Come c’era da aspettarsi la puntata di ieri sera di Presa Diretta, su Rai 3, dedicata allo sfacelo dei nostri beni culturali ha creato molte reazioni sul web tra esperti ai lavori e non. Del resto l’oro buttato di cui parla il titolo colpisce trasversalmente tutti i settori dal turismo all’economia, dalla ricerca alla formazione diventando ben più di una denuncia, ma l’atto di accusa verso una politica nazionale che sempre meno ha creduto nella cultura come elemento di sviluppo culturale ed economico. La nazione con più opere d’arte al mondo, tanto elogiata viscidamente dal Premier il quale riesce a far apparire come se tutto il nostro patrimonio sia, tra le tante cose, merito suo, in realtà è quella che meno investe in ricerca, conservazione e valorizzazione. Le eccellenze certamente ci sono ma se, come si apprende dal reportage, anche l’ICR rischia di finire chiuso e dismesso per mancanza di fondi allora non si sa più a cosa appellarsi. L’ICR, infatti, per chi non lo sapesse è il centro, fondato da Cesare Brandi, che ha insegnato a tutto il mondo come condurre un restauro moderno. L’amarezza e lo sconforto ci sono tutte; le colpe, “fortunatamente”, cadono trasversalmente a destra e a sinistra; le altre nazioni ci surclassano in quanto a efficienza (Montpelier, per quanto ben valorizzata, non sarà mai come Napoli, Parma, Ferrara, ecc. ecc.) e le soprintendenze devono cavarsela con quattro soldi (ai beni artistici in Molise solo 200 mila euro che non bastano, volendo, neanche per i caffè). Paradossalmente, in tutta questa incuranza, vedo forse l’ultima opportunità, per i viaggiatori venuti dall’estero, di rivivere le emozioni del gran tour. Durante il corso dell’700 e dell’800, nel loro viaggio di formazione, alcuni giovani della nobiltà europea giunti in Italia avendo come meta culmine Roma, spesse volte, incautamente, si avventuravano anche verso il Sud alla ricerca delle antichità della Magna Grecia e dei romani, situate in particolare intorno Napoli e Pozzuoli, giungendo a volte sino in Calabria e Sicilia. Ebbene, oltre ai pericoli del viaggio, tra briganti e disavventure, l’ambiente che trovavano davanti ai loro occhi, selvaggiamente pittoresco e abbandonato, è proprio quello che si ritrova oggi. Custodi assenti, aree abbandonate nascoste alla vista, raccattati ciceroni da quattro soldi, bellezza sublime e incuranza totale.
Resta alla fine la condanna ma è ben poca cosa; il senso di impotenza è ben maggiore. Solo una presa di coscienza, ma dubito, potrebbe cambiare le cose.
Per chi non ha visto la puntata o vorrebbe rivedersela, lo può fare dal sito della Rai.tv a questo link.
Per chi fosse rimasto colpito dai luoghi meno conosciuti indagati nella puntata, ecco una breve lista di link che ne trattano:
Piscina Mirabilis a Miseno (link 1, link 2, link 3)
Sepino (link 1, link 2, link 3, link 4, link 5, link 6)
Pozzuoli Museo Archeologico (link 1)
Terme di Diocleziano (link 1, link 2, link 3)
…ed è già molto se sono riuscito a trovare dei link, naturalmente non ufficiali, che descrivono in maniera relativamente scientifica e precisa il sito; per il museo di Portici, per esempio, tanto elogiato per la sua sistemazione museografica, neanche una misera pagina web fatta come si deve. Il link inserito è uscito veramente da una fortuita ricerca. Forse cominciare dall’informazione non sarebbe male…
P.s. Vorrei cominciare da oggi, per quanto mi permette il blog e il tempo a disposizione, a dedicare qualche post proprio a tali argomenti, ovvero ad esempi di “Oro buttato” dei quali sono a conoscenza. Proprio di stamattina, e ringrazio il mio amico Mosè, la notizia assurda delle disavventure della statua del Nettuno del Montorsoli a Messina. La statua faceva parte della splendida fontana del Nettuno del 1557, commissionata dal Senato di Messina, una delle poche fontane, insieme a quella di Orione, scampata al tragico terremoto. Assai danneggiata nello scorso secolo, ha subito notevoli lavori di restauro e di ripristino; in particolare fu sostituita con una copia e portata nel museo di Messina. Dopo un’ulteriore intervento di restauro, riuscito benissimo, doveva essere trasportata nella nuova sede museale. Per far ciò la statua venne ingabbiata con una rete di tubi in acciaio e spostata di luogo. L’intervento riuscì alla perfezione sennonché, per essere liberata dai tubi, si pensò bene di ricorrere nientemeno che al flex. Naturalmente i tubi sono stati tagliati ma le scintille incandescenti provocate dall’arnese si sono conficcate nella statua, per circa 10 centimetri, provocando evidenti danni, quasi irreversibili. Un ulteriore restauro ha ripristinato, ma relativamente, la superfice iniziale del manufatto.
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