mercoledì 21 ottobre 2009

The most incredibles Museums around the world

Aspettando l’apertura del MAXXI a Roma, il futuro museo nazionale delle arti del XXI secolo, propongo questi due link che offrono un’interessante carrellata su moderni musei , o meglio sull’architettura di questi musei e sui loro spazi espositivi, per riflettere sul ruolo di questi “contenitori”, sull’importanza o meno del loro status di arte (in quanto lavori di importanti architetti), e, per inverso, sulla realtà italiana del contemporaneo, che non si mette certo in luce in quanto ad innovazione.

Di seguito alcune immagini.

Gardiner Museum Renewal, Toronto - Can

Museum Liaunig, Austria

Museu de Arte Contemporânea (MAC), Niterói - Rio de Janeiro

Solomon R. Guggenheim Museum, New York

San Francisco Museum of Modern Art

The most incredibles Museums around the world - Part 1

The most incredibles Museums around the world - Part 2

Natura morta con birra

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Sia perché è esteticamente bella sia perché è una composizione abbastanza rara da trovare, presente in maggioranza nelle zone di influenza olandese, propongo un’altra splendida natura morta con birra. In questo caso il pittore è Hinz Georg e i significati, a differenza di quelli presenti nell’opera di Claesz, già analizzata in questa sede, potrebbero rimandare al tema della pericolosità dei piaceri terreni. Una mosca, simbolo di peccato, posa vicino lo zucchero, alimento dolce per eccellenza, mentre intorno una serie di rape, notoriamente amare, fanno da contrasto. Un’altra mosca posa sul boccale di birra che, in questo caso, sembrerebbe una “rossa”. Tutto starebbe nell’individuare tra il dolce e l’amaro-salato chi sia il sacro e chi il profano.

martedì 20 ottobre 2009

Calzini turchesi

Beh, visto che vanno così di moda ma sono tanto criticati offro anch’io il mio contributo con le foto degli splendidi calzini di mio fratello e degli altrettanto significativi miei calzini. In questo caso è una metafora che sta ad indicare come i calzini turchesi, prima che un fatto materiale, sono un’inclinazione dell’anima.

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E visto che questo blog, indegnamente, parla di arte non potevo non notare come anche quel noto “comunista” di Pistoletto, ben prima dello scandalo, amava collocare assurdi calzini turchese tra gli stracci della sua “Venere degli stracci”.

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lunedì 19 ottobre 2009

L’opera grafica di Vincent Van Gogh

Voglio mettere in evidenza forse l’aspetto meno conosciuto dell’opera di Van Gogh. Vincent fu un prolifico artista (1000 disegni, circa 900 dipinti e 300 tra schizzi ed acquerelli) e tra le varie forme di espressione si cimentò anche con la grafica producendo dieci splendide opere: 9 litografie e un’incisione all’acquaforte. Van Gogh era un grande ammiratore degli incisori Britannici, i lavori dei quali venivano pubblicati su molte delle riviste più diffuse all'epoca. Memore di questi artisti, i cui lavori di grafica collezionava con molto entusiasmo, Van Gogh stesso iniziò a sperimentare la litografia nel 1882. Sebbene i risultati fossero incoraggianti, solo raramente Van Gogh tornò ad usare questa tecnica preferendo continuare ad accrescere la sua collezione; grazie alle molte stampe che possedeva riuscì a trovare l’ispirazione nei mesi bui passati rinchiuso nella clinica.

Ecco tutte le opere in ordine cronologico.

Lavoratore che affetta del pane, seduto su una cesta. Aia. Novembre 1882.

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Scavatore. L’Aia. Novembre 1882.

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Uomo dell’ospizio. L’Aia. Novembre 1882.

Uomo dell’ospizio con cappello che beve caffè. L’Aia 1882.

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Vecchio con la testa tra le mani (“alle soglie dell’eternità”). L’Aia 1882.

Tra le opere più significative del suo primo periodo dove forte si sentono implicazioni morali, etiche e religiose. L’incomunicabilità del vecchio e la disperazione in attesa di una vita eterna. Tema ripreso in seguito in un dipinto.

