venerdì 25 dicembre 2009
La Notte di Correggio
giovedì 17 dicembre 2009
Napoli – Ritorno oltre il barocco
In questo periodo Napoli si può definire oltremodo la capitale del barocco in virtù di due importanti mostre. La prima, molto interessante, curata da Nicola Spinosa e intitolata Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli, si divide in 6 musei della città e presenta opere per lo più di recente acquisizione conoscitiva o mai esposte in città. Rispettivamente:
Capodimonte: storie sacre e profane da Caravaggio a Solimena (1606-1747)
Castel Sant’Elmo: restauro di dipinti e oggetti dal 1600 al 1750. Obiettivo sul barocco con le fotografie di Luciano Pedicini.
Certosa e Museo di San Martino: Il barocco in Certosa-scultura barocca-ritratti storici e immagini della città.
Museo Duca di Martina: le arti decorative.
Museo Pignatelli: Natura in posa
Palazzo Reale: architettura, urbanistica e cartografia da Domenico Fontana a Ferdinando Sanfelice, corredi barocchi nell’appartamento storico e presepe.
Ritorno al barocco documenta, rispetto alle tre mostre storiche organizzate dalla soprintendenza tra il 1979 e il 1984 (Civiltà del Settecento a Napoli, con sedi a Napoli, Chicago e Detroit; Painting in Naples from Caravaggio to Luca Giordano, con sedi a Londra, Washington, Parigi e Torino; Civiltá del Seicento a Napoli, con sede a Napoli), i progressi degli studi di questi ultimi trent´anni su aspetti, momenti e ′generi′ che caratterizzarono la cultura artistica napoletana dall´arrivo del Caravaggio nel 1606 alla presenza in città di Luigi Vanvitelli e Ferdinando Fuga nel 1750.
Tra i capolavori esposti la Flagellazione di Caravaggio, la Salomè con la testa del Battista di Battistello Caracciolo, il Martirio di San Lorenzo di Stanzione, l’Adorazione dei Magi del Maestro dell’annunciazione ai pastori.
La seconda, che reputo estremamente affascinante, si intitola BAROCK - Arte, Scienza, Fede e Tecnologia nell’Età Contemporaneae e nasce di per sé da un cortocircuito concettuale, ovvero da un suggestivo ricorso all’anacronismo. L’assunto principale della mostra, visitabile al MADRE fino al 5 aprile, è dimostrare come artisti contemporanei abbiamo seguito, nella realizzazione delle loro opere, gli stessi meccanismi visivi che hanno reso grandiosa e potente l’arte barocca. L’interesse dei contemporanei per il mondo della scienza e delle nuove tecnologie è lo stesso che afferrava anche gli artisti seicenteschi; entrambi inoltre puntano sulle sensazioni, sulla meraviglia, sullo stupore, sull’irreale realizzabile, quasi sull’assurdo: sull’affermare la possibilità di comprendere e cambiare il mondo allargandone i confini sensoriali e percettivi. Il tutto evidenziato da un’esuberante strategia espositiva. La scelta degli artisti, infine, è di tutto rilievo: Adel Abdessemed, Micol Assaël, Matthew Barney, Domenico Bianchi, Bianco - Valente, Antonio Biasiucci, Keren Cytter, Mircea Cantor, Maurizio Cattelan, Jake & Dinos Chapman, Claire Fontaine, Lara Favaretto, Gilbert & George, Douglas Gordon, Mona Hatoum, Damien Hirst, Anish Kapoor, Jeff Koons, Jannis Kounellis, Shirin Neshat, Carsten Nicolai, ORLAN, Philippe Parreno, Giulia Piscitelli, Michal Rovner, Cindy Sherman, Jeff Wall, Sislej Xhafa. Cio’ che accomuna a colpo d’occhio gli artisti presenti nella mostra ai maestri del barocco e’ il fatto che operano tutti attraverso immagini -sensazionali-, che puntano a colpire i sensi, ad essere estreme nella loro violenza, nella loro sensualità, nella loro franchezza, sovvertendo ogni categoria e sconfinando da ogni definizione. Come se l’arte, oggi come nel XVII secolo, dovesse osare sempre di piu’ per reinventare un mondo divenuto piu’ incerto sulle sue varie e contraddittorie e spesso terribili rappresentazioni. (fonte).
Molto interessante l’opera di Cattelan – Untitled – del 2008. Riporto il testo della scheda ripreso dal sito del MADRE.
