Trovo che il Molise sia una realtà, dal punto di vista artistico, interessantissima anche perché poco analizzata e storicizzata a livello nazionale sebbene abbia prodotto eventi e movimenti di indubbio valore che, pur ricevendo poca eco sulle pagine delle grandi riviste d’arte, hanno avuto il merito di smuovere un ambiente da un certo punto di vista ancora chiuso e arretrato. Mi riferisco alle annuali mostre Fuoriluogo nella galleria Limiti Inchiusi a Campobasso, all’esperienza di Kalenarte a Casacalenda (CB), alla rassegna d’arte contemporanea di Macchia d’Isernia (IS) o al recente progetto portato avanti da Lorenzo Canova con l’Aratro, archivio delle arti elettroniche e laboratorio per l’arte contemporanea dell’Università degli studi del Molise. Interessanti le attività del MACI, Museo d’Arte contemporanea di Isernia, sotto la guida di Luca Beatrice, con eventi dal respiro internazionale che però si rivelano inutili in assenza di una politica culturale rivolta in primo luogo al territorio, da intendere quale indispensabile base di partenza. Significativo, infine, il Premio Termoli, l’unica esperienza artistica di valenza internazionale operante in regione, giunto alla sua 55° edizione e quest’anno curato da Miriam Mirolla con il progetto IMAGO. Proprio Termoli si segnala quale il centro che più di altri ha prodotto in Molise esperienze rilevanti circa l’arte contemporanea. Nel 1985 viene fondato da Nino Barone, Ernesto Saquella, Michele Peri ed Elio Cavone, il Gruppo di Orientamento mentre nel 1998 vi nasce il movimento d’arte internazionale Archetyp’art. Ideatore, insieme all’artista Nino Barone, è Antonio Picariello, critico d’arte militante e tra i più significativi studiosi del contemporaneo in Molise[1]. Da sottolineare, infine, sempre a Termoli la manifestazione Tracker Art, ovvero il convegno della nuova critica d’arte italiana giunto alla sua 6° edizione e che ha accolto, negli anni, interventi di importanti critici quali Omar Calabrese, Giuseppe Siano, Silvia Bordini, Antonio Gasbarrini, Paola Ferraris. Alle origini di tutto ciò si colloca l’attività artistica del Gruppo Solare, il primo laboratorio di arti visive del Molise e primo movimento in regione con un preciso programma culturale e teorico. Dopo aver ritrovato forse l’unico libro pubblicato sull’argomento[2], superati ormai i vent’anni dallo scioglimento del gruppo, ritengo opportuno tracciare le linee di una storia affascinante e nascosta che, spero, venga maggiormente studiata.
La prima manifestazione che vede attivo il gruppo risale al 1976 a Termoli; l’intenzione è quella di denunciare la poca attenzione del comune per la valorizzazione e il turismo. Parteciparono Nicola di Pardo, Mimmo di Domenico, Nino Barone, Salvatore Martinucci, Nicola di Pietrantonio e Rocco Ragni. Le motivazioni che spinsero a questa azione sono da ricercare nel confronto dialettico di due culture diverse e quasi antitetiche che si sono trovate ad agire sul territorio: da una parte quella settentrionale giunta in relazione all’insediamento industriale della FIAT nel Molise, dall’altra la cultura locale. Già da questo primo evento si nota lo stretto legame del gruppo col territorio e il tentativo, tramite forme d’arte estemporanea, di scuotere l’opinione pubblica.
Nel mese di agosto del 1977, sempre a Termoli, il Gruppo da vita ad un evento che prevede la realizzazione, in piazza, di grandi pannelli raffiguranti l’uomo nella società in relazione all’ambiente, alla religione, allo stato. Lo stile adottato è un realismo di stampo espressionista, con l’uso di colori contrastanti e segni induriti, forti linee di contorno e una struttura della scena intesa quale palinsesto di memorie e impressioni; i riferimenti possono andare da espressionisti ante-litteram quali Goya (con le pitture dalla Quinta del Sordo) e Daumier a Ensor e Rouault fino a giungere ai muralisti messicani, Orozco su tutti. C’è però ben altro in queste pitture e lo sottolinea bene Jolanda Covre nella nota introduttiva al testo: “Ecco allora che la vostra gioia di dipingere, la dimensione narrativa che non abbandonate mai, l’improvvisazione del lavorare in pubblico con un’aria tra la festa e la protesta, sono, a modo loro, gesto e comportamento. Ma non per programma, che significherebbe essere nuovi, bensì per istinto”[3].