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“Sorrow”. L’Aia. Novembre 1882. (con disegno)

Forse il suo capolavoro grafico si riferisce a Clasina Maria Hoornick, detta Sien, una prostituta di circa trent’anni dal viso rovinato dal vaiolo, alcolizzata e in attesa di un figlio, già madre di una bambina. Van Gogh vede sul suo volto, sul suo corpo, i segni del dolore e delle avversità che le ha lasciato la vita, e per questo vede la bellezza di questa donna sfiorita. Decide anche di sposarla. I familiari non accettano la scelta e vorrebbero far interdire Van Gogh. L’artista infine, nel 1883, lascia Sien avendo perdute le speranze di redimerla. “Il mio grande desiderio è imparare a fare delle deformazioni, o inesattezze o mutamenti del vero; il mio desiderio è che vengano fuori, se si vuole, anche delle bugie, ma bugie che siano più vere della verità letterale”; così scriverà in una lettera ed in effetti questo crudo realismo, quasi espressionista, è indice della sua spiccata sensibilità e del suo amore che, per prima cosa, è sofferenza e ossessione. La malinconica posa della ragazza che la rende inafferrabile agli occhi dello spettatore traduce l’impossibilità del pittore di possederla. Il disegno traduce forse istanze simboliche per la presenza di diverse varietà di piante.

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Bruciatore di stoppie seduto in carriola con la moglie. L’Aia. Luglio 1883.

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Giardiniere presso un melo nodoso. L’Aia. Luglio 1883.

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I mangiatori di patate. Nuenen. Aprile 1885.

Capolavoro del periodo olandese, insieme alla tela, ritrae una semplice famiglia di lavoratori; l’accento cade sulle potenzialità espressive delle figure e della scena. E’ la sua opera più ambiziosa testimoniata dalla moltitudine di schizzi e disegni preparatori. La litografia si pone in linea con la cupa grafica delle incisioni di Rembrandt.

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Ritratto del dottor Gachet: l’uomo con la pipa. Auvers-sur-Oise. Maggio 1890.

L’unica acquaforte dell’artista, tecnicamente non ineccepibile, si pone in linea con i due celebri ritratti del medico personale. Paul Gachet: il “medico” degli impressionisti.

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Riguardo l’argomento, per approfondimenti, si consiglia l'eccellente libro The Graphic Work of Vincent van Gogh di Sjraar van Heugten e Fieke Pabst.

domenica 18 ottobre 2009

Le norme bibliografiche per la storia dell’arte

 

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Le note bibliografiche sono essenziali in una buona ricerca di storia dell’arte; poiché gli studi, prima di basarsi su opinioni personali, devono far riferimento a studi, ipotesi, attribuzioni, analisi pregresse si comprende come queste noiose, per i più, note a margine divengano essenziali. La disciplina storico-artistica, infatti, più di altre materie ha bisogno di confronti e di analisi particolareggiate tanto che da una bibliografia, dalla sua stesura e dalla sua precisione, ad un primo sguardo si può comprendere se un articolo, o una tesi, sia stata scritta attentamente ed in modo scientifico.

Credo di fare cosa gradita a tutti i laureandi, e giovani studiosi, nel segnalare questo link proveniente dal sito della casa editrice Cam editrice e che si riferisce alle norme editoriali da seguire per la stesura di articoli sul periodico “Storia dell’arte”, una delle più conosciute e autorevoli riviste che trattino a livello altamente scientifico questa materia di studio, così ricca di implicazioni formali, espressive, culturali, tecnico-conservative. Fondata nel 1969 da Giulio Carlo Argan dal 2002 la rivista ha ripreso le sue pubblicazioni con la CAM Editrice di Roma secondo la sua consueta cadenza quadrimestrale sotto la direzione di Maurizio Calvesi. (Storia).

Le norme che qui segnalo sono del resto presenti nell’ultima pagina di ogni numero della rivista e sono regole indispensabili per chi, da studioso, si avvicini alla materia in maniera scientifica.

Per i giovani laureandi, inoltre, a riguardo segnalo l’utilissimo testo scritto da Umberto Eco Come si fa una tesi di laurea, che ugualmente presenta importanti norme biografiche. Anche se il titolo può trarre in inganno assicuro che il libro è assolutamente da seguire.