“Una donna di spalle, la faccia e il corpo costretti contro un lenzuolo bianco del tutto simile a quello di un letto d’ospedale o di morte. È un’immagine di coercizione e di tortura, che la posizione verticale rende simile a una crocefissione, ma senza riprenderne alcuna tradizionale iconografia: la figura non è inchiodata a due pali e non è frontale. Esposta per la prima volta nel 2008 sulla facciata della chiesa di Pulheim (Colonia) per esprimere la lotta dell’uomo contro il potere della morte, quest’installazione basa la propria forza perturbante sul ribaltamento delle coordinate spaziali dal piano alla parete, per rappresentare una condizione femminile di asservimento e prostrazione, di negazione e annullamento dell’identità, dal momento che della figura non è possibile in alcun modo intravedere il volto. E il ricordo corre a Ipazia d’Alessandria, fatta a pezzi nel 415 d.C., e ai roghi delle caccie alle streghe. La particolare iconografia è mutuata da un ritratto di Francesca Woodman, l’artista italo-americana morta suicida nel 1981 a soli 22 anni, in cui l’autrice si raffigura attaccata allo stipite superiore di una porta. Fotografia che Cattelan traduce nel 2007 in resina per esporla alla Kunsthaus di Bregenz. La morte è il tema attorno al quale ruota la riflessione dell’artista - da Bidibibodibiboo, il piccolo scoiattolo suicida, a Piumino, la tomba per un cagnolino - ma ora è affrontato in modo più diretto e sconcertante e, soprattutto, senza la solita ironia. “Noi siamo forse le uniche creature – spiega Cattelan - intimamente consapevoli del fatto che dovranno morire, anche quando la morte non è imminente.”
martedì 15 dicembre 2009
Ars longa, vita brevis
Ippocrate di Coo o di Kos, considerato il padre della medicina, ci ha lasciato un aforisma che ritengo estremamente affascinante. La frase recita così: "Ὁ βίος βραχὺς, ἡ δὲ τέχνη μακρὴ, ὁ δὲ καιρὸς ὀξὺς, ἡ δὲ πεῖρα σφαλερὴ, ἡ δὲ κρίσις χαλεπή" (Ho bíos brachýs, he de téchne makré, ho de kairós oxýs, he de peîra sphaleré, he de krísis chalepé). Verrà ripreso dalla lingua latina: Vita brevis, ars longa, occasio praeceps, experimentum periculosum, iudicium difficile a significare "la vita è breve, l'arte è lunga, l'occasione fuggevole, l'esperimento pericoloso, il giudizio difficile". In forma abbreviata - Vita brevis, ars longa - l'aforisma è citato da Seneca nel suo De brevitate vitae.
In breve la frase è da legare al tema del giudizio e dell’insufficienza dell’uomo a possedere, nell’arco di una vita, tutti gli strumenti per comprendere la vastità di un tema. Mi piace intendere l’aforisma così: l’arte è così grande e la vita tanto breve ovvero considerare come l’immensità dell’arte, con le sue molteplici valenze semantiche, culturali, estetiche, non si può possedere appieno, neanche durante tutta una vita. Vi è una completa sproporzione tra il giudizio dell’uomo e il concetto di arte, come vi è differenza tra l’imperfezione del primo e la perfezione dell’altra. Non impossibilità di giudizio, bensì universalità dell’arte. Vanitas.
sabato 12 dicembre 2009
Sesto convegno della nuova critica d’arte italiana
Lodevole iniziativa quella che si svolgerà a Termoli il 17 e 18 dicembre. Presso il liceo Artistico Statale “B. Jacovitti”, in via Corsica, organizzato da Nino Barone si terrà il IV Convegno della Nuova Critica d’Arte Italiana. Riporto l’interessantissimo programma con i vari interventi i quali, ad una prima analisi, vogliono essere spunti di riflessione sullo stato dell’arte in Italia e in Molise oggi.
PROGRAMMA
Giovedì 17 dicembre 2009
ore 10.00/10.30 Apertura dei lavori del Convegno e saluto delle Autorità:
Dirigente Scolastico del Liceo Artistico”B: Jacovitti” Antonio Mucciaccio
Presidente della Provincia di Campobasso Nicola D'Ascanio,
Presidente del Consiglio Regione Molise Michele Picciano
Assessore alla Cultura della Provincia di Campobasso Nicola Occhionero
Assessore ai Servizi Sociali e Scolastici Antonio Russo
ore 10.30 /10.45 Presentazione del Convegno a cura degli organizzatori
Nino Barone, Antonio Picariello, Giuseppe Siano
ore 10.45/13.00 Interventi
Gasbarrini Antonio
Angelus Novus:l'arte nelle macerie / le macerie dell'arte
Ferrara Daniele
Il contemporaneo in Molise
Picariello Antonio
LE UNIVERSITA' DEI CRITICI + LE ACCADEMIE DEGLI ARTISTI = EPISTEMOLOGIA + PENSIERO + TECNICA = ELOGIO DELLA STUPIDITA' IN “A” COME AMICIZIA
Siano Giuseppe
Contributi per una nuova estetica, a partire dall'esperienza della manifestazione ARTMEDIA
Caliendo Giada
Il sogno dell'arte: un'indagine irrinunciabile
Romoli Luciano
Algoritmi – Eidoalgoritmi
ore 12.30/13.20 Dibattito e conclusioni
ore 17.30/18.30 Performance dell'artista Albert Mayr, Sala Colitto
Venerdì 18 dicembre 2009
ore 10.00712.30 Inizio dei lavori, interventi
Bordini Silvia
Arte e multimedialità
Mayr Albert
Musiche del tempo
Salerno Giuseppe
Tempo Reale, l'arte telematica in Italia (1986/1991)
Vitiello Aristide
Identità e territorio – Ruolo dell'arte e architettura
Ferraris Paola
Le prove dell'avanguardia
D'Ambrosio Matteo
L'Arte? Si è trasferita, e il resto non conta
Vicari Alessandra
Scatti di Genere
ore 12.30/13.20 Dibattito e conclusioni
ore 17.30/18.30 Performance dell' artista Albert Mayr con gli studenti del Liceo Artistico “Azione nella Città”
mercoledì 9 dicembre 2009
La “Natività” di Caravaggio in pasto ai maiali
Con grande tristezza pubblico queste rivelazioni del pentito Spatuzza le quali, se fossero vere, scriverebbero la parola fine sulla lunga e misteriosa vicenda del quadro di Caravaggio. Pare strano che la Mafia, di certo attentissima al valore materiale dell’oggetto e al suo peso “politico”, sia stata così maldestra da rovinarlo irrimediabilmente (quando si tratta di opere d’arte non si può essere mai sicuri delle loro vicende e passaggi) ma le parole del pentito, se fossero riscontrate, non lascerebbero più molta speranza.
