Un esempio è questa metopa dal duomo di Modena o questo bassorilievo del XIII sec. definito la Putta di porta Tosa:
Come simbolo di seduzione e con una forte accezione di realismo, tipico della sua poetica, il tema sarà ripreso nell’800 da Courbet che creerà una sorta di paesaggio sessualizzato:
Su questo rapporto fra terra femminile e riguardante s’imposta invece un’opera capitale del percorso artistico del Novecento, che può ben considerarsi una delle prime installazioni che si ricordino. È il celebre assemblaggio di Marcel Duchamp intitolato Dati: 1. La cascata d’acqua. 2. Il gas illuminante: al di là di una porta chiusa, da una fessura (che pare di fortuna) si può sbirciare una figura femminile nuda che tiene in mano una lampada a gas.
“La donna – un manichino ricoperto di pelle di maiale trattata dall’aspetto estremamente convincente – ha una posa assai esplicita che ricorda quella del quadro di Courbet: sdraiata su un prato di sterpi, rappresenta la Terra. Di lei non è possibile, come nel caso della donna di Courbet, scorgere il volto; è la femminilità della natura, sempre pronta a procreare eppure eternamente vergine. A fecondarla, con lo sguardo, quell’uomo, o meglio “l’uomo” che la sbircia dalla fessura della porta senza, però, poterla mai raggiungere. La presenza dell’acqua della cascata sullo sfondo, del fuoco della lampada che tiene in mano, della terra su cui è distesa e dell’aria tersa che riempie il cielo, simboli dei quattro elementi primordiali, originari della vita (terra, acqua, aria e fuoco), fa di questo scorcio uno spicchio di paesaggio sessualizzato. Tanto l’uomo che guarda, quanto l’artista che ha creato l’opera, ma che poi, una volta creatala, si è trovato nella stessa posizione del primo, finiscono per sentirsi immersi in un universo pervaso dalla vita fervente. Qui le colline si ammantano di verde o di giallo autunnale al ritmo del respiro delle stagioni e, come un’immensa madre, la terra morbida dalle chiome di bosco e di foresta, dalle vene pulsanti di acque torrentizie, dai denti bianchi di roccia scintillante, accoglie gli uomini che sanno amarla.
Duchamp impiegò più di vent’anni per realizzare quest’opera che ha un po’ il sapore della summa di una lunga tradizione iconografica, simbolica e, se si vuole, religiosa” (M. Bussagli).
E per mostrare come tale gesto-raffigurazione non sia solo una velleità artistica ricordo come questo comportamento fosse ben noto ad Ernesto De Martino, che si rifaceva ad un esempio rumeno in Morte e pianto rituale. Questa azione, il ricorso all'esibizione della vulva nei momenti di intensa crisi cosmica o sociale, connessa ad antichissime costumanze documentate nella tradizione mediterranea ed in altre tradizioni, quella giapponese e quella egizia, interveniva quando il gruppo parentale era immerso nel delirio di morte e di abbandono, quanto tutto l'universo sembrava farsi vano per l'emergenza improvvisa del dissolversi nel rituale del lutto.
cfr. M. Bussagli, Il nudo nell'arte; B. Pasquinelli, Il gesto e l'espressione.
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