Giovan Francesco Caroto, pittore veronese a cavallo del ‘500, fu allievo in patria di Liberale da Verona ma subì fortemente l'influsso di Andrea Mantegna e Lorenzo Costa il vecchio, non rimanendo insensibile davanti alle novità del giovanissimo Correggio; durante un viaggio a Milano, ebbe modo inoltre di apprezzare l'arte dei leonardeschi (in particolare di Bernardino Luini).
Vorrei soffermarmi in questo caso su un dipinto molto particolare: Ritratto di bambino con disegno, conservato oggi a Verona, al museo di Castelvecchio.
La presenza di giovani o bambini nei dipinti non è qualcosa di nuovo, basti pensare a cherubini, putti, amorini e allo stesso Gesù bambino. Tuttavia questa immagine è particolarmente importante perché riguarda una delle prime opere che mostrano un bambino nel suo aspetto reale, ovvero non è una rappresentazione idealizzata, ma piuttosto il contrario. Vi è raffigurato un giovane mentre mostra allo spettatore un proprio disegno, forse un infantile autoritratto (il tema del doppio ritratto celerebbe comunque una valenza allegorica); questo disegno, la vera particolarità, è un vero e proprio scarabocchio di quasi cinquecento anni fa. L’artista ha il coraggio di mostrare un lato brutto della vita quotidiana attraverso il semplice disegno di un bambino in un periodo nel quale l’arte, in Italia, cercava la perfezione e seguiva i canoni della bellezza classica (ai quali di certo non si ispira il giovane il quale, anzi, orgoglioso mostra il proprio lavoro).
Il ritratto è l'immagine, l'identità e la memoria ed è un documento grafico importante per lo studio della vita e dei costumi di un'epoca. Come si può vedere dall’osservazione attenta delle scarabocchio troviamo poca differenza tra questo schizzo dipinto da un bambino nel XVI secolo e dal disegno che potrebbe fare oggi un bambino a scuola.
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