In alcuni casi ciò che è troppo bello scatena sentimenti ambivalenti.
Nel 1991 Pietro Cannata, un individuo affetto da problemi psichici, prende a martellare il David di Michelangelo danneggiando un dito del piede sinistro; Dopo quell’episodio Cannata nel 1993 in due diversi momenti sfregia Le esequie di Santo Stefano di Filippo Lippi e L’adorazione dei pastori di Michele di Raffaello delle Colombe. Nel 1999 colpisce con un pennarello Sentieri ondulati di Pollock; Luther Blissett, con una lettera provocatoria a Repubblica, in solidarietà di Pietro affermò “L'intervento di Cannata è il migliore tributo che persona potesse fare ad un artista quale era Pollock. L'unica differenza che corre tra l'espressionista astratto americano e il performer italiano è che il primo consumava le sue follie in un "contesto artistico" e ricercava, trovandolo, il supporto teorico ed economico di critici e galleristi, senza il quale anche Pollock sarebbe stato probabilmente rinchiuso in un manicomio”. In seguito si accanirà su due opere di Fontana e Burri alla Gnam.
Il record degli attentati spetta alla Ronda di notte di Rembrandt, che negli anni ne ha collezionati tre: nel 1915 un calzolaio disoccupato graffia leggermente la tela; nel 1975 un uomo apre a coltellate 13 squarci verticali lunghi fino a 80 centimetri sulla tela; nel 1990 un olandese vi getta acido solforico.
Negli ultimi 25 anni sono stati oggetto di attacchi anche l’Adorazione del vitello d’oro di Poussin, La femme qui lit di Picasso, la Danae di Rembrandt, il Ritratto di cardinale di Raffaello. Nel 1987 Robert Cambridge spara contro un disegno di Leonardo alla National e un anno dopo Joachim Bohlmann getta acido solforico su tre dipinti di Durer. Nel 1989 un uomo su una sedia a rotelle entra nella pinacoteca dei Musei Vaticani, getta del liquido infiammabile sulla Madonna di Foligno di Raffaello e tenta di dargli fuoco.
La bellezza estetica delle opere può provocare violenti turbamenti emotivi, che rischiano di sfociare anche in una spiccata volontà vandalica chiamata appunto “Sindrome del David”, che si contrappone alla più famosa “Sindrome di Stendhal”. Chi ne soffre è sovente una persona estremamente sensibile e amante dell’arte, in cui l’impulso a distruggere viene vissuto come estraneo. Chi si lascia trasportare da questa sindrome vuole dimostrare di essere grande e forte a cospetto di opere universali o, viceversa, sentendosi geloso e invidioso vuole distruggere l’opera per riaffermare il proprio Io messo in pericolo da troppa profusione estatica.
Al di là della ricerca di facili catastrofismi corredati da effetti speciali alla Blockbuster, ritengo che sia proprio un misto di ammirazione e gelosia per il nostro patrimonio a spingere, negli ultimi tempi, molti registi statunitensi ad inserire nei loro film scene “spettacolari” nelle quali vengono distrutti celebri monumenti mondiali, in particolare italiani, e ancora più in particolare della Città Eterna:
Piazza di Spagna e il Colosseo esploso nel film The core
la distruzione del baldacchino del Bernini in Angeli e Demoni con danni diffusi in tutta la basilica e la piazza
per terminare con l’apoteosi della distruzione nell’ultimo catastrofico film 2012 nel quale crolla addirittura la Sistina con tutto San Pietro
Qualcuno risponderà che sono luoghi simbolici e che creano pertanto maggior effetto con la loro distruzione, che le immagini rimangono li, innocue, come vuoti effetti speciali; ritengo che la spettacolarizzazione della distruzione dell’arte celi motivazioni ben più profonde oltre ad avere ripercussioni emotive ben più sentite di quanto si pensi. L’impulso irrefrenabile degli americani a danneggiare e distruggere non risparmia l’arte, anzi, su di essa si accaniscono le inconsce gelosie e frustrazioni nel modo più spettacolare e devastante possibile. E’ tutta una finzione, è vero, ma il gesto resta ed è una cosa che non sopporto; le immagini del crollo della Sistina rimangono per me qualcosa di totalmente osceno.
E pensare che tutto era iniziato nel 1957 quando nel film A 30 milioni di chilometri dalla terra (capolavoro) di Nathan Juran il mostro alieno aveva distrutto senza catastrofismi, quasi con gentilezza, Ponte Sant’Angelo e il Foro romano.
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