I risultati di un'indagine interdisciplinare promossa dall'Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze e coordinata dallo specialista Andrea Bernardoni, autore per Giunti della più recente monografia sull'argomento, dimostra che il genio di Leonardo da Vinci, ancora una volta, aveva fatto centro e che il famoso e gigantesco monumento equestre per Francesco Sforza, alto oltre 7 metri per 70 tonnellate di bronzo era realizzabile.
venerdì 26 febbraio 2010
mercoledì 24 febbraio 2010
Caravaggio e l’antico
Nel numero di marzo di Artdossier Rodolfo Papa, grande studioso di Caravaggio, affronta l’annosa questione delle origini e dei modelli del pittore. Sdoganata ormai da tempo l’aura dell’artista maledetto, l’ultima tappa per ricostruire la sua personalità artistica è, di certo, quella dell’analizzarne lo stile in riferimento ad eventuali modelli, ovvero comprendere come Caravaggio non ha rivoluzionato l’arte partendo da zero, bensì l’ha innovata profondamente avendo alle spalle un solido bagaglio di esperienze e di studi. La formazione manierista sotto Peterzano rivela infatti come il Merisi abbia coniugato Natura e Arte celando la seconda. Molte sue figure appaiono, pertanto, chiaramente ispirate a statue classiche (il cui studio era elemento fondamentale della formazione di un pittore) anche se il significato appare spesso stravolto, celato da un sistema complesso di significati e allegorie. In questa carrellata di immagini vorrei proporre, seguendo la lucida analisi di Papa, questo confronto tra le opere del Merisi e l’antichità accostando statue e dipinti.
La figura serpentinata dell’angelo musicante nel Riposo durante la fuga in Egitto appare debitrice del modello classico delle Tre Grazie, qui rappresentato dalla copia romana presente al Louvre.
L’Amore Vincitore e l’Eros Farnese a Capodimonte.
Amore dormiente e Erote Dormiente degli Uffizi.
Il Pietro di Cristo nell’orto degli ulivi, quadro distrutto a Berlino durante la II guerra mondiale, riprende l’iconografia delle divinità fluviali; in questo caso il rimando potrebbe essere alla statua del Tevere collocata sul Campidoglio a Roma; la figura di Pietro quale fondatore, a Roma (sul Tevere), della Chiesa sarebbe stata realizzata con le sembianze, appunto, della statua.
La figura di spalle nelle Sette opere di Misericordia che riceve il mantello da San Martino richiama molto la statua del Galata Ferito, oggi nella collezione Farnese di Capodimonte. Parimenti anche la posa del San Girolamo dei Malta e del San Giovanni Battista della Corsini risulta chiaramente ispirata al Galata.
La Resurrezione di Lazzaro e Menelao e Patroclo della Loggia dei Lanzi.
L’aguzzino in ginocchio nella Flagellazione di Cristo e lo Scita detto “l’arrotino” degli Uffizi.
La vecchia della Crocifissione di Sant’Andrea e la Vecchia Ebbra dei Capitolini.
La composta fierezza e dignità della Madonna dei Pellegrini in confronto con Thusnelda, la schiava barbara della Loggia dei Lanzi.
Per maggiori approfondimenti si rimanda a Caravaggio. Le origini, i modelli. Rodolfo Papa.