"Ho saputo da Filippo Graviano nel carcere di Tolmezzo intorno al 1999 che il quadro era stato distrutto negli anni Ottanta. La tela era stata affidata ai Pullarà (capimafia della cosca di Santa Maria di Gesù), i quali l'avevano nascosta in una stalla, dove era stata rovinata, mangiata dai topi e dai maiali, e perciò venne bruciata". Fonte
Un Caravaggio in pasto ai maiali mi fa piangere letteralmente il cuore.
Resta l’ipotesi che Spatuzza abbia confuso il dipinto. Anni fa il pentito Francesco Marino Mannoia, deponendo nel processo a Giulio Andreotti, rivelò che i ladri, inesperti, danneggiarono irreparabilmente la tela nel tentativo di avvolgerla. Ma si è poi accertato che il furto di cui parlava il collaboratore riguardava un altro quadro, di valore artistico inferiore, del pittore Vincenzo da Pavia. ''Siamo sicuri che la Natività è ancora integra'', aveva detto il colonnello Musella quando, nelle settimane scorse, ha partecipato a Palermo alla presentazione del libro ''Il muro di vetro'' del giornalista e scrittore Giuseppe Quatriglio che ricostruisce appunto in forma romanzata la vicenda del Caravaggio rubato. Anche il procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone, titolare dell'inchiesta, si è detto sicuro che il quadro non è andato distrutto.
giovedì 26 novembre 2009
Gli americani e la “Sindrome del David”
In alcuni casi ciò che è troppo bello scatena sentimenti ambivalenti.
Nel 1991 Pietro Cannata, un individuo affetto da problemi psichici, prende a martellare il David di Michelangelo danneggiando un dito del piede sinistro; Dopo quell’episodio Cannata nel 1993 in due diversi momenti sfregia Le esequie di Santo Stefano di Filippo Lippi e L’adorazione dei pastori di Michele di Raffaello delle Colombe. Nel 1999 colpisce con un pennarello Sentieri ondulati di Pollock; Luther Blissett, con una lettera provocatoria a Repubblica, in solidarietà di Pietro affermò “L'intervento di Cannata è il migliore tributo che persona potesse fare ad un artista quale era Pollock. L'unica differenza che corre tra l'espressionista astratto americano e il performer italiano è che il primo consumava le sue follie in un "contesto artistico" e ricercava, trovandolo, il supporto teorico ed economico di critici e galleristi, senza il quale anche Pollock sarebbe stato probabilmente rinchiuso in un manicomio”. In seguito si accanirà su due opere di Fontana e Burri alla Gnam.
Il record degli attentati spetta alla Ronda di notte di Rembrandt, che negli anni ne ha collezionati tre: nel 1915 un calzolaio disoccupato graffia leggermente la tela; nel 1975 un uomo apre a coltellate 13 squarci verticali lunghi fino a 80 centimetri sulla tela; nel 1990 un olandese vi getta acido solforico.
Negli ultimi 25 anni sono stati oggetto di attacchi anche l’Adorazione del vitello d’oro di Poussin, La femme qui lit di Picasso, la Danae di Rembrandt, il Ritratto di cardinale di Raffaello. Nel 1987 Robert Cambridge spara contro un disegno di Leonardo alla National e un anno dopo Joachim Bohlmann getta acido solforico su tre dipinti di Durer. Nel 1989 un uomo su una sedia a rotelle entra nella pinacoteca dei Musei Vaticani, getta del liquido infiammabile sulla Madonna di Foligno di Raffaello e tenta di dargli fuoco.
