e piume al posto dei pennelli.Generalmente le sue opere sono di piccola taglia e servono nella maggior parte dei casi a illustrare i suoi scritti, oppure come regali da inviare agli amici in ricorrenze speciali. Quest'arte è per lui principalmente un passatempo. Inizialmente i suoi lavori sono nettamente realistici, salvo poi acquisire una dimensione più fantastica con l'esilio e il suo confronto "mistico" con il mare; vi compaiono fantastici castelli in balia degli elementi (lui stesso raffigura il suo destino come un'onda immensa), vedute fantastiche e romantiche dai contorni evanescenti, inquietanti notturni, maschere grottesche e figure fantastiche. In seguito le sue impressioni perdono i contorni realistici per raffigurare istanti, pensieri che si caricano di un sentito ricorso all'astrattismo o a quell'evanescenza delle forme tanto cara all'arte francese. Questa sua tendenza gli varrà molte lodi: Charles Baudelaire ebbe a dire: « Non ho trovato presso gli espositori del Salone la magnifica immaginazione che cola dai disegni di Victor Hugo come il mistero dal cielo. Parlo dei suoi disegni a china, perché è fin troppo evidente che, in poesia, il nostro poeta è il re dei paesaggisti. ». (Charles Baudelaire, Curiosità estetiche, 1868 — IX Salone del 1859, Lettere al signor Direttore della rivista francese VIII). In basso una selezione di disegni; altri è possibile osservarli su questo link.











giovedì 8 marzo 2012

La grande astrazione cinese

I Musei di Roma si dimostrano, da diverso tempo, attenti al web 2.0 e in particolare al mondo di Second Life. L'ultimo sconfinamento sull'universo virtuale è la trasposizione, su Second Life, della mostra La Grande Astrazione Celeste, a cura di Achille Bonito Oliva, ospitata precedentemente al Marco Testaccio. Installazione di Merlino Mayo. Machinima di Marina Bellini. Mostra interessante in quando individua alcune di figure di artisti astrattisti cinesi, di sicuro una minoranza dato che molta arte cinese contemporanea è figurativa, nel senso più kitsch del termine. Come spiega Bonito Oliva: "I pittori cinesi hanno invece fondato un diverso uso della geometria, come campo prolifico di una ragione irregolare che ama sviluppare asimmetricamente i propri principi, adottando la sorpresa e l'emozione. Ma questi due elementi non sono contraddittori col principio progettuale, semmai lo rafforzano mediante un impiego pragmatico e non preventivo della geometria descrittiva. Non a caso i pittori cinesi passano continuamente dalla bidimensionalità del progetto all'esecuzione tridimensionale della forma, dal bianco e nero dell'idea all’articolazione policromatica delle piramidi o delle opere realizzate sulle pareti".
Il video mostra l'esposizione su internet permettendoci una rapida visita.

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