Da queste prime manifestazioni si nota come il Gruppo mira a ridefinire il ruolo dell’artista nella società in cui opera, ponendosi quale elemento di rottura e di presa di coscienza. La sua è un’azione “politica” nel senso che è indirizzata alla polis. Gli artisti cercano il contatto e il dialogo con le masse, coinvolgendo il popolo nell’azione e nella struttura delle tele; fanno dell’arte una vera e propria esperienza comunicabile e trasmettibile, non abbandonando mai la “tradizione” e non cadendo mai nell’originalità a tutti i costi. “Noi non crediamo nell’artista inteso nella maniera tradizionale, cioè un uomo al di fuori della realtà umana, estroso, esaltato, traviato, ma in un uomo con i limiti, i difetti e i pregi di tutti, che trasmette attraverso le proprie opere la sua esperienza e cerca il confronto con gli altri per ritrovare la sua vera dimensione”[4]. Il discorso portato avanti dal Gruppo è antico: come moderni saltimbanchi gli artisti scelgono la piazza come luogo deputato alle loro azioni e rifiutano il fruitore “tipo” poiché il pubblico è dato dalle persone comuni coinvolte nella scena, persone alienate da simili esperienze culturali. La formula è a metà strada tra la performance e l’estemporanea, i murales realizzati sono invece anti-prodotti artistici in quanto frutto di azione spontanea e non di logiche di mercato. La loro arte, allora, è veramente arte pubblica intrisa di una forte componente etica.
Dopo la realizzazione dei pannelli sul tema “L’Uomo” nel 1978 il Gruppo torna a riunirsi per la manifestazione antinucleare in Piazza Principe di Piemonte a Termoli. Realizzano allora la loro “azione” più incisiva dipingendo carcasse metalliche di oggetti di consumo (automobili, frigoriferi, lavatrici, televisori). Chiamano le loro decorazioni “Tributi in natura” e le considerano un’affermazione della creatività e della vita sul progresso più becero volto al consumo.
Sempre nel 1978 il Gruppo, volendo dimostrarsi ancor più legato al territorio, comincia ad interessarsi alle tradizioni delle diverse civiltà presenti nel Molise e alla “storia vissuta” delle civiltà contadine. Cominciano allora una serie di eventi che hanno come idea di fondo la riscoperta, attraverso i segni e la pittura (e quindi ancora una volta il linguaggio del passato), delle più importanti sagre regionali, contro la civiltà contemporanea sorda verso il locale. L’idea è quella di un intervento diretto nel territorio molisano durante le più importanti manifestazioni religiose. La formula adottata è quella della realizzazione in estemporanea di grandi pannelli che sintetizzino i temi (antropologici, religiosi, sociali, storici) dell’evento. Il linguaggio, ancora una volta, non abbandona la forma e, pur cercando la sintesi e la bidimensionalità, evita la dispersione delle idee nell’informale. Si ha quindi una sovrapposizione di prospettive, di scorci autonomi, di volti ma mai la perdita della figurazione. Nel 1978 il Gruppo agisce e opera nella festa di San Pardo a Larino, nella festa di Sant’Antonio a Montecilfone, a Santa Cristina a Campomarino e durante la Carrese a Portocannone. Sempre nel 1978 gli artisti, legati all’idea di arte per tutti, fondano una scuola di pittura aperta a bambini e ragazzi: la Scuola Solare.
Nel 1980, infine, il Gruppo si scioglie per divergenze culturali e stilistiche tra i componenti in quanto gli artisti più giovani spingevano verso un’interpretazione astratto-concreta della realtà, mentre i membri più anziani insistevano sul linguaggio della tradizione e sulle tematiche a sfondo sociale.
Rimane però il segno di un’esperienza artistica unica, in Molise e forse in Italia, che ha lasciato i suoi frutti anche solo per aver smosso le acque di un ambiente culturale ancora poco aggiornato[5].
Tommaso EVANGELISTA
[1] Cfr. A. Picariello, Molise Mon Amour. Diario di un critico d’arte, Ferrazzano 2000.
[2] N. Barone, Gruppo Solare, Termoli 1999.
[3] N. Barone, op. cit., p. 8
[4] N. Barone, op. cit., p. 25
[5] Le immagini fotografiche sono state realizzate da Antonio Landolfi, Gino Giancristoforo e Salvatore Marinucci.
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