La bellezza estetica delle opere può provocare violenti turbamenti emotivi, che rischiano di sfociare anche in una spiccata volontà vandalica chiamata appunto “Sindrome del David”, che si contrappone alla più famosa “Sindrome di Stendhal”. Chi ne soffre è sovente una persona estremamente sensibile e amante dell’arte, in cui l’impulso a distruggere viene vissuto come estraneo. Chi si lascia trasportare da questa sindrome vuole dimostrare di essere grande e forte a cospetto di opere universali o, viceversa, sentendosi geloso e invidioso vuole distruggere l’opera per riaffermare il proprio Io messo in pericolo da troppa profusione estatica.
Al di là della ricerca di facili catastrofismi corredati da effetti speciali alla Blockbuster, ritengo che sia proprio un misto di ammirazione e gelosia per il nostro patrimonio a spingere, negli ultimi tempi, molti registi statunitensi ad inserire nei loro film scene “spettacolari” nelle quali vengono distrutti celebri monumenti mondiali, in particolare italiani, e ancora più in particolare della Città Eterna:
Piazza di Spagna e il Colosseo esploso nel film The core
la distruzione del baldacchino del Bernini in Angeli e Demoni con danni diffusi in tutta la basilica e la piazza
per terminare con l’apoteosi della distruzione nell’ultimo catastrofico film 2012 nel quale crolla addirittura la Sistina con tutto San Pietro
Qualcuno risponderà che sono luoghi simbolici e che creano pertanto maggior effetto con la loro distruzione, che le immagini rimangono li, innocue, come vuoti effetti speciali; ritengo che la spettacolarizzazione della distruzione dell’arte celi motivazioni ben più profonde oltre ad avere ripercussioni emotive ben più sentite di quanto si pensi. L’impulso irrefrenabile degli americani a danneggiare e distruggere non risparmia l’arte, anzi, su di essa si accaniscono le inconsce gelosie e frustrazioni nel modo più spettacolare e devastante possibile. E’ tutta una finzione, è vero, ma il gesto resta ed è una cosa che non sopporto; le immagini del crollo della Sistina rimangono per me qualcosa di totalmente osceno.
E pensare che tutto era iniziato nel 1957 quando nel film A 30 milioni di chilometri dalla terra (capolavoro) di Nathan Juran il mostro alieno aveva distrutto senza catastrofismi, quasi con gentilezza, Ponte Sant’Angelo e il Foro romano.
Cosimo e Matisse
Trovo ci siano molte affinità tra quest’opera di Piero di Cosimo, Morte di Procri, dipinto affascinante dal controverso soggetto, e questa tela di Matisse, Ninfa e Satiro del 1910, quantomeno nei gesti dei personaggi che rivelano una tensione comune (pathosformel).
I colori dell’Ara Pacis
Parlando dei colori dell’Ara Pacis non mi riferisco al noto imbrattamento avvenuto circa un anno fa, gesto che il famoso neo-futurista graziano Cecchini ha rivendicato intellettualmente come una bellissima azione; nell’occasione tra gli schizzi erano state collocate anche la tazza di un gabinetto e due confezioni da 40 rotoli di carta igienica…
…bensì faccio riferimento ad un’operazione ben più interessante, ovvero la ricostruzione dei colori del fronte principale dell’Ara Pacis tramite proiezioni di luce grazie ad una nuova e sofisticata tecnologia virtuale applicata per la prima volta nella storia dell'archeologia su un monumento di età romana.
Quello che a prima vista per i meno esperti può risultare un’operazione di cattivo gusto in realtà è una filologica riproposizione dei colori originali dell’altare di Augusto, recuperati dai lacerti di pigmento presenti sui bassorilievi e da puntuali confronti con la pittura parietale (il blu dello sfondo, il rosso porpora delle toghe, il giallo dei fiori, il verde delle foglie di acanto, così distanti dal pallore grigiastro del marmo di oggi). Assodato che le sculture classiche, greche e romane, fossero dipinte con colori sgargianti…(vedi la ricostruzione cromatica dell’Augusto di Prima Porta)…
…bisogna sempre considerare, nella lettura critica delle opere come il colore fosse un elemento essenziale dell’aspetto originario di marmi antichi, statue, rilievi, architetture, e che la spiccata policromia era parte del linguaggio estetico. Se siamo abituati alla statua di marmo bianco, candido e lucente, questo ci deriva in particolare dalle riprese del neoclassicismo che ha eletto la purezza del bianco marmoreo a cifra stilistica.
L’illuminazione, inaugurata lo scorso anno, in particolari occasioni viene riproposta al pubblico; l’ultima è avvenuta pochi giorni orsono.
mercoledì 18 novembre 2009
Arte e facebook: vivo
Nato, o meglio diffusosi un nuovo mezzo di comunicazione, quale facebook, ed ecco una ricerca artistica e concettuale sul mezzo e sulle sue potenzialità. Alessandro Bulgini con dodici opere decide di testimoniare al Condotto C di Roma i dodici mesi di un anno di “vita” lavorativa e artistica con facebook; il titolo è “Vivo”. Lavoro assolutamente valido dal punto di vista speculativo con una giusta dose di ermetismo e sacralizzazione del mezzo (per un commento più approfondito rimando a questo bell’articolo: link).
