lunedì 29 marzo 2010

Imagine Peace Tower - Una torre per la pace



Imagine Peace Tower è il memorial di John Lennon realizzato dalla sua compagna, Yoko Ono. Quest’opera d’arte pensata nel ‘67 da Ono quando conobbe John Lennon è diventata realtà; nei progetti era semplicemente une torre di luce oggi è l’Imagine Peace Tower: un vero progetto di pace oltre al personale regalo di Yoko al marito Yohn nel giorno del suo compleanno: il 9 ottobre. L’opera si trova in Islanda per scelta di Yoko che premia uno Stato senza esercito e sempre in prima linea nelle vicende ambientaliste; è stata posta sull’isola di Videy ed è ben visibile dalla vicina capitale Reykjavik. Chiunque voglia scrivere messaggi di pace può farlo dal sito od inviando alla casella postale: IMAGINE PEACE TOWER, P.O. Box 1009, 121 Reykjavik, Iceland; tutti i messaggi saranno messi in capsule e interrati intorno alla torre di luce.







giovedì 25 marzo 2010

Duchamp, Schwarz e gli orinatoi


I critici tendono a considerare l’orinatoio di Marcel Duchamp, dal titolo "Fontana", come l'opera più importante del 20 ° secolo. Eppure, la sua posizione nel mondo del collezionismo non sempre ha rispecchiato il valore dell’idea. L’opera ha messo in discussione le nozioni di autenticità di opera d’arte, quando Duchamp nel 1917 ha prima acquistato un prodotto di massa, un dispositivo idraulico, e poi lo ha firmato "R. Mutt" (Fontana?). Ora, oltre 40 anni dopo la morte dell'artista, il problema della legittimità dell'opera rimane rilevante e orinatoi non autorizzati sono stati scoperti in circolazione in Italia. Il mondo dell'arte ama gesti concettuali paradossali, ma sembra che qualcuno potrebbe essere preso per il culo.
"Fontana" è stato il primo ready-made di Duchamp progettato per fare scandalo. L'artista, che era membro del consiglio della Society of Independent Artists, la cui mostra non aveva nessuna giuria, cercò da subito di imporsi in America. Sapeva comunque che la maggior parte delle persone avrebbe percepito il lavoro come uno scherzo, soprattutto se presentato da uno sconosciuto Richard Mutt di Philadelphia. Quando il consiglio di amministrazione votò contro, Duchamp e il suo principale mecenate, Walter Arensberg, si dimisero in segno di protesta –la storia fu rapidamente fatta girare sui giornali di New York.
Il ready-made ebbe il suo debutto in pubblico poche settimane più tardi in una rivista d'arte chiamata BLIND MAN. Una foto dell’orinatoio di Alfred Stieglitz fu pubblicata insieme al Manifesto fondante dell’arte concettuale, e comprendeva le celebri frasi: "Now Mr. Mutt's fountain is not immoral, that is absurd, no more than a bathtub is immoral. It is a fixture that you see every day in plumbers' show windows. Whether Mr. Mutt with his own hands made the fountain or not has no importance. He CHOSE it. He took an ordinary article of life, placed it so that its useful significance disappeared under the new title and point of view — created a new thought for that object." «Non è importante se Mr. Mutt abbia fatto Fontana con le sue mani o no. Egli l’ha SCELTA. Egli ha preso un articolo ordinario della vita di ogni giorno, lo ha collocato in modo tale che il suo significato d’uso è scomparso sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista – ha creato un nuovo modo di pensare quell’oggetto».
L'orinatoio poi, come molti dei primi ready-made, fu criticato ecestinato. Così insignificante fu, al momento, il Pissoir porcellana che nessuno riesce a ricordare esattamente cosa successe all'opera in quegli anni, tanto che se ne persero le tracce.

