venerdì 10 giugno 2011

Tutto il resto è noia

Breve e lucida analisi del critico Boris Brollo sul Padiglione Italia alla Biennale di Venezia.


In questa mostra italica dell’Arte non è cosa nostra la figura del critico d’arte viene spogliata del suo sapere e consegnata a componenti diversi della società civile come: poeti, letterati, artisti stessi, intellettuali, filosofi, attori etc. etc.. Tutti costoro hanno segnalato un loro “protetto” , o meglio ancora: artista preferito. E’ quindi obiettabile, la scelta, sul piano della ragione nel senso che questi non sono degli esperti, ma non è detto che ciò sia un male anzi, a volte, un occhio diverso segna fortemente una figura che diversamente sarebbe trascurata. E seppur non è un male sappiamo che non sempre la scelta di gente esterna alla materia segnala operatori di qualità. Ma tutto ciò sa di “rivoluzione culturale maoista” sulla quale in parte si concorda sul piano teorico, ma scendendo sul pratico la mostra del Padiglione Italia pur partendo da un’idea brillante si disarticola in una confusione di prodotti anche interessanti però persi dentro una marea di produzione pacchiana, illustrativa e senza nervo. Dà l’idea di una mostra vissuta per interposta persona, senza un fulcro, una tesi, un centro, bensì pare di trovarsi in una fiera dello stesso prodotto dove non c’è un’idea centrale ma un accrossage. La mostra presenta due punti deboli sostanziali : una confusione artistica che abbassa la qualità del tutto, al di là delle buone intenzioni. L’altra: una deregolazione della responsabilità di un pensiero portante che desse l’idea di quel che succede oggi e non di quel che si trova oggi in Italia. Se c’era da dimostrare agli altri che questo è un Paese confuso, allora ci siamo riusciti perfettamente. E non essendo questo un momento di transizione non c’è nemmeno da attendere uno schiarirsi della situazione per cui dove siamo e come siamo presi significa soltanto che siamo indietro come gusto comune, mentre abbiamo energie per essere al passo degli altri padiglioni. Ciò ha un solo significato che abbiamo sbagliato Direttore del Padiglione Italia. Nonostante ci siano in mostra artisti come Jannis Kounellis, Vanessa Beecroft, Maurizio Cattelan, Enzo Cucchi. Fra l’altro penosa l’immagine dell’Italia di Gaetano Pesce crocifissa per chi di noi ha visto quella appesa a rovescio ( San Pietro docet per umiltà) di Luciano Fabbro in Piazza Plebiscito a Napoli e nella altre mostre sull’Arte Povera di Germano Celant. Come penosi i tentativi dei nostri italici pittori nell’emulare per blasfemìa il visionario simbolismo della Pietas di Jan Fabre alla Scuola della Misericordia. Purtroppo il nostro difetto nazionale è di avere un piccolo pensiero dentro una grande storia, mentre gli altri hanno un grande pensiero per una loro piccola storia nazionale. E quindi ,in conclusione, a parte qualche Autore già noto tutto il resto – come c’insegna il buon Califano – è Noia!

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