Di seguito un’immagine e un video del suo lavoro:
…e naturalmente potete richiedere la sua amicizia su FB per essere parte delle sue condivisioni che si limitano, di continuo, ad un’unica parola: vivo.
martedì 17 novembre 2009
Stranezze d’arte
Nel mondo dell’arte possono succedere cose incredibili come il ritrovamento di un ritratto di donna di Rubens, capolavoro del pittore in perfetto stato di conservazione sparito dalla storiografia artistica per via della gelosia e riservatezza dei proprietari privati…
…e la distruzione di un’opera per via dell’incuria degli spazzini i quali, pensandosi di essersi imbattuti in un rifiuto, hanno tritato un cavallo scolpito dal maestro Massimo Facheris, lasciato in strada momentaneamente dal proprietario durante un trasloco.
lunedì 16 novembre 2009
Ricostruzione futurista dell’universo
Tra i tanti manifesti e scritti del futurismo questo sinceramente mi mancava e lo trovo veramente geniale (cliccate sull’immagini). Il testo è tratto da questo bellissimo sito realizzato dall’architetto Maurizio Castelvetro e dedicato alla concezione architettonica futurista che si può riassumere con due termini espressivi lirismo e dinamismo.
http://www.rebel.net/~futurist/indiceframe.htm
A riguardo segnalo anche quest’altro sito comprendente tutti i manifesti: http://www.futur-ism.it/home.asp
E-book di estetica dal Centro Internazionale Studi di Estetica
Il Centro Internazionale Studi di Estetica è un istituto di Alta Cultura fondato nel 1980 con sede presso l’Università di Palermo. Il centro, oltre ad organizzare convegni, seminari, giornate di studio, cura anche la collana editoriale Aesthetica e pubblica il periodico Aesthetica Preprint e i suoi Supplementa che condivide, in parte, anche in rete; da questo link è possibile scaricare in formato e-book interessantissimi testi di estetica scritti da illustri studiosi: http://www.unipa.it/~estetica/download/.
Tra i testi, di assoluto spessore, segnalo saggi di Giuseppe di Giacomo, Luigi Russo, Elio Franzini, Stefano Velotti.
In particolare, per gusto personale, segnalo:
Giuseppe Di Giacomo, Icona e arte astratta, Aesthetica Preprint, 55, aprile 1999.
Maria Barbara Ponti, Georges Bataille e l'estetica del male, Aesthetica Preprint: Supplementa, 3, dicembre 1999.
Elisabetta Di Stefano, Arte e Idea: Francisco de Hollanda e l'estetica del Cinquecento, Aesthetica Preprint: Supplementa, 12, settembre 2004.
Tiziana Andina, Percezione e rappresentazione. Alcune ipotesi tra Gombrich e Arnheim, Aesthetica Preprint, 73, aprile 2005.
Alessio Scarlato, La Zona del Sacro: L'estetica cinematografica di Andrej Tarkovskij, Aesthetica Preprint, 75, dicembre 2005.
Luca Vargiu, Prima dell'età dell'arte: Hans Belting e l'immagine medievale, Aesthetica Preprint: Supplementa, 20, giugno 2007.
Luigi Russo (a cura di), Esperienza estetica: A partire da John Dewey, Aesthetica Preprint: Supplementa, 21, dicembre 2007.
Giovanna Pinna, Il sublime romantico: Storia di un concetto sommerso, Aesthetica Preprint, 81, dicembre 2007.
Stefano Velotti, Estetica analitica: Un breviario critico, Aesthetica Preprint, 84, dicembre 2008.
domenica 15 novembre 2009
Alterazioni Video – Sinfonia n.1
Che cos’e’ Alterazioni Video?
Alterazioni Video e’ un organismo, un network, una società per Azioni, un’attivita’ commerciale, un bilocale di 25 metri quadrati, un nome sbagliato che viene voglia di cambiare, una scusa per non mettersi a lavorare per l’ennesima stagione, un progetto di comunicazione fastidiosa, un contenitore di progetti improponibili o bocciati e soprattutto un’idea per iniziare.
Leggo questa definizione da un bell’articolo su exibart (fonte) e mi soffermo sul loro ultimo lavoro Sinfonia n.1, una performance multimediale basata sulla comunicazione della gioia. L’opera dalla struttura di una sinfonia è un insieme di azioni caotiche e diverse ripetute in loop attraverso la sincronia digitale, il materiale che si trova sulla scena e la teatralità che conferisce all’azione una durata. Simpaticamente colpito dalla loro performance posto il video e rimando al loro sito per ulteriori informazioni.
http://www.alterazionivideo.com/index.php
Cos’è la Bellezza? Le 10 qualità che rendono l’arte bella
Riporto la traduzione di un bell’articolo uscito sul Telegraph qualche giorno fa dall’emblematico titolo Che cos'è la bellezza - le 10 qualità che rendono l'arte bella; un buono spunto per riflettere sul significato dell’arte con significativi esempi che cercherò di ampliare con impressioni personali.
1) Natura. (Il viadotto Milau)
L’arte, attraverso le sue forme, sia essa figurativa o astratta, o semplicemente design come in questo caso, richiama sempre in un modo o nell'altro alla natura. Il viadotto Milau è stato progettato da Norman Foster e costruito nel 2004. Come un albero che scaturisce dalla terra, ciascuna delle sue colonne sembra integrata con la natura. Oltre ad essere in natura, inoltre, il ponte fa qualcosa per la natura: esso porta a ri-vedere. Ci parla infatti della la vastità e della luce della valle Milau, e come essa si configura imponendo la valle allo sguardo dello spettatore. Il ponte conquista la natura, ma è anche rispettoso verso di essa.
2) Semplicità. (La Madonna del Parto di Piero della Francesca)
La Madonna rinascimentale di Piero della Francesca è un modello insuperato di semplicità nel senso più puro del termine. Una tenda con all'interno una pura simmetria di forme: al centro una donna con un bel viso giovanile, semplicemente delineato. Ad entrambi i lati due angeli che reggono la tenda, due forme identiche ma invertite nella posa e nei colori. Minime modifiche differenziali ma estremamente attrattive per la vista che resta colpita dalla chiara semplicità e descrittività dell’evento. Una donna incinta in una tenda intesa come un grembo universale che mostra il suo ventre come una nuova tenda: la creazione della vita continua all'interno.
3) Unità. (I mosaici del Duomo di Monreale).
Il principio dietro la bellezza dei mosaici nel Duomo di Monreale, realizzati nel 12 ° secolo, è l'unità. L’artista usa pezzi di marmo o di vetro deliberatamente in un modo non uniforme in una singola scena ma ogni scena, in rapporto con le altre, trova nell’insieme un organico equilibrio e un’unità di fondo. Si crea pertanto un’unità visiva globale che persiste in tutti i 6.000 metri quadrati di tessere come se fosse un’invisibile energia visiva. Questa energia scorre verso la parte superiore dell'abside della chiesa dove l’enorme Cristo Pantocratore (il dito mignolo di un metro di lunghezza) rimanda questo flusso di nuovo verso il resto della chiesa.
4) Trasformazione. (L’arte rupestre)
L’arte rupestre è durata 50.000 anni. Non è mai cambiata di molto. Qualcosa di reale, là fuori nel mondo, si trasforma in qualcosa di simbolico nella grotta. Non è che gli animali erano esteticamente belli e gli uomini delle caverne amavano dipingerli. Raffigurare animali era un'operazione psichica con la quale i primitivi imbrigliavano le potenze animali che volevano assorbire. Non bisogna guardare a quest’arte col metro di oggi, esprimendo giudizi personali e di gusto. Queste figure sono state dipinte affinché una forza potente si manifestasse attraverso le immagini e l’uomo potesse assorbire vigore e controllo. E l'elemento richiesto per questo atto di trasformazione magica è in se bellezza.
5) Ambiente. (Le gallerie d’arte contemporanea).
Grandiosità spaziale; bianco puro; bruni pavimenti in legno magnificamente rifiniti; caratteristiche di finito e di inumana perfezione; è presente il segno dell’uomo ma non il suo disordine: questa è l'esperienza della galleria d'arte contemporanea. Molte persone non si aspettano che l'arte contemporanea comunichi bellezza ma, in quanto umani, siamo sempre alla ricerca della bellezza come di un qualcosa di religioso; in questo senso la ricerca del bello è come la ricerca di Dio. Il culto dell’arte contemporanea ha tutto il mistero della religione voodoo ma lascia fuori la religiosità tradizionale per fornire invece una nuova saggezza che tutto comprende. Fornisce enigmi mentali, ipotesi di possibilità, impressioni e traumi. E la nostra esperienza indugia sulla bellezza anche quando l'arte stessa è brutta o insignificante o visivamente arbitraria. Allora non è negli oggetti (che si possono apprezzare o meno) ma nei contesti splendidamente progettati che la nostra ricerca di bellezza e armonia viene soddisfatta.
6) Movimento. (La Creazione dell’uomo di Michelangelo)
Come può l'uomo tornare in paradiso? Questa domanda è praticamente la storia della Cappella Sistina di Michelangelo. Ma in termini di bellezza l’elemento che colpisce, indipendentemente da cosa vi è scritto nei testi e nei saggi, è l'incredibile movimento che pervade tutta la volta. La torsione delle ginocchia enormi e del busto, la fronte aggrottata, i capelli come un mare turbolento offrono una costante animazione alla scena; una torsione costante che traduce il movimento muscolare in moto dell’anima. Michelangelo ha creato una nuova forma fisica deformata, eccessivamente anatomica, ma non orribile; la ricerca di un sublime terrificante. Nella rassicurante e armonica arte rinascimentale quest’operazione sul corpo e il movimento dovette stridere molto. Ma è proprio ciò che oggi ci emoziona.
7) Modelli. (Mosaico con Amorini. Museo Bardo. Tunisi)
I mosaici romani del Nord Africa portavano negli ambienti casalinghi la potenza dei modelli dell’arte. Un mosaico è sempre composito a causa della natura modulare del mezzo. Questi amorini, dettagli di un mosaico molto più grande, raffigurano la vivificazione dell’oceano. Le creature sono disposte in una sorta di griglia dalla struttura simile. Ogni figura è leggermente diversa ma c'è un impulso d’insieme che accomuna tutti. Gli intervalli tra gli elementi, gli spazi vuoti, infatti sono vivaci come gli oggetti stessi. L'oceano è tutto uguale e possente, metafora della benevolenza della natura. L'arte offre alla natura uno schema, o una struttura, in quanto la natura è ontologicamente modellata e strutturata.
8) Sorpresa. (Magritte, L’incauto dormiente)
La bellezza in arte è sempre legata all’elemento della sorpresa. Nell’opera del belga appaiono gli oggetti dei sogni di un uomo intesi come simboli. Sono solo le icone degli oggetti che non svelano però i loro significati. E poi la figura è un altro simbolo o è realmente un uomo che sogna? Magritte è così ermetico circa il significato delle sue opere tanto che l’unica cosa alla quale non sembra interessato è la bellezza. All’interno di questa sorta di blob grigio si coglie l’eco di una bellezza semplificata, apparentemente semplice ed immediata ma concettualmente insondabile.
9) Selezione (Charlene di Robert Rauschenberg, Stedelijk Museum)
Questo dipinto del 1954 è composto da oggetti e pezzi trovati in giro. Legno rosso, vernice rossa, tessuto rosso, un ombrello di garza; alcune parti dipinte dallo stesso Rauschenberg di rosso, con accenti di verde, bianco e giallo. Trasmette la stessa bellezza dell'arte medievale o rinascimentale. Ma non è la stessa bellezza perché non risponde all’esigenza di comprensione della realtà della società. Nell’opera non vi sono gerarchie di forme o di figure, evidenze maggiori, elementi preminenti e concettualmente sovrastanti; non vi è un Dio. Siamo di fronte ad una mentalità aperta che si interroga circa la differenza tra il casuale e l'importante. Propone una selezione di oggetti inseriti senza una premeditata selezione e quindi ugualmente importanti e insignificanti per l’opera.
10) Spontaneità. (Arearea di Gauguin, Musée d'Orsay)
Nell’opera vi è una spiccata semplificazione che rende la donna una sorta di irreale cartone animato. Ma il quadro nel suo insieme è qualcosa di diverso. La tensione ad armonizzate e contrastare i colori è potente e delicata al tempo stesso. E’ il colore puro che coniuga l’arte e la bellezza: le linee di contorno, le forme semplificate, la ricerca di intime armonie rendono l’opera autentica emozione personale. Quindi è la bellezza del dipinto nel suo insieme che rende bella la donna e non viceversa. La semplicità del dipingere diventa semplicità delle forme e salva le figure dal banale.
venerdì 13 novembre 2009
Marilyn Minter tra Madonna e Bataille
Marilyn Minter (Shreveport, 1948) è una pittrice, scultrice e fotografa statunitense, che attualmente risiede e lavora a New York; i suoi lavori presentano spesso temi crudi di sessualità e pornografia mescolati con un pizzico di trasgressione, ironia e glamour. L’artista lavora sul corpo e sul dettaglio e facendo questo cerca, attraverso l’ossessivo ricorso a tagli parziali e ravvicinati, di spiazzare l’osservatore. La sua ultima installazione video Caviar Green Pink (2009) è stata scelta da Madonna come video di apertura del suo Sticky & Sweet tour a Londra. L’opera di otto minuti ad alta definizione, girata con lenti macro, è un’allucinante, sensuale e voyeuristico lavoro: le lingue mescolato lo zucchero colorato con la saliva e spargendo il colore su tutta la superficie di vetro è come se simulassero la pittura.
Il mondo che l’artista prende in esame è sempre quello femminile del quale offre, con visioni frammentarie, un diverso punto di vista non immune da un certo ricorso all’astrazione; il fascino del corpo si associa pertanto al perturbante e all’informe tanto che ritengo in questo senso vi sia un forte legame con Bataille. Il surrealista francese, nella sua celebre rivista Documents, in diversi articoli parla di attrazione e repulsione, del gusto del disgusto, verso immagini che mostrano in maniera esplicita elementi ripugnanti o forme osservate troppo da vicino. Bataille è il primo che associa l’erotismo e il sacro, il puro e l’immondo, la forma e l’informe. Essendo più espliciti lo scrittore considera la bocca un buco come l'ano e vede il corpo come tubo con due orifizi, anale e boccale: le narici, gli occhi, le orecchie, il cervello rappresentano le complicazioni dell'orifizio boccale; il pene, testicoli, o gli organi femminili che corrispondono a loro, sono le complicanze dell’anale. Funzioni escretorie come sputi, tosse, sbadigli, rutti, starnuti, lacrime, ma anche baci, sono quindi tutte forme di scarico escremenziale svelando l’informe che abbiamo dentro.
Vedi: Idols/Ordures: Inter-repulsion in Documents’ big toes.
Pertanto, tornando alle immagini delle bocche, trovo che l’antecedente sia da trovare proprio nei lavori fotografici di Jacques-André Boiffard per la rivista Documents. La celebre Bocca del 1929, corrispettivo visivo delle teorie di Bataille, è l’antenata dei lavori di Minter i quali, pur superficialmente cool e modaioli, non possono nascondere questi fattori perturbanti.
giovedì 12 novembre 2009
Caroto – Ritratto di bambino con disegno
Giovan Francesco Caroto, pittore veronese a cavallo del ‘500, fu allievo in patria di Liberale da Verona ma subì fortemente l'influsso di Andrea Mantegna e Lorenzo Costa il vecchio, non rimanendo insensibile davanti alle novità del giovanissimo Correggio; durante un viaggio a Milano, ebbe modo inoltre di apprezzare l'arte dei leonardeschi (in particolare di Bernardino Luini).
Vorrei soffermarmi in questo caso su un dipinto molto particolare: Ritratto di bambino con disegno, conservato oggi a Verona, al museo di Castelvecchio.
La presenza di giovani o bambini nei dipinti non è qualcosa di nuovo, basti pensare a cherubini, putti, amorini e allo stesso Gesù bambino. Tuttavia questa immagine è particolarmente importante perché riguarda una delle prime opere che mostrano un bambino nel suo aspetto reale, ovvero non è una rappresentazione idealizzata, ma piuttosto il contrario. Vi è raffigurato un giovane mentre mostra allo spettatore un proprio disegno, forse un infantile autoritratto (il tema del doppio ritratto celerebbe comunque una valenza allegorica); questo disegno, la vera particolarità, è un vero e proprio scarabocchio di quasi cinquecento anni fa. L’artista ha il coraggio di mostrare un lato brutto della vita quotidiana attraverso il semplice disegno di un bambino in un periodo nel quale l’arte, in Italia, cercava la perfezione e seguiva i canoni della bellezza classica (ai quali di certo non si ispira il giovane il quale, anzi, orgoglioso mostra il proprio lavoro).
Il ritratto è l'immagine, l'identità e la memoria ed è un documento grafico importante per lo studio della vita e dei costumi di un'epoca. Come si può vedere dall’osservazione attenta delle scarabocchio troviamo poca differenza tra questo schizzo dipinto da un bambino nel XVI secolo e dal disegno che potrebbe fare oggi un bambino a scuola.
Diller Scofidio + Renfro – Alberi rotanti
Attraverso un approccio interdisciplinare all’architettura Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio creano lavori nei quali land art, elettronic art, installazione e, appunto, architettura, raggiungono un magico equilibrio. L’installazione nel video qui proposto è, in questo senso, un’ottima speculazione sugli spazi verdi cittadini e sul valore dell’elemento naturale. L’effetto d’insieme è estremamente poetico e spiazzante. Per me un ottimo esempio di land art. Qui il link del loro bellissimo sito.
David Cerny a Roma – Saddam Hussein attraverso gli occhi di Hirst
David Cerny è uno scultore ceco le cui opere-installazioni, spesso controverse, puntano sul rovesciamento dei valori politici nazionali ed internazionali provocando molto spesso dure reazioni. Cerny ha raggiunto la notorietà nel 1991 dipingendo di rosa un carro armato sovietico, a memoria del secondo conflitto mondiale. La sua provocazione è però stata reputata intollerabile e l’artista è stato arrestato. Ultimamente un’opera che ha suscitato innumerevoli discussioni è Entropa, creata in occasione della presidenza Ceca al Consiglio dell’Unione Europea nel primo semestre del 2009. Si tratta di una scultura che presenta immagini ironicamente stereotipizzate di ciascun paese dell’Unione raffigurato attraverso un suo vizio (qui alcuni bozzetti), oggetto di polemiche per il suo tono fortemente dissacrante e per il grosso “bluff” inscenato dallo stesso Cerny, il quale, contrariamente a quanto annunciato alla stampa ed alle istituzioni in precedenza, ha realizzato l’opera interamente da solo invece che con un team di artisti europei.
La prima personale in Italia di David Cerny sarà "The Solo Show", dal 21 novembre 2009 al 27 febbraio 2010 presso la galleria di arte contemporanea CO2 contemporary art di Roma; nell’occasione sarà esposta un’altra opera provocatoria che fa il verso alla celebre The Impossibility of death in the mind of Someone Living di Damien Hirst. L’opera, intitolata ironicamente SHARK, presenta il ritratto del dittatore Saddam Hussein attraverso il linguaggio del britannico, ovvero immerso in una cellula come il vero squalo del 1991. Una mostra che nasce già come un cult per l’ambiente della Capitale e che vale veramente la pena di essere vista.