mercoledì 4 luglio 2012

Mimmo Rotella...un americano a Roma

Inediti legami tra Mimmo Rotella e la nascita del personaggio di un Americano a Roma in questo interessante e suggestivo articolo di Andrea Bruni.

DUCHAMP… M’HAI PROVOCATO… E IO ME TE MAGNO!

Prime delle Contesse Scalze, degli spogliarelli proibiti di Aichè Nanà, della suburra catacombale fotografata dall’entomologo Marcello Rubini (La dolce vita) ci fu una Roma sotterranea e vitalissima che non guardava solo ai salottini di Via Veneto o alle serate con Chet Baker alla Rupe Tarpea. No, guardava oltralpe, con voraci antenne, senza fermarsi ai diktat del “Politecnico” di Vittorini, o ai furibondi scorci proletari di Sfrenato Guttuso, come lo chiamava l’amico Marino Mazzacurati. Se Tommaso Landolfi, più bello di Errol Flynn, navigava- fiero e solitario- verso il Mar delle Blatte, altri cercavano diversamente un Altrove. Magari a Saint Tropez. Con un frustino in mano, e con due bionde ignude accovacciate sui sedili della propria Spider, come Mimmo Rotella, guascone delle Avanguardie. Roma-Saint Tropez- Parigi- Kansas City- New York- e poi di nuovo Roma, magari per dirigere, con piglio squisitamente Dada, la sua Suoneria Epistaltica, assieme ad una certa Ursula Andress (a cui Rotella aveva assegnato una “macchina da scrivere con forchetta sincronizzata”), e ad un certo Lucio Fulci, giovane appena uscito dal Centro Sperimentale, che seguiva l’amico artista con un tamburo, nella speranza di recuperare un bel Picchiapò fumante ed una compagnia femminile per la notte…Tutto vero: siamo fra il 1952 ed il 1953, Mimmo Rotella ha già tenuto due personali alla Rockhill Nelson Gallery, e l’Università della città lo ha nominato “Artist in Residence”… Ma lui niente; ogni volta che gli era possibile, eccolo tornare alla adorata Roma, con i suoi giubbotti in pelle da “teddy boy”, le camicie floreali, i cappelloni texani, l’inimitabile accento calabro-roman-americano…Un bel giorno (di quelli magici che capitavano solo a Roma, dagli studi di Cinecittà, sino al Teatrino della Barafonda) il giovane Fulci- nel frattempo divenuto aiuto-regista di Stefano Vanzina, nome d’arte Steno, ovvero il Sommo Artigiano- incontra Rotella reduce dall’America che gli dice: “Sono appena tornato da Kansas City, dove ho insegnato poesia…Ho anche dei danzatori che potrebbero lavorare per la nostra “Suoneria Epistaltica”…Ma là, però, perché qui in Italia è tutto difficile…Come lo dite in Italiano…have relationship…”; e Fulci: “Si dice amicizie…”, e l’artista post-Dada: “Ma io parlo un ottimo americano!”… “Cos’è il genio?”, si domandava il Perozzi in Amici miei…Ecco Fulci che, nel giro di un nanosecondo crea Nando Moriconi- pensando ai tic esterofili di Mimmo Rotella- per la nascente star Alberto Sordi. Nando Moriconi, coatto romano con ossessioni a “stelle e strisce”, fa la sua prima apparizione in Un giorno in pretura (1953), nel celebre episodio del bagno nella “Marrana”. A ruota, nel 1964, esce Un americano a Roma, e qui siam già nella leggenda. Ma della strana amicizia fra Fulci e il tonitruante artista che “vuo fa l’americano” non se ne ricorda più nessuno. 

di Andrea Bruni su Satisfiction



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