"Fontana" non fu considerato un oggetto d'arte almeno fino a dopo la seconda guerra mondiale, quando Duchamp diventò una figura di culto tra gli artisti Pop. In risposta al desiderio del mondo dell'arte di vedere il suo leggendario sanitario, Duchamp autorizzò curatori ad acquistare orinatoi a suo nome nel 1950, 1953 e 1963. (Il primo è nel Philadelphia Museum of Art, il secondo è perso e il terzo si trova nel Moderna Museet di Stoccolma.) Poi, nel 1964, in collaborazione con Arturo Schwarz, un mercante d'arte di Milano, storico e collezionista, l'artista prese l’epocale decisione di rilasciare 12 repliche (una edizione di otto, con quattro prove) dei suoi più importanti ready-made, compreso l'orinatoio. Schwarz, che ora 86, ha continuato a scrivere il catalogo ragionato dell’artista-un libro scientifico con lo scopo di documentare l’opera completa di Duchamp.
Come anche pittore di baffi sulle cartoline della Monna Lisa, Duchamp aveva compreso il potere della riproduzione che rendere iconica (icona) una propria opera e consolida la reputazione internazionale di un artista. In effetti nove delle 12 "Fontane" ufficiali di Schwarz sono state inserite nelle collezioni dei musei ditutto il mondo (compresa la nostra GNAM). Delle tre in mano ai privati, una è a Bel Air, in California, un'altra è a Manhattan presso la famiglia Mugrabi, e l'ultima, di proprietà di Dimitris Daskalopoulos ad Atene, sarà esposta presso la Whitechapel Gallery di Londra questa estate.
Tra i numerosi paradossi degli orinatoi di Schwarz vi è il fatto che questi sono delle elaborate sculture di terracotta modellate sulla foto di Stieglitz del "originale". Ogni copia ha una storia, ma nessuna batte quella della numero 13. Soprannominata "il prototipo" e recante la firma di Duchamp, è passata tranquillamente per il mercato nel 1973 presso l’allora neonata galleria di Ronald Feldman a New York. Andy Warhol, che aveva visitato la galleria più volte, premette affinchè il sig Feldman scambiasse l'orinatoio con alcuni dei suoi ritratti. "Duchamp non fu venduto bene in quei giorni", disse il signor Feldman, "ma Andy comprese cosa volesse dire fare multipli perché in seguito ne fece lui stesso". Quando Warhol morì nel 1987, il suo orinatoio fu consegnato a Sotheby's come parte del suo gigante patrimonio di cinque volumi di opere. "Fontana" fu surclassata dalle stampe e ricevette una stima di $ 2.000-2.500. Fu venduta per $ 65,750 a Dakis Joannou, un magnate greco-cipriota, ed è ora esposta nella sala della sua abitazione principale di Atene. "Non riuscivo a credere che si potesse davvero", dice l'onorevole Joannou. "La gente non ha compreso la sua importanza storica, per cui abbiamo fatto un buon affare." Nel decennio successivo, la fama di Duchamp è aumentata ancora come la stima delle sue opere. Nel 1999 Sotheby's ha inserito un orinatoio Schwarz sulla copertina del suo catalogo di vendita Contemporary Art con un prezzo di $ 1,8 milioni.

