E proprio oggi che ho scritto un post sul ritorno al figurativo apprendo di questa singolare quanto coraggiosa mostra: Novecento sedotto. Il fascino del Seicento tra le due guerre da Velàzquez a Annigoni, allestita in coincidenza con le celebrazioni del centenario dalla nascita del noto artista toscano, che ha come intento principale il rilancio e la riscoperta del museo monografico di Pietro Annigoni. Si tratta di un percorso innovativo ed affascinante presso il neonato Museo Annigoni (Villa Bardini, Costa San Giorgio 2), dove, fino al 9 gennaio è ancora in corso la mostra su Caravaggio e caravaggeschi. L’allestimento mette insieme 50 opere di autori italiani e internazionali che, a cavallo fra le due guerre, hanno vissuto il fascino della pittura seicentesca. Una sorta di passione che accomunò molti autori attorno alla grande Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento, allestita nel 1922 a Firenze. Un evento unico, che presentò sotto un’altra luce oltre mille opere del diciassettesimo secolo e per la prima volta raccolse sotto lo stesso tetto diverse opere del Caravaggio, al tempo ancora dimenticato. L’interesse verso la pittura del seicento investì artisti come Giorgio De Chirico, Primo Conti, Achille Fucini , Pietro Annigoni, le cui opere in mostra dialogano con i capolavori di Artemisia Gentileschi, Jusepe de Ribera, Diego Velázquez.
Il percorso:
I. Attualità del Seicento negli anni Venti
Declinazioni del gusto tra Firenze, Roma e Milano
Mentre a Firenze si teneva nel 1922 la “Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento”, l’eco degli studi sul Seicento attraversava l’Italia, inserendosi tra i movimenti e gli interessi individuali degli artisti. Alcuni di essi ne furono dichiaratamente affascinati, altri ne accolsero alcuni influssi, mostrandosi molto sensibili a quel gusto. Questo dialogo è esemplificato nel percorso espositivo da confronti tra opere del Novecento e del Seicento, uno per tutti l’accostamento tra Dopo il bagno di Primo Conti e la Susanna di Felice Carena, alla maestosa Betsabea al bagno di Artemisia Gentileschi.
Critici e collezionisti
Allestita come una sorta di “corridoio degli uomini illustri”, la sezione presenta i ritratti di alcuni dei critici che presero parte, nel Novecento, al recupero della pittura del XVII secolo: Matteo Marangoni, Roberto Longhi, Ugo Ojetti e Giorgio de Chirico, il primo a parlare di «mania del Seicento». Accanto a loro, sono rappresentati alcuni dei collezionisti che contribuirono a nutrire la fortuna del secolo, come i coniugi Contini Bonacossi.
II. Il gusto del Seicento attraverso i generi e le tecniche
La natura morta
Allestite come una piccola e preziosa quadreria, le opere di Conti, Socrate, Marussig, Dudreville, Trombadori, De Chirico, Annigoni, testimoniano come gli artisti moderni seppero vivacemente interpretare il genere seicentesco della natura morta.
Il paesaggio
Al tema del paesaggio è dedicato un approfondimento che ancora una
volta prende spunto dalle analogie che i critici del primo Novecento avevano colto tra le opere di artisti noti dell’epoca e quelle di artisti attivi tra Sei e Settecento. In particolare la sezione è dedicata al tema del paesaggio nella pittura di Pietro Annigoni, a confronto con lo stesso genere affrontato da Anton Francesco Peruzzini, artista vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.
III. Da Caravaggio alla realtà moderna
Interpretazioni dell’arte del Seicento intorno agli anni Quaranta
La sezione ha il suo fulcro nell’opera Bacco all’osteria del pittore armeno Gregorio Sciltian, con i suoi dichiarati riferimenti al Caravaggio e a Velázquez. Le suggestioni della pittura del Seicento sono inoltre documentate in questa sala da opere moderne di Pietro Annigoni e Antonio Bueno che dialogano con quelle seicentesche di Jusepe de Ribera e Diego Velázquez, il cui Acquaiolo, restaurato per l’occasione, risalta per la sua alta qualità pittorica.
Luci e ombre seicentesche nel cinema
L’ispirazione al Seicento transiterà anche nel cinema. Come caso paradigmatico, si presenta il fotogramma finale di Mamma Roma (1962) con la morte di Ettore. La scena, diretta dalla regia di Pier Paolo Pasolini, brillante allievo di Roberto Longhi, evoca i chiaroscuri e la composizione del Compianto sul Cristo morto di Orazio Borgianni.
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