Bellissimo poemetto che vorrei segnalare sia perchè composto da uno dei miei scrittori preferiti, Pier Paolo Pasolini, sia perchè ambientato nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna, in occasione di una mostra su Picasso. Pasolini, che fu allievo di Longhi e non nuovo a considerazioni sul mondo dell'arte, coglie l'occasione di una riflessione sull'assenza del popolo nelle opere dell'artista per tracciare, col suo stile elegante e realistico, il ritratto molto attuale di un'Italia senza popolo, ovvero di una nazione sempre più distante dalla gente. Come sempre profetico. La poesia, da titolo Picasso, è tratta da "Le ceneri di Gramsci" (il libro intero su scribd)
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Nel tremito d'oro, domenicale
di Valle Giulia, la nazione è calda,
silenziosa: la sua innocenza è pari
..
alla sua impurezza. Sembra arda
di popolare gioia, ed è una noia
irreligiosa che solare si sparge
.
sui floreali gessi e i gran ventagli
degli scalini. Non è questo
che l'atto in cui si sbriciola un'Italia
.
istituita, un anonimo ed onesto
atto di civiltà... C'è chi lo compie
tra le aiuole infuocate e il fresco
.
buio che le solca dai prorompenti
pini di Villa Borghese, chi
n'è riverberato nelle pompe
.
festive di Piazza di Spagna e si
confonde in un brusio che trasale
intorno monotono e stupendo: qui
.
è più acceso il senso di un'Italia
vibrante in un'antica nota
di pace, in una morte dolce come l'aria,
.
dove la classe più alta regna immota.
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E per la scalea l'anonimo, anima
senza memoria, in un corpo immiserito
da secoli di sogni umilmente umani
.
di borghese esperienza, ormai è mitico
in questa domenica dorata
che lo vede chiaro nel chiaro vestito.
.
Come d'improvviso appare ornata,
la sua vita, di mite passione,
e la sua mente (dominata
.
dentro il cuore dell'Istituzione
dalla sua dignità dura e servile)
come pare arda, immune testimone,
.
d'umile desiderio di capire...
.
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La prima tela dalla scorza intensa
e ròsa, in un gemmante arabesco
quasi artigiano, dipinta con terra
.
e nascosto fuoco: ancora fresco
lo spirito del vecchio anteguerra
vi mescola scandalo e festa,
.
l'abnorme del pensiero e il puro della
tecnica, e ardente e affumicata
la superficie i suoi toni inanella,
.
ceree corolle su zolla disseccata.
Insegna della Francia più alta,
quando il tramonto pareva un'infuocata
.
alba, e la disperazione espanta
pena del creare, e il frantumarsi
del secolo un suo disegno araldico.
.
.
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Ma già gli spumeggianti e crudi figli
in nuvole di biancore, in acciarini
contorni, con purezza di gigli
.
e carnalità di cuccioli ferini,
delineano pur nel lume di un'idea
degna di Velásquez, pur nelle trine,
.
l'eccesso di espressione che li crea.
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L'espressione che sul pelo affiora
del quadro, come da intimità viscerali,
infetta di bruciante disamore,
.
e ne squassa la squama di tonali
dolcezze, che, se resiste, e anzi
irrigidisce, è per materiali,
.
inebbrianti cagli. Ma tra i balzi
graffianti del pennello, la zona
di quasi prativa luce, gli sfarzi
.
dei disaccordi, ecco l'Espressione:
che s'incolla alla cornea e al cuore,
irrichiesta, pura, cieca passione,
.
cieca manualità, impudico gonfiore
dei sensi, e, dei sensi, tersa noia.
A nient'altro che a questo ateo furore
.
poteva, nella cadente Francia, Goya
cedere la sua violenza. Qui, a esprimersi,
sono pura angoscia e pura gioia.
.
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Dentro l'ordinata processione,
orda del sentire e del fare,
non del credere, paesaggi, persone
.
sono scheletri in cui corporeo appare
il loro perduto essere oggetti:
esprimerli è esprimerne il male.
.