I collezionisti d'arte contemporanea sono propensi all'acquisizione di singole opere, anche se in serie, ma non di edizioni limitate e non autografe. Alcuni possono essere costernati dall’apprendere che ci sono almeno altri tre "orinatoi Duchamp". Gio di Maggio, un collezionista la cui la Fondazione Mudima è a Milano, e Luisella Zignone, una collezionista di Duchamp con sede a Biella, hanno entrambi "Fontane" ricevute come regalo dal signor Schwarz. Sergio Casoli, un commerciante di Milano, parimenti dice di possedere una. (Egli ha rifiutato di mostrarla.)
Schwarz afferma che queste altre opere sono state fatte nel 1964 sotto la supervisione di Duchamp, ma non sono state incluse nella serie originale a causa di "imperfezioni". (E 'improbabile che ci possano essere più di 17 orinatoi di questa edizione, ma solo Schwarz lo può sapere con certezza.) Nessuno dei recenti orinatoi presentano la firma "Marcel Duchamp" che attesti il ready-mades. Tuttavia le Fontane possedute dal Sig. Di Maggio e dalla signora Zignone sono state esposte in istituzioni pubbliche a Basilea e Buenos Aires. In un'intervista, l’autorevole Schwarz a malincuore ha confermato che sta cercando di vendere una quarta "Fontana" per una somma che, una fonte ha riferito, è di $ 2,5 milioni. (Incalzato il signor Schwarz, ha detto che il prezzo richiesto dipende dal fatto che l'acquirente sia un museo, una collezionista dalla buona reputazione o uno speculatore.)
La fondazione dell’artista non è soddisfatta. Jacqueline Matisse Monnier, il presidente dell'Association for the Protection and Conservation of works by Marcel Duchamp, dice che "né mia madre né io ho mai sanzionato la vendita non di un ready-made non autorizzato." Vede attività di Schwarz come un fatto curioso, dato che "Arturo è stato un grande amico di Marcel". La madre della signora Monnier, la "Teeny", è stata sposata con Pierre Matisse, mercante, figlio di Henri, prima di sposarsi Duchamp, diventando erede sia delle opere di Henri Matisse che di quelle di Duchamp.
Alcuni studiosi di Duchamp sono indignati. Francis M. Naumann, uno studioso e commerciante che ha pubblicato molto su Duchamp, sostiene che questi orinatoi non possono essere considerati Duchamps a tutti gli effetti. "Per Duchamp, la firma era tutto", egli sostiene. "È l'elemento più importante nel processo di trasformazione di un oggetto comune di tutti i giorni in un opera d'arte".

Altri sembrano più ambivalenti. Daniella Luxembourg, co-proprietario del Luxembourg & Dayan, una galleria di New York che recentemente ha tenuto una mini-retrospettiva di Duchamp, dice circa il mercato sull’artista che "l'atmosfera è come quella delle reliquie in una religione", aggiungendo che "con la globalizzazione, le differenze tra ciò che è stato firmato da Duchamp e ciò che era nelle sue vicinanze diventeranno sempre più piccoli. "

Il rapporto di Duchamp col commercio non è stato mai ingenuo. Anche se ha preferito regalare il suo lavoro, piuttosto che venderlo, l’artista ha fatto una vita da mercante d'arte per molti anni. Duchamp è stato anche un grande giocatore di scacchi pertanto si potrebbe pensare che si sia portato avanti di molte mosse. Ci si chiede se l’ideatore del Dada, che metteva in discussione il concetto di opera d'arte autentica, non potrebbe essersi divertito nel confondere le acque del mercato attuale con questi discutibili "Fountains". "La mia produzione", ha detto una volta, "non ha alcun diritto di subire speculazioni".



martedì 23 marzo 2010

Jumping in Art Museums

Jumping in Art Museums è un bel modo per interaggire con gli spazi museali e le opere; nulla di serio naturalmente, ma un gesto minimo di chi vede i musei come posti di gioia e vitalità e non come luoghi da fruire in religioso silenzio. Consigliato a chi non ne può più dell'aria di pesantezza e monotonia di molti musei italiani.
Si può anche contribuire personalmente inviando a info@allisonreimus.com una foto con: Nome, Luogo, Nome dell'opera "che viene saltata", Nome del Museo o Galleria.

Is This Art? Chiedilo all'Iphone



Potrebbe essere un semplice esercizio di stile o una rivoluzione estetica in un mondo sempre più indeciso su cosa sia o meno l'arte. Come spiegava Luciano de Crescenzo in Così parlò Bellavista mettiamo una scultura classica e una scultura di Duschamp, mettiamo che tra trecento anni si perdano tutte le informazioni sull'arte del passato o sugli artisti e che, per caso, si ritrovi tra le macerie una statua e un "cesso" (Mutt). Cosa verrà presa per arte e cosa per un semplice sanitario? E' la domanda che più coinvolge l'estetica degli ultimi anni e che ha visto Dando arrivare a ipotesi convincenti anche se molto discusse; la cosidetta aboutness ("suità"/ "circalità") sarebbe la categoria con la quale analizzare molta dell'arte degli ultimi anni, in particolare quella Pop. Ci pensa ancora una volta (è il caso di dirlo) l'Iphone e la sua nuova applicazione che fuga in un istante ogni dubbio interpretativo su cosa sia o non sia arte. L'applicazione si chiama Is This Art? ed è un nuovo tool pensato per le persone che, vedendo un'opera o un'installazione contemporanea (ma si può provare anche sui scarabocchi o semplici foto) s'interrogano su cosa sia o non sia arte e vogliono avere subito la risposta pronta. Il progetto, a metà strada tra il divertissement e la provocazione, è nato a Pittsburgh dalla collaborazione tra la Mattress Factory, un museo di arte contemporanea attento alle installazioni site specific, e Deeplocal, un innovativo studio di design. Ecco alcune delle risposte che l'applicazione fornisce:

This work’s materiality is immaterial, therefore THIS IS ART

This makes me feel secure and well-adjusted, therefore THIS IS NOT ART

Minimalistically speaking, this is pretty minimal, therefore THIS IS ART

This piece doesn’t expose the malleable nature of the meaning of images, therefore THIS IS NOT ART

Inutile dire che, al di là del tono faceto, questo tipo di applicazione potrebbe avere veramente un'utilità sociale e potrebbe aiutare, per esempio, quella coppia "tipo" di non addetti ai lavori che si trovasse, per caso, in una Biennale (vedi Alberto Sordi).


P.s. Molto interessanta anche l'applicazione su Caravaggio e la mostra al Quirinale.

lunedì 22 marzo 2010

L'ultimo sogno di Paz




Pubblicato da Fanzago Edizione esce Storia di Astarte, una storia breve (purtroppo incompiuta) realizzata da Andrea Pazienza per la rivista Comic Art, che narra le gesta di un gigantesco cane corso; non un cane qualunqe bensì il capo dei cani da guerra di Annibale, Astarte. Di seguito la bellissima prefazione di Roberto Saviano:

Storia di Astarte è un sogno bellissimo, l'ultimo di Andrea Pazienza. Un'opera incompiuta. È un sogno classico, di quelli che quando ti svegli ti senti al centro dell'universo, come se avessi fatto parte della storia e il tuo fosse stato un ruolo attivo. Quando mi sono arrivate le tavole, quando per la prima volta le ho avute tra le mani, confesso di esserne rimasto folgorato. I disegni sono meravigliosi, precisi anche quando appena tratteggiati. E il testo è epica. Andrea Pazienza riesce, attraverso un cane, a costruire una atmosfera di combattimento e scontro, dove ogni parte del conflitto diviene chiaramente una scelta tra bene e male. Tutto attraverso un cane. Le sperimentazioni che aveva fatto negli anni precedenti, spingendosi da un estremo all'altro delle possibilità espressive del linguaggio a fumetti, hanno trovato in Storia di Astarteuna ricomposizione naturale e perfetta. Non ci sono sbavature, non c'è nulla di manieristico, non c'è l'errore in cui cadrà chi dopo di lui si cimenterà nel racconto classico, ossia la retorica da centurione che tutto deve dire con flemma e ieraticità. No, le sue tavole sono naturali, anche quando sono grumi d'inchiostro soltanto. E muscoli da cane combattente.

Io vengo dalla terra che pregiudicò ad Annibale la vittoria su Roma. Vengo dalla terra dove si fermò per i suoi dannati ozi. Dove, prima di intraprendere l'ultima fatale fatica, decise di riposarsi e far riposare il suo esercito. Annibale trascorse l'inverno a Capua e i suoi uomini, abituati alla fame da manipolo e alle condizioni più difficili, furono facile preda del torpore della Campania felix. Vino, libagioni, bagordi, donne e bagni termali li fiaccarono nell'anima e nei corpi. Peccato davvero non aver potuto vedere come Pazienza avrebbe descritto la mia terra, come ne avrebbe disegnate le bellezze. Avrei voluto "sognarlo" quell'angolo di paradiso perduto, nell'inchiostro di Paz.

Storia di Astarte è un sogno dal quale ti svegli di soprassalto. Un sogno solenne dal risveglio brusco. Eppure, prima che l'eroina gli fermasse il cuore, Pazienza ha saputo darci un'opera avvincente e colma dell'epica propria delle storie che sembrano secondarie ma che la letteratura riesce a rendere fondamentali. Si percepisce quasi, in Paz, il piacere di lasciarsi andare a un finale diverso, di pensare a come sarebbe andata la storia se il generale nero Annibale avesse vinto. L'Africa era stata a un passo dallo schiacciare per sempre Roma e in Astarte, forse proprio nella sua incompiutezza, c'è la possibilità di una storia non realizzata. Il fumetto viene come cantato a Pazienza dal cane di Annibale, che gli appare in sogno: "Li senti i campanelli, le risate, le urla, il bramito dei cammelli?", dice Astarte a Pazienza, "Spalanca gli occhi adesso, apri le nari... è Cartagine" e inizia a raccontargli le sue gesta. I primi anni di vita da cucciolo, l'addestramento alla guerra, poi gli scontri in battaglia e il legame unico e umanissimo tra lui e Annibale. Astarte è lì, al seguito dell'esercito cartaginese, dalla nascita in Spagna fino alla marcia in Italia, attraverso i Pirenei e sul Rodano. Ai piedi delle Alpi ci sarà il primo scontro coi Romani, e qui la storia si interrompe, perché a interrompersi è la vita di Pazienza.

Storia di Astarte ha come sfondo, dunque, la Seconda guerra punica, ma si apre con una citazione da Pascoli, "La grande proletaria si è mossa verso la quarta sponda", che celebra l'invasione italiana della Libia: "La grande proletaria ha trovato luogo per loro. [...] Là i lavoratori non saranno rifiutati, come merce avariata, al primo approdo; e non saranno espulsi, come masnadieri, alla prima loro protesta; e non saranno, al primo fallo d'un di loro, braccheggiati inseguiti accoppati tutti, come bestie feroci. [...] Vivranno liberi e sereni su quella terra che sarà una continuazione della terra nativa. Anche là è Roma".

Storia di Astarte, insieme a tutto il resto, sarà forse anche una critica appena accennata alla perenne ricerca di una "quarta sponda", che dalle guerre puniche attraverso la campagna di Libia, arriva a quella che ci è più familiare, che dà manodopera a basso costo, lager in cui stipare chi tenta di costruirsi una vita in Italia, discariche improvvisate in cui smaltire i rifiuti tossici di cui il Sud è ormai stracolmo. Ma nonostante il tentativo di voler attribuire uno "scopo" al lavoro di Pazienza, Storia di Astarte rimane un'opera d'arte. Un connubio perfetto ed equilibrato tra parole e immagini a sancire la grandezza di un intellettuale del nostro tempo. E vale la pena ricordare quello che lui stesso ci ha confidato sul suo lavoro, con una frase densa di significati: "Il fumetto è evasione, è sempre evasione, deve essere evasione, del resto la parola evasione è una bellissima parola, evadere è sempre bello, la cosa più saggia da fare... Poi se c'è qualcos'altro ben venga".
© 2010 by Roberto Saviano / Agenzia Santachiara. (Fonte Repubblica)