Consiglio inoltre di consultare gli indici della rivista con tutti gli articoli presenti nei vari numeri.

storia dell'arte  Norme bibliografiche.

La Natività del Caravaggio. Ultime novità

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Nell'ultimo periodo è tornato vivo l’interesse per la celebre Natività del Caravaggio rubata dalla Mafia 18 ottobre 1969 dall’Oratorio della compagnia di san Lorenzo a Palermo. Non che le indagini si siano mai fermate, anzi ancora sono attivissime tra misteri, depistaggi e ipotesi, ma un ritorno di interesse è sempre una cosa positiva. Per non dimenticare e per tenere attiva la guardia. Proprio oggi si conclude il convegno "La Natività del Caravaggio: 40 anni dal furto".

Segnalo questo link con gli ultimi articoli, tra i quali un nuovo libro, incentrati sull’argomento e rimando ad un mio post precedente che aveva raccontato tutta la vicenda, le rocambolesche indagini e i tanti punti interrogativi che ancora rimangono.

Articoli

Il Caravaggio della Mafia.

Intanto un privato proprietario di un "falso d'autore" della Natività, con tanto di certificato di Pitti Arte Firenze, dipinto nel 2000 dal maestro Stefano Pessione, ha manifestato l'intenzione di donare l'opera per esporla nel luogo dove il capolavoro di Caravaggio é stato trafugato. Un piccolo ma significativo gesto.

L’Erode dell’Arcimboldi

Arcimboldi è noto soprattutto per le sue grottesche "Teste Composte", ritratti burleschi eseguiti combinando tra loro, in una sorta di Trompe-l'œil, oggetti o cose dello stesso genere (prodotti ortofrutticoli, pesci, uccelli, libri, ecc) collegati metaforicamente al soggetto rappresentato, in modo da desublimare il ritratto stesso. Poco si sa di questo ritratto di Erode che, nella sua produzione, appare quasi un unicum per la scelta degli oggetti con cui comporre la testa, in questo caso i bambini vittime della “strage degli innocenti”. Il quadro, letto in questo senso, appare così addir poco inquietante, una sorta di intima metafora della natura umana che la fisionomia non può riuscire a nascondere. I crimini si accumulano nel volto, come in una sorta di limbo, a perenne testimonianza di un'animo corrotto.

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Damien Hirst…un po’ di cose strane

Trailer scritto e diretto da Damien Hirst per la serie 100% Weird commissionato da TNT/Tony Kay Films nel 1994.


sabato 17 ottobre 2009

Storia del Silenzio in arte

Il dito sulle labbra di Mercurio, colui che “conosce, trascrive e nasconde affinché ogni generazione compia la sua ricerca”, allude al silenzio necessario per svelare i misteri. Il gesto è molto diffuso nella cultura occidentale e noto sin dall’antichità. In riferimento al greco Arpocrate, dio del silenzio e della riservatezza iniziatica (derivazione dall’Horus fanciullo egiziano), fu definito Signum harpocraticum alludendo all’assenza della parola, al silenzio, alla saggezza e al mistero. Nell’antica Roma la fama è condivisa con la dea Angerona.



Nel Rinascimento, rievocato dalla cultura neoplatonica ficiana, fu assunto come attributo di filosofi e sapienti, attraverso l’associazione silenzio-sapienza. Per esempio il gesto di Lorenzo de’ Medici del Michelangelo fonde il signum harpocraticum con l’attitudine propria del malinconico saturnino. Silenzio ermetico.