La civetta patrizia con sul petto
un avido verde o un viola che altro
senso non ha che infiammare se stesso,
.
o nell'occhio uno sgorbio, folle e scaltro,
a tradire; i fiori che s'incarnano
a un feto o una seggiola e uno smalto
.
di toni che li incera nel composto
ingranaggio; le spiagge dove gongola
la gioia di un cadaverico agosto,
.
in cui l'inventare ha una mongola,
monumentale libertà che nulla costa,
una brutale libertà che il mondo
.
trasfigura per l'ignota forza
che ha il vizio, che ha la voluttà
dell'esibirsi: tutto porta
.
ad una calma furia di limpidità.
.
.
.
Quanta gioia in questa furia di capire!
In questo esprimersi che rende
alla luce, come materia empirea,
.
la nostra confusione, che distende
in caste superfici i nostri affetti
offuscati! La chiarezza che ne accende
.
le forme interne, li fa nuovi oggetti,
veri oggetti, né conta, anzi è coraggio,
benché delirante, che si rifletta
.
in essi l'onta dell'uomo che appannaggio
fa dell'Uomo, l'onta dell'uomo più
recente, questo, questo che con saggio
.
calore guarda evidenziata salire su
nelle atroci lastre la figura
di se stesso, la sua colpa, la sua
.
storia. Vede ridotte alla furia oscura
del sesso le esaltanti repressioni
della Chiesa, e dispogliata in pura
.
chiarezza d'arte la chiara ragione
liberale; vede celebrata
in riverberanti figurazioni
.
la decadenza della snervata
borghesia ancora avida nel miope
rimpianto e nel cinismo...
.
Ma che lietezza profonda e quieta
nel capire anche il male; che infinita
esultanza, che vereconda festa,
.
nell'accorata sete di chiarezza,
nell'intelligenza, che compiuta attesta
la nostra storia nella nostra impurezza.
.
.
.
Poi ecco, colmo, l'errore di Picasso:
esposto sopra le grandi superfici
che ne spalancano in pareti la bassa,
.
fittile idea, il puro capriccio,
arioso, di gigantesca e grassa
espressività. Egli - tra i nemici
.
della classe che specchia, il più crudele,
fin che restavi dentro il tempo d'essa
- nemico per furore e per babelica
.
anarchia, carie necessaria - esce
tra il popolo e dà in un tempo inesistente:
finto coi mezzi della vecchia stessa
.
sua fantasia. Ah, non è nel sentimento
del popolo questa sua spietata Pace,
quest'idillio di bianchi uranghi. Assente
.
è da qui il popolo: il cui brusio tace
in queste tele, in queste sale, quanto
fuori esplode felice per le placide
.
strade festive, in un comune canto
ch'empie rioni e cieli, borghi e valli,
lungo l'Italia, fino all'Alpi, spanto
.
per declivi falciati e gialli
frumenti - nei paesi della smarrita
Europa - dove ripete i balli
.
e i cori antichi nell'antica
aria domenicale Ed è, l’errore,
in questa assenza. La via d’uscita
.
verso l'eterno non è in quest'amore
voluto e prematuro. Nel restare
dentro l'inferno con marmorea
.
volontà di capirlo, è da cercare
la salvezza. Una società
designata a perdersi è fatale
.
che si perda: una persona mai.
.
.
.
Sfortunati decenni così vivi
da non poter essere vissuti
se non con un'ansia che li privi
.
di ogni quieta conoscenza, con l'inutile
dolore di assisterne la perdita
nella troppa prossimità... Muti
.
decenni, di un secolo ancor verde,
e bruciato dalla rabbia dell'azione
non trascinante ad altro che a disperdere
.
nel suo fuoco ogni luce di Passione.
Le ultime stanze gremisce la pura
paura espressa in cristalline zone
.
d'infantile e senile cinismo: scura
e abbagliata l'Europa vi proietta
i suoi interni paesaggi. E matura
.
qui, se più trasparente vi si specchia,
la luce della tempesta; i carnami
di Buchenwald, la periferia infetta
.
delle città incendiate, i cupi camions
delle caserme dei fascismi, i bianchi
terrazzi delle coste, nelle mani
.
di questo zingaro, si fanno infamanti
feste, angelici cori di carogne:
testimonianza che dei doloranti
.
nostri anni può la vergogna
esprimere il pudore, tramandare
l'angoscia l'allegrezza: che bisogna
.
essere folli per essere chiari.
.1953-
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