giovedì 18 marzo 2010

El Greco - L'Entierro - Rinascere al Cielo



El Entierro del conde de Orgaz (La sepoltura del conte di Orgaz) è un capolavoro dell'arte universale, realizzato da El Greco nel 1586 per la chiesa di Sao Tomè a Toledo. Vi sono raffigurati, in forma allegorica, i funerali del Conte di Orgaz, un dignitario di Toledo talmente devoto, che a seppellirlo non sono due preti qualunque, bensì Santo Stefano e San Lorenzo, apparsi miracolosamente. In basso la schiera dei notabili e dei prelati; in alto la visione del Paradiso verso cui l'anima (bambina) viene portata. Si vuole esprimere il concetto della fede nella comunione dei Santi e nella chiesa terrena che accompagna l'anima umana durante la vita per accompagnarla al cielo. Colpisce la raffigurazione per cui l'anima, portata in alto, passa come attraverso un utero per rinascire, all'inverso, a nuova vita. Tra il cielo e la terra, il vincolo di unione è l'anima immortale del Signore di Orgaz, raffigurata come un feto che è portato al cielo dalle mani di un angelo, attraverso una specie di utero materno che lo darà alla luce alla vita eterna del cielo. La morte appare così come un parto, come una nascita alla luce eterna nella quale vivono i santi. Transito doloroso, ma pieno di speranza. (Fonte).
Il quadro, così, si caratterizza per la sottile allegoria che del resto cela anche la sublimazione delle passioni sessuali per cui "c'è una rappresentazione di passaggio, cioè da uno stato ad un altro attraverso un canale e, se volete, è quando noi nasciamo siamo in uno stato dentro la pancia della mamma andiamo in un altro mondo attraverso un canale che è il copro della mamma...Durante il XVI secolo nel pieno del rinascimento spagnolo, ma in un epoca particolarmente censoria ed attenta all'iconografia era impensabile pensar e di rappresentare un parto. Soltanto El Grego, attraverso le sue opere, riesce a fare questo. Raffigurandoci un parto come solo un ginecologo potrebbe fare" (Fonte).

mercoledì 17 marzo 2010

Aperto Bollettino del gabinetto dei disegni e stampe della Pinacoteca nazionale di Bologna


Per chi come me è appassionato e studioso di grafica consiglio questo sito: APERTO Bollettino del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna il quale raccoglie una ricchissima raccolta di stampe, frutto della fusione a fine Settecento delle principali acquisizioni del secolo, in primis la donazione di Benedetto XIV Lambertini e l’acquisto della collezione di Ludovico Savioli. Dal sito sono fruibili i bollettini online che il Gabinetto produce

martedì 16 marzo 2010

Marina Abramovic - The Artist Is Present

Il MoMA di New York sta ospitando fino al 31 marzo la significativa personale di Marina Abramović. La mostra è la prima dell’artista a includere sia opere di documentazione che performance. Organizzata da Klaus Biesenbach – direttore del P.S.1 e chief curator del dipartimento media e performance art del MoMA – presenta oltre cinquanta opere create dalla Abramović nell’arco di quattro decadi. Tra le più importanti artiste contemporanee la Abramovic ha sempre interagito col corpo, il suo, e con temi crudi che vanno dalla morte all’olocausto alle tradizioni della sua terra natia, i balcani, rivisitate con occhio lucido e grottesco. Le sue “macabre” performance giocano sulla valenza estetica del corpo, feticcio o involucro da usare come tela grezza, e sulla catarsi che l’atto artistico comporta. La sessualità, sempre esplicita, non cade mai nell’osceno bensì, celata dalla forza rivelatrice della carne, diventa una sorta di preghiera.
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L’evento del Moma è, inoltre, senza precedenti poiché rappresenta la sua più grande fatica, diventando la più lunga performance della sua carriera; tale intervento artistico infatti la vede impegnata 7 ore al giorno per ben 3 mesi, per circa 600 ore totali di performance. “Le performance richiedono un'energia sterminata e, invecchiando, il corpo è in difficoltà” spiega Abramovic, “eppure le mie azioni diventano sempre più lunghe e difficili con il passare degli anni. Perché con la forza della mente si può fare qualunque cosa: non serve un allenamento olimpionico, ma volontà e disciplina”. Abramovic sarà presente, durante gli orari di apertura al pubblico, seduta in assoluto silenzio ad un tavolo nell’atrio del museo. Gli spettatori avranno la possibilità di sedersi di fonte a lei per tutto il tempo che riterranno necessario, diventando così parte integrante e necessaria della performance, nonostante l’artista rimarrà in silenzio. Fondamentale anche in questo caso la presenza del pubblico che mai come nella performance riesce ad entrare esso stesso nell’opera d’arte, a stretto contatto con l’artista (fonte).
La performance è fruibile in Live-Streaming dal sito del Moma, basta cliccare l’immagine qui in basso.
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E dal sito GlobArtMag le ironiche ma interessanti impressioni del critico Jerry Saltz sulla mostra: “Ho avuto un contatto genitale alla mostra di Marina Abramovic”

martedì 9 marzo 2010

Se i Simpson e i Griffin fossero umani?