Estramamente suggestivo, oltre che esteticamente notevole, il celebre dipinto “Giove pittore di farfalle” del 1522 di Dosso Dossi. L’opera, realizzata nell'attivo ambiente culturale della corte estense, risulta difficilmente decifrabile. Tra le varie ipotesi, affascinante quella che legge l'opera come un'apologia della pittura. Il pittore è il padre degli dei, Giove (forse con il volto del duca Alfonso d'Este; forse con sembianze tali da suggerire l'idea che si tratti di un autoritratto) intento a dipingere farfalle; Mercurio (al centro, intermediario tra la dimensione del manifesto e del non-manifesto) intima il silenzio alla dea Iride, dea dell'Eloquenza: un invito a tacere davanti all’arte silenziosa della pittura, la "poesia muta" alla quale è intento Giove. Un ribadire il primato dell'immagine sulla parola. E' particolarmente significativo il soggetto della tela attorno al quale lavora Giove: tre farfalle, simbolo della volatilità del pensiero. Sullo sfondo l'arcobaleno che richiama l'evanescenza dell'idea.



Il signum silentii è utilizzato anche nelle correnti mistiche del cristianesimo ed è attributo di San Benedetto, San Domenico, San Bruno. All’interno del convento il segno è un monito per il monaco, non solo al silenzio, inteso come controllo della parola, ma anche all’autodisciplina. Viene spesso ripetuto in refettori e dormitori. Come nel convento di San Marco di Firenze san Pietro martire fa cenno al silenzio, una delle regole dell’ordine domenicano.



Cesare Ripa si fa portavoce dell’allegorizzazione del Silenzio; il passo della sua Iconologia, vero manuale di figure per tutti gli artisti del periodo barocco, propone varie interpretazioni. (Testo). L’immagine in basso deriva dal chiostro del monastero di Santa Chiara a Napoli.
Col ‘700 e l’800, con l’allentarsi delle disposizioni in materia di raffigurazione e l’emergere di istanze diverse, legate al sentimento, al mistero, alla suggestione, l’immagine del silenzio acquista altre fisionomie. Sono forme più angoscianti, nate dai sogni e dagli incubi dell’illuminismo e del romanticismo, e di certo colpiscono per impressione. La prima è una scultura presente nel giardino di villa Litta a Lainate ed è stata realizzata ad inizi ‘800 da Donato Carabelli.

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La seconda è presente in un portico dietro la cattedrale di Salisburgo; la figurazione gioca sul senso di vuoto che il silenzio porta; non sarebbe sbagliato leggervi un legame con la morte.

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Interessante anche questo legame tra silenzio e pazzia come inteso da Giacomo Balla e spiegato in questo articolo (Immagini del silenzio).

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Il silenzio, come assenza di suono, è anche considerato una componente della musica. Essendo naturalmente privo di tono, timbro e intensità, l'unica caratteristica che condivide con il suono, in un contesto musicale, è la durata. Tale implicazione ha trovato esplicito rilievo a partire dal XX secolo e si veda in proposito la nota opera 4'33" di John Cage.

Del resto "La pittura è poesia silenziosa, la poesia è pittura che parla." Simonide Di Ceo, poeta e lirico greco.

Lo strano mondo di Eugenio Recuenco

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Probabilmente un po' kitsch ma di sicuro effetto l’operazione compiuta dal noto fotografo Eugenio Recuenco che ha ricostruito, fotograficamente e con figure reali, i marmi del Partenone, o “marmi di Elgin”, i bassorilievi conservati oggi al British. Lavoro poco filologico ma di sicuro impatto visivo anche per la qualità della fotografia, fredda e irreale, e per uno splendido gioco di luci tra i vari personaggi.

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Del resto anche un pittore come Alma-Tadema forzava un po' la mano sulla storia quando, a fine ‘800 e con uno stile ormai superato, raffigurava il suo Fidia che mostrava i fregi appena realizzati.

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Di Eugenio Recuenco di sicuro si apprezzano maggiormente però gli scatti surreali altamente elaborati dal punto di vista compositivo e tecnico (di post-produzione), dall’atmosfera vivida e cupa, con messe in scena eccentriche e provocanti.

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Forse tra i migliori interpreti della poetica visionaria di Tim Burton.

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Il suo Cappuccetto Rosso in compagnia dei lupi, come altre revisioni di fiabe, restituisce l’atmosfera della favola come probabilmente era in origine, un crudo racconto per spaventare i bambini.

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E non potevano mancare citazioni e influenze dall’arte maggiore. Stile pittorico e cinematografico per eccellenza. Consiglio quindi di sfogliare con attenzione il suo portfolio.

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