venerdì 11 gennaio 2013

Immaginazione e fantasia


«La distinzione può essere riformulata come differenza tra immaginazione e fantasia. La vera arte fa appello all’immaginazione, mentre gli effetti sollecitano la fantasia. Le cose immaginarie vengono ponderate, le fantasie sono rappresentate. Sia la fantasia sia l’immaginazione riguardano cose irreali; ma mentre le cose irreali della fantasia penetrano e corrompono il nostro mondo, quelle dell’immaginazione esistono in un mondo loro, in cui noi vaghiamo liberamente e in una condizione di distacco pieno di comprensione. La società moderna abbonda di oggetti della fantasia, dal momento che l’immagine realistica, nella fotografia e sullo schermo cinematografico e televisivo, offre una realizzazione surrogata dei nostri desideri proibiti, rendendoli in tal modo permessi. Un desiderio della fantasia non cerca né una descrizione letteraria, né una rappresentazione raffinata del suo oggetto, bensì un simulacro – un’immagine da cui ogni velo di esitazione è stato squarciato. Esso rifugge dallo stile e dalla convenzione, dal momento che questi due fattori impediscono la costruzione del surrogato e lo rendono soggetto al giudizio. La fantasia ideale è realizzata alla perfezione ed è perfettamente irreale – un oggetto immaginario che non lascia nulla all’immaginazione. La pubblicità commercia in oggetti di questo tipo, ed essi fluttuano sullo sfondo della vita moderna, tentandoci costantemente a realizzare i nostri sogni anziché perseguire la realtà. Le scene immaginate, di contro, non sono realizzate, bensì rappresentate; esse giungono a noi impregnate di pensiero e non costituiscono affatto dei surrogati che si propongono come sostituti di ciò che non può essere ottenuto. Al contrario, esse sono poste deliberatamente in lontananza, in un mondo loro. La convenzione e lo stile sono più importanti della realizzazione; e quando i pittori conferiscono alle loro immagini il realismo del trompe-l’œil, spesso mettiamo in dubbio il risultato considerandolo privo di gusto oppure lo disprezziamo in quanto kitsch. È vero che l’arte può anche giocare con effetti illusionistici, come fece il Bernini scolpendo l’Estasi di Santa Teresa o come il Masaccio nel suo ritratto della Santa Trinità. In questi casi, però, l’illusione è un meccanismo drammatico, un modo per trasportare l’osservatore nelle regioni celesti in cui il pensiero e il sentimento sono depurati da ogni legame terreno. Bernini e Masaccio non ricorrono in alcun modo all’inganno, né tentano l’osservatore affinché appaghi le sue passioni consuete con modalità sostitutive»

ROGER SCRUTON, La bellezza. Ragione ed esperienza estetica, Vita e Pensiero, Milano 2011, p. 95

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