Ecco delle riuscitissime riproposizioni della famiglia più famosa d’America; i personaggi vengono ridisegnati come delle persone comuni con uno stile incisivo a metà tra il grottesco e il realistico. L’artista si chiama KDLIG e sul suo sito potete trovare altre riuscitissime tavole, illustrazioni, disegni, foto e schizzi.

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yay!

giovedì 4 marzo 2010

Sakamoto-Takatani all’ex-mattatoio

Dal 3 marzo a Roma la rassegna dedicata alle contaminazioni fra tecnologia, nuovi media ed espressioni artistiche contemporanee. In anteprima dal sito di Repubblica l'installazione realizzata dal compositore giapponese Ryuichi Sakamoto e dal video artista Shiro Takatani. Digital Life inaugura il nuovo spazio pubblico per l'arte e la produzione culturale contemporanea La Pelanda, restaurato per la città dal Comune di Roma nell'area dell'ex Mattatoio a Testaccio. Da queste prime immagini un’installazione estremamente poetica ed estremamente coinvolgente per lo spettatore.

Un articolo dal Corriere della Sera

mercoledì 3 marzo 2010

Leonardo da Vinci e le sue origini arabe

Un’ipotesi un po' azzardata ma di sicuro fascino che smentirebbe l’esito della chiacchierata trasmissione “Il più grande italiano di tutti i tempi” :)

"Leonardo da Vinci, il più grande italiano di tutti i tempi era arabo".
Lo rivela uno studio condotto da Alfred Breitman e Roberto Malini del Gruppo Watching The Sky, associazione impegnata nelle ricerca di opere d'arte perdute e delle tracce biografiche sconosciute dei grandi artisti del passato. Lo affermano con grande convinzione Breitman e Malini, in base ad alcune evidenze. La più importante è costituita dal ritrovamento di un'impronta digitale di Leonardo sul dipinto "La dama con l'ermellino". Secondo l'antropologo Luigi Capasso la tipologia dell'impronta è caratteristica del 60% degli individui provenienti dai paesi arabi. L'ipotesi di un origine araba del maestro non è tuttavia nuova. E' risaputo che il nome della madre di Leonardo, Caterina, era attribuito con frequenza alle schiave arabe acquistate in Toscana e provenienti da Istanbul. Anche il professor Alessandro Vezzosi, celebre studioso del Rinascimento, è convinto dell'origine araba dell'autore della Gioconda e possiede documenti che suggeriscono l'origine orientale di Leonardo Da Vinci. Anche il giovane Salai, pupillo di Leonardo, sembrerebbe un ragazzo arabo, con i capelli ricci, la pelle bruna e gli occhi scuri vivacissimi. Breitman e Malini, a questo punto, estraggono da un cassetto un bel disegno a sanguigna su un foglio di carta antica. E' un ritratto virile del primo Cinquecento è di scuola leonardesca e rappresenta un viso che possiede molte similitudini con i ritratti noti del volto di Leonardo da Vinci. La sua particolarità è che indossa un copricapo di foggia araba, una specie di turbante. Si può ipotizzare che si tratti di un ritratto del maestro eseguito da un suo allievo che conosceva le vere origini del più grande italiano di tutti i tempi. La notizia, preziosa per la Storia dell'Arte, è anche un monito per coloro che difendono a spada tratta le frontiere geografiche e culturali del nostro Paese, senza capire che il progresso sociale, morale e intellettuale di un popolo può avvenire solo grazie al contributo di altre esperienze e tradizioni. (Fonte) (Fonte)

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Testa di arabo; il ritratto cinquecentesco scoperto da Watching The Sky, associazione impegnata nelle ricerca di opere d’arte perdute e delle tracce biografiche sconosciute dei grandi artisti del passato.

 

 

 

 

Del resto era noto il legame tra Leonardo e svariati testi arabi di ingegneria; e la scrittura speculare non rimanda alla grafia del mondo arabo e delle scritture semitiche che ha un andamento sinistrorso?

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