lunedì 22 febbraio 2010
Caravaggio miscellanea
Quest’anno, anniversario dei 400 anni dalla morte del pittore, si susseguono scoperte, rivelazioni e significative mostre sull’artista. Inaugurata da poco la grande mostra alle Scuderie del Quirinale, che già conta più di 5.000 visitatori al giorno, ecco alcuni link sulle ultime novità:
ai mercati di Traiano, in concomitanza con la mostra alle Scuderie, curata da Claudio Strinati, Tutto il Caravaggio a Roma, un percorso che raccoglie le riproduzioni ad altissima definizione e a grandezza naturale di 63 dipinti del Caravaggio. (Fonte)
a Parigi, curata sempre da Claudio Strinati, l’interessante e coraggiosa mostra La vanità da Caravaggio a Damien Hirst. (Fonte)
uno scanner realizzato appositamente dall’Istituto nazionale di ottica (Ino) del Cnr di Firenzescopre un pentimento sotto la Cena di Emmaus conservata a Brera (l’immagine ad alta risoluzione). Durante l’indagine è riaffiorata sul lato sinistro della tela la presenza di un una finestra aperta su paesaggio dominato da un albero frondoso da cui, nella prima versione, proveniva la luce che illuminava i personaggi. Nella stesura definitiva, però, Caravaggio preferì occultare questi elementi spaziali e naturalistici. Al suo posto realizzò un sfondo scuro, in grado di suggerire un’atmosfera più raccolta e spirituale dove era la figura stessa di Cristo a emanare la luce. (Fonte)
Vi consiglio inoltre di non perdevi l’intervista di Egizio Trombetta a Maurizio Calvesi (Fonte), in occasione appunto dell’apertura della mostra al Quirinale, e di seguire il Blog Caravaggio400, sempre aggiornato sulle ultime novità sull’artista
venerdì 19 febbraio 2010
I senatori vestono Prada
Il termine eleganza (elegante) deriva dal termine latino ELEGANTEM o ELIGANTEM, che trae da E-LIGERE scegliere, eleggere. Nell’antica Roma solo chi godeva della cittadinanza romana aveva il diritto di indossare la toga e l'autorità doveva vigilare che gli stranieri non la indossassero. I cittadini comuni indossavano la toga solo durante le feste religiose, le cerimonie pubbliche e i funerali. Essa era invece il segno distintivo dei senatori, che la portavano di colore bianco ornata da una striscia di color porpora. Anche il dominus, in occasione delle largitiones (elargizioni) ai suoi clientes spesso pretendeva che questi indossassero la toga, un abbigliamento che doveva evidenziare il prestigio e l'importanza del benefattore. La striscia rossa, quindi, indicava la condizione del senatore, eletto appunto, ed importante.
Guardate ora invece che fine ha fatto quella striscia color porpora indice di eleganza-elezione? Un bell’esempio di migrazione dell’immagine.
martedì 16 febbraio 2010
Donna. Avanguardia femminista negli anni '70 dalla Sammlung Verbund di Vienna
Significativa la mostra che si aprirà il 19 febbraio alla GNAM la quale, in collaborazione con Sammlung Verbund di Vienna, offre al pubblico una scelta di 200 opere di 17 artiste che negli anni Settanta hanno trattato da pioniere temi come il corpo, l'identità femminile e la differenza uomo-donna, oltre ad aver messo in discussione il proprio ruolo attraverso la ricerca di nuovi linguaggi o, anche, utilizzando riferimenti surrealisti e concettuali.
La mostra presenta per la prima volta in Italia una significativa scelta tematica e cronologica tra i molteplici lavori della Sammlung Verbund di Vienna, una collezione d'impresa costituita a partire dal 2004, che riunisce artisti di fama internazionale dagli anni Settanta ad oggi.
Artiste in mostra:
Helena Almeida, Eleanor Antin, Renate Bertlmann, Valie Export, Birgit Jürgenssen, Ketty La Rocca, Suzanne Lacy / Leslie Labowitz, Suzy Lake, Ana Mendieta, Martha Rosler, Cindy Sherman, Annegret Soltau, Hannah Wilke, Martha Wilson, Francesca Woodman, Nil Yalter.
giovedì 11 febbraio 2010
Il nuovo progetto di comunicazione del Museo Nazionale Romano
Per una volta tanto, dopo la disastrosa e inquietante campagna-minaccia del MibAc “Se non lo visitate lo portiamo via”, una bella campagna pubblicitaria che punta ad un incontro personale con le opere, non immune da una certa componente sentimentale e anacronistica quanto basta.
La vita dell’arte, come spiega Settis in Futuro del “classico”: “La plasticità è come un’energia che scaturisce dal profondo segreto del loro essere: attraversa tutto il corpo, carica di emozioni, desideri e problemi che la spingono interiormente a provocare questo o quel movimento”. Queste parole del grande regista teatrale K. S. Stanislavskij, riferite agli attori, si prestano bene a descrivere la forza espressiva delle statue. Gli antichi infatti, per la loro consuetudine col teatro, conoscevano l’universalità del linguaggio del corpo e l’importanza dell’indagine psicologica, ed esprimevano mirabilmente le tensioni della vita interiore nella plastica dei corpi. Tensioni ed emozioni che realmente lo spettatore rivive in sé (come oggi la scoperta dei “neuroni specchio” conferma). Questo fenomeno dell’empatia suscitata dalle arti visive è sembrato particolarmente adatto a rappresentare l’auspicio di “saper guardare al classico come qualcosa di sorprendente da riconquistare ogni giorno”.
Il Link al sito: http://www.archeorm.arti.beniculturali.it/node/782
mercoledì 10 febbraio 2010
Velvet Underground and Nico – La copertina
THE VELVET UNDERGROUND & NICO del 1967 è un album leggendario in tutti i sensi; con questi nasceva il rock alternativo e la pop art, grazie al lavoro grafico di Andy Warhol, diventava effettivamente arte di consumo in quanto applicata ad un oggetto che avrebbe avuto una grandissima vendibilità e eco.
La prima, rarissima, copertina del disco su sfondo bianco è in completa sintonia col carattere provocatorio di Warhol il quale aveva realizzato una banana gialla dall’esplicito riferimento sessuale. Si invitava l’ascoltatore a sbucciare la banana (“peel slowly and see“, come detto) per scoprire, effettivamente, una polpa rosa shocking, “il frutto del desiderio”.
Si racconta che i dipendenti della Verve fossero stati impegnati per settimane ad applicare diligentemente a mano gli adesivi con la buccia sulle cover. Visti i costi di produzione la copertina “sbucciabile” viene usata solo per la prima tiratura, rendendola pezzo da collezione di grande valore. Nelle stampe successive la firma di Warhol sarà sostituita dal nome della band.
Ecco le due versioni con la copertina “sbucciata”:
lunedì 8 febbraio 2010
Interpretazione degli spazi museali
Dal sito http://acidolatte.blogspot.com/ due installazioni che invitano a riflettere sul ruolo e sull’uso, spesso spiazzante, degli spazi museali.
L’artista svizzero Urs Fischer, famoso per le sue spiazzanti installazioni, riesce ad intervenire nel museo con un’operazione al tempo stesso efficace e dissacrante. Il museo come cantiere (della creatività?) o come luogo da profanare, scavando a fondo.
David Ancelin, parimenti, lavora con gli oggetti dello spazio.
mercoledì 3 febbraio 2010
Il gesto nell’arte
Andrè Chastel è stato un grande storico dell’arte francese, studioso del Rinascimento italiano e non immune da un certo approccio interdisciplinare alla materia. Molti suoi saggi sono diventati dei classici e oggi vorrei proporvi due articoli tratti dal libro Il gesto nell’arte (Roma-Bari, 2002), in formato ebook.
Semantica dell’indice è un’analisi del gesto dell’indicare (indigitazione) considerato come gesto cardine di molte composizioni, in quanto segno visibile (per lo spettatore) di una retorica e comunicazione silenziosa. Una sorta di semantica del gesto.
Signum Harpocraticum, invece, entra nel particolare di un gesto tanto eloquente nella cultura Occidentale da imporre immediatamente il suo significato anche in assenza di contesto o di spiegazione. E’ il gesto del silenzio (l’indice posto sulla bocca); quello in cui il soggetto si chiude la bocca per tacere o quello in cui ordina di farlo allo spettatore. Nel paragrafo anche una suggestiva analisi dell’ermetico dipinto di Dosso Dossi Giove